Testo di García Fernández P. Andrés |
Non voglio abituarmi.
No, non voglio.
Quando ogni giorno si sentono sparatorie accanto alla casa;
quando ogni giorno vedi decine di persone mangiare accanto ai topi, letteralmente, dai sacchi della spazzatura rotti che giacciono sui marciapiedi della capitale;
quando nelle code degli uffici o dei negozi, o dei mezzi pubblici si vedono solo volti tristi e stanchi, vestiti rammendati;
quando, nella capitale, l’acqua arriva nelle case dopo una o due settimane;
quando lo stipendio mensile di un impiegatonon è sufficiente per comprare solo quattro pagnotte.
Giorno dopo giorno… al punto che sembra (che tutto questo debba) essere normale.
No, non voglio abituarmi.
Non voglio abituarmi alla paura di parlare, perché perdi il lavoro e la borsa di cibo che potresti ricevere una volta al mese (dopo aver trascorso vari mesi nei canali del Delta Amacuro) …
Non voglio che la mia coscienza veda normale il contrabbando come l’unica alternativa per ottenere sapone e dentifricio, se non vuoi passare una settimana a remare (da villaggio sul fiume alla città più vicina, ndr) per vedere se il bonus che il governo offre per questo è arrivato …
Non voglio abituarmi a veder morire di tubercolosi persone lasciate abbandonate perché non possono arrivare in città…
Non voglio abituarmi a vedere bambini, giovani e adulti privati della possibilità di studiare per mancanza di quaderni e altro materiale didattico, per mancanza di libri, per mancanza di un salario degno per gli insegnanti…
Non voglio abituarmi a sentire ogni giorno che “gli altri sono i colpevoli”, gli altri non ci lasciano, gli altri…
Non voglio abituarmi a pensare che il corona-virus sia da incolpare per tutto, anche di quello che continua a non funzionare come (non funzionava) prima (del virus)…
Né voglio abituarmi a vedere la resilienza di così tante persone.
Voglio rallegrarmi per ogni persona che si rialza, per ogni tentativo, per ogni sospiro di speranza.
Voglio sognare di nuovo con ogni sorriso, con ogni carezza, con ogni sforzo.
Voglio che si imprima a fuoco nella mia anima la gioia di quella bambina che dice alla mamma di sapere già le vocali e del suo fratellino più grande che, con espressione di trionfo, mi dice che lui sa già leggere e scrivere.
Voglio continuare ad emozionarmi nel vedere due anziani camminare per strada mano nella mano, innamorati; e ascoltando quei giovani fidanzati che sognano come sarà la loro famiglia, la loro storia d’amore.
Voglio rimanere senza parole di fronte alla bellezza del fiore che cresce umilmente completando con il suo colore e profumo la sinfonia della giungla e anche davanti a quella che cresce in città…
Voglio sentirmi una sola cosa con l’universo nel bel mezzo della tempesta e quando la leggera brezza mi accarezza…
Voglio fremere con ogni persona che sogna una nuova umanità e impegnarmi per ogni persona che costruisce giustizia e pace con il suo stile di vita e anche con chi lo fa attraverso i movimenti sociali e i tribunali…
Voglio gioire per tutti gli sforzi fatti in favore della riconciliazione delle persone e dei popoli.
Voglio cantare con ogni persona che si rialza dopo ogni caduta, cercando di essere migliore.
Voglio dirvi che oggi migliaia di persone si sono riconciliate, che sono nati migliaia di bambini, che centinaia di migliaia di innamorati si sono baciati (sì, anche nella quarantena), che centinaia di popoli continuano ad organizzarsi per riprendere i loro diritti, per recuperare la loro storia, le loro terre, la loro cultura, la loro dignità …
Oggi, anche oggi, come ieri e come domani, l’amore continua a vincere e a generare vita in tutto l’universo.
Voglio dirvi quello che già sapete: che Dio è Amore e che lui vince sempre e per sempre. Non lo vedete?!
García Fernández P. Andrés, aprile 2021
da Nabasanuka Comunidad Apostólica, diocesi di Tucupita, Venezuela