aggiornamento dell’8 luglio 2021
La notte tra il 6 e il 7 luglio, verso le 7 in Italia, un commando ben equipaggiato si è introdotto nella residenza del presidente Jovenel Moise, uccidendolo e ferendo la moglie (poi ricoverata a Miami). Il primo ministro ad interim Claude Joseph (doveva essere sostituito proprio il 7 luglio da Ariel Henry, nominato da Moise due giorni prima), assume di fatto il controllo, dichiara lo stato di assedio, che concede al governo poteri straordinari, chiede la calma e afferma che polizia ed esercito (Moise aveva rifondato un nucleo di esercito, istituzione soppressa da J.B. Aristide nel1995) manterranno la sicurezza.
Moise, in carica dal febbraio 2017, governava per decreto da gennaio 2020 dopo aver fatto scadere il parlamento e non aver indetto nuove elezioni. Stava inoltre per modificare la Costituzione in modo unilaterale e illegale. Il suo disegno era una modifica delle istituzioni democratiche del paese senza precedenti. La sua deriva autoritaria era contestata da opposizione politica e ampi settori della società civile.
L’esecuzione – perché di questo si tratta – resta avvolta nel mistero. Come è possibile che un commando (di mercenari stranieri dice Joseph) assalti la residenza del presidente, eludendo la sicurezza, e non risultino scontri, morti e feriti? Perché ci si affretta subito a dire che si tratta di mercenari stranieri, che parlano inglese e spagnolo? Il capo della polizia dice, in serata, che gli agenti ne hanno uccisi quattro e arrestati due. Come mai le gang, che controllano il territorio in capitale e nelle maggiori città del paese, rimangono tranquille?
Secondo noi, chi ha voluto la morte del presidente è da cercare nel paese.
Intanto, Ariel Henry prende la parola per dire che il primo ministro sarebbe lui, e quindi occorre trovare un accordo.
Nazioni Unite, Usa e Ue chiedono che si svolgano le elezioni generali previste il 26 settembre prossimo (Moise aveva da poco firmato il decreto per indirle). Scadenza che pare irrealistica per un paese senza guida, e in mano alle gang criminali.
Marco Bello