Noi e Voi, dialogo lettori e missionari

A proposito dell’Esodo

Ho letto l’inizio dello studio di Fracchia sull’ultimo numero della rivista, e mi sono rattristata perché vedo che tende a dare una interpretazione estremamente riduttiva della storia dell’Esodo. Ho letto due libri del prof. Anati ritrovando diverse convergenze con il testo biblico. Oltre a quelle esposte nell’articolo che allego, rilevo che, mentre Mosè era a Madian, Dio lo invia in Egitto dicendogli: «Quando avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, voi verrete qui ad adorarmi su questo monte». Quando Mosè torna, trova suo suocero, che certo non era andato in giro per la penisola del Sinai. Quindi Madian. Ma non mi dilungo.

Mi dispiace soltanto che queste scoperte non vengano prese sul serio. Solo l’associazione Biblia, portando i suoi iscritti sia al Sinai, sia ad Har Karkom, ha dimostrato di aver dato importanza a questa diversa storia. Tra i partecipanti c’erano professori della Facoltà valdese di teologia (Soggin per esempio, se ricordo bene) e mio fratello, che erano rimasti molto colpiti dalla maestà di questo monte e dai reperti archeologici.

Retrodatare l’evento è un problema? Ma quante vicende umane sono state retrodatate!

Itala Ricaldone
Genova,  28/01/2021

Gent.ma signora Ricaldone,
intanto la ringrazio per la cortese e informata reazione al mio articolo. Ogni osservazione non superficiale e costruttivamente critica, come la sua, arricchisce e aiuta a chiarire o anche a ripensare le proprie espressioni.

La bibliografia e le ipotesi di spiegazione su Mosè e sul Sinai sono sterminate. Tra quelle è opportuno muoversi senza perdere d’occhio dove si vuole andare.

Lo scopo dei miei articoli sulla nostra rivista è di aiutare (e magari stuzzicare) ad affrontare di nuovo la lettura di testi biblici, scoprendoli nutrienti per la nostra fede di donne e uomini contemporanei. Per questo, tra l’altro, non si offre una bibliografia e non si giustificano le affermazioni, se non solo sul testo biblico: il mio studio alle spalle deve restare nascosto, perché l’approfondimento «accademico» non è il nostro interesse primario.

Al riguardo, le ipotesi di spiegazione archeologica della vicenda dell’Esodo sono affascinanti ma potrebbero fuorviare la nostra attenzione. Ancora oggi c’è chi contesta l’affidabilità storica della Bibbia per rifiutarne il messaggio, e chi invece crede che dimostrandone la verità storica anche il contenuto spirituale si imporrebbe come vincolante. Per questo ho accettato l’idea (ammessa e non concessa) che la vicenda dell’Esodo possa ormai contenere pochi dati affidabili, per mostrare come continui a mantenere un valore spirituale ed esistenziale prezioso. Ed è questo a interessarci, qui. Non vorrebbe essere riduzionismo, ma una scelta: privilegiare la lettura spirituale del testo su quella storico esegetica.

Grazie, in ogni caso.

Angelo Fracchia
28/01/2021

2019, marzo. Nella sua casa presso il Maria Mfariji shrine di Marsabit.

Mons. Ambrogio Ravasi

Rev.mo Padre,
ricevo da sempre la bella e ineguagliabile rivista e nell’ultimo numero ho letto con vera gioia il ritratto di mons. Ambrogio Ravasi, grande figura di missionario, servitore zelante e instancabile del Vangelo e della Chiesa. Ammirevole anche la figura di padre Gottardo Pasqualetti.

Mons. Ravasi appartiene alla schiera ormai abbastanza nutrita dei vescovi missionari della Consolata che a partire dai fratelli Perlo hanno dato lustro all’Istituto in qualunque angolo della «vigna» furono inviati, spesso da pionieri. Conservo una vecchia foto del gruppo di vescovi Imc sul sagrato di san Pietro ove si trovavano come partecipanti al Concilio.

Dalla mia raccolta di necrologi ho potuto conoscere tante di queste figure veramente affascinanti che hanno operato per impiantare avamposti della Chiesa senza mezzi, partendo dal nulla assoluto o incrementandone la presenza in zone e in tempi difficili.

Siete partiti bene col nuovo anno e spero possiate ricordarne altri di missionari chiamati al servizio episcopale in ogni continente e chi sa se un giorno non ne nasca una raccolta in volume. Nel mio piccolo penso che lo meritino assolutamente.

La ringrazio con i più deferenti saluti.

Luigi Bisignano
Lonato (Bs), 28/01/2021

 

Padre Antonio Giannelli

Sono passati 20 anni (23/01/2001 – 23/01/2021) da quando padre Antonio Giannelli Imc ha raggiunto la Casa del Padre, lasciando in tutti noi e a tutti quelli che l’hanno conosciuto un profondo vuoto. Quanti ricordi ci legano a lui, ma soprattutto nel ricordo di quello che ha saputo insegnarci, donandoci con la sua fede incrollabi!e e la sua voglia di vivere, la sua battaglia fino alla fine contro la malattia che aveva debilitato il suo fisico, ma non la sua voglia di aiutare tutti e insegnarci che la fede è la cosa più importante, quella che ci porta ad essere migliori.

Nel suo Kenya che ha vissuto per quasi quaranta anni nelle varie missioni (Rocho – Fort Hall – Gekondi – Kiangoni – Gaturi – Kerugoya – lchagaki – Tetu) padre Antonio ha saputo trasmettere, oltre le sua fede incrollabile, l’amore per gli altri, donando anche costruzioni per anziani, laboratori di sartoria, nuove chiese, fino a raggiungere una sperduta cappella, che poi diventerà la sua ultima dimora, Wamagana.

Ancora oggi laggiù se si parla di padre Antonio, hanno un ricordo vivo e tangibile. La costruzione della chiesa, dedicata alla Madonna della Cultura di Parabita, sua città natale, ma soprattutto dell’istituto da lui fondato e costruito in aiuto ai ragazzi portatori di handicap, l’Allamano special school. Dal 1996 in quell’istituto vengono accolti tutti i ragazzi in difficoltà sia fisica che psichica, ai quali viene offerto sia un aiuto completo, sia morale che materiale. Che dire di padre Antonio, uomo, ma soprattutto missionario con la «M» maiuscola che ha saputo infondere nei nostri cuori quelle cose che per lui erano indispensabili, fede, amore e carità?

Da parte nostra, oltre a continuare a ricordarlo, siamo riusciti – grazie all’aiuto di tanti amici e dei suoi parenti sempre presenti a mantenere vivo l’istituto. Speriamo, nonostante la pandemia che ci ha colpito, di riuscire a far sì che l’Allamano special school, continui a vivere per lui e per i suoi ragazzi. Tante cose sono state fatte, il pozzo, la lavanderia, l’infermeria, i dormitori, il pulmimo e tante altre cose, ma speriamo che con l’aiuto di tutti gli amici e tutte le persone che vivono ancora nel suo ricordo, possiamo continuare a far sì che l’istituto continui a esistere.

Fulvia Cattò e amici tutti
21/01/2021


Reddito universale

Buongiorno,
insieme al reddito di cittadinanza, già sperimentato in Italia da tempo, si parla (anche il Papa) di reddito universale. La pandemia aggraverà le disuguaglianze economiche, già aumentate nel nuovo millennio. Più aumenta la concentrazione della ricchezza, più peggiora «l’indice di disumanità» del pianeta. Per semplificare penso a un reddito minimo per ogni persona, da quando nasce sino alla morte, ricco o povero che sia, compensato da un sistema di prelievo fiscale fortemente progressivo. Sarebbe interessante un’opinione sulla vostra rivista a cura di Francesco Gesualdi che cura con grande passione e ricchezza intellettuale la rubrica «E la chiamano economia». Grazie per l’attenzione.

Claudio Solavagione,
08/01/2021

Ecco la pronta risposta di Francesco Gesualdi.

Il tema del reddito universale di base è tanto giusto in termini teorici, quanto complesso nella sua applicazione. La complessità deriva dal fatto che non si tratta semplicemente di garantire a tutti un ammontare di denaro, ma di assicurare che dietro a quel denaro ci sia della merce da poter comprare. Possibilità che si realizza solo se coloro che sono inseriti nella produzione mercantile accettano di rinunciare a una parte di ciò che producono in modo da accantonare la ricchezza che serve per assicurare a tutti un reddito di base. Che, tradotto, significa disponibilità a pagare tasse molto più alte di quelle pagate oggi. Perché al fondo, il reddito universale di base è una grande operazione di ridistribuzione della ricchezza mercantile prodotta: chi la produce accetta di condividerla anche con chi non la produce. Se questa disponibilità c’è, allora il reddito universale di base è possibile, altrimenti rimane un miraggio.

Per quanto ne so, al momento il reddito universale di base non esiste in nessun paese, evidentemente perché in nessuna nazione esiste una comunità con un senso di giustizia tanto elevato. E se è difficile introdurlo nelle singole nazioni, a maggior ragione è difficile prevederlo a livello planetario. Servirebbe un grande patto di solidarietà internazionale per il quale i paesi più ricchi accettano di dedicare alla cooperazione internazionale molto più dell’esiguo 0,15-0,30% del Pil che molti paesi industrializzati destinano oggi.

Ciò non di meno, in occasione del Covid, da più parti è stato auspicato che anche nei paesi più poveri venissero introdotte delle misure di protezione sociale a tutela delle fasce più fragili. Esattamente come è successo nei paesi a ricchezza avanzata che complessivamente dal marzo al dicembre 2020 hanno speso   513 miliardi di dollari in protezione sociale. I paesi più poveri ne hanno spesi solo 77, pur ospitando l’85% della popolazione mondiale. Naturalmente sarebbe servito molto di più per una protezione allargata. Al riguardo l’Undp, l’Agenzia per lo sviluppo delle Nazioni Unite, ha fatto varie simulazioni giungendo a cifre molto diverse a seconda della platea di persone che si prendono in considerazione e dal livello di reddito che si vuole garantire. La previsione minimale, quella tesa a garantire a un miliardo di poveri assoluti almeno un dollaro e 90 centesimi al giorno riconosciuto come limite della povertà assoluta, costerebbe un paio di miliardi di dollari al giorno ossia 720 miliardi in un anno.  Quella massimale, tendente a garantire a 2,7 miliardi di persone (il 44% della popolazione del Sud) la cifra di 5,5 dollari al giorno ritenuta necessaria per una vita minimamente dignitosa, costerebbe 15 miliardi al giorno, ossia 5.400 miliardi in un anno. Cifra importante, dal momento che rappresenta il 6,5% del prodotto lordo mondiale, ma non impossibile da raggranellare.

Si potrebbe cominciare esonerando i paesi del Sud dal pagamento del servizio del debito che nel 2020 è stato pari a 320 miliardi di dollari. Ma in questo campo il massimo che i paesi ricchi hanno accettato di fare è stata la sospensione del servizio del debito per i paesi più poveri finché la pandemia non sarà passata. Qualcosa come 30 miliardi di dollari per gli anni 2020-2021, che è meglio che niente. Ma considerato che si tratta solo di un rinvio e non di una cancellazione, non ci porta molto lontano.

Matteo p Pettinari con la mamma in mezzo a bambini

Mamma missionaria

Il 23 gennaio scorso, lo stesso in cui 25 anni prima i missionari della Consolata iniziavano l’avventura missionaria in Costa d’Avorio, Roberta Mazzanti, mamma di padre Matteo Pettinari, ci ha lasciati. «Come abbiamo cantato con lei poche ore prima che partisse per il Paradiso, la sua vita è tata per noi e per tutti quelli che l’hanno conosciuta “dono di Lui e del suo immenso amore”».

Mamma Roberta (nella foto con padre Matteo a Dianra) è stata missionaria fino in fondo con il figlio missionario. Con padre Matteo ringraziamo il Signore per il dono che lei è stata per tutti noi.