L’indimenticabile padre Silvano
Domani (23/09) ricorrono sei anni dalla morte di padre Silvano Sabatini (nella foto, ndr.)!
A padre Silvano io devo molto: la sua amicizia, la sua visione d’insieme, la ricerca della verità, l’amore per l’alterità, per la missione, per le popolazioni indigene, per la sua famiglia missionaria, tutte cose che mi hanno aiutato a crescere e a trovare un equilibrio.
Una volta gli dissi che, andandolo a trovare all’ospedale di Venaria, in verità, non andavo a trovare lui, ma me stesso! Infatti, quando uscivo da lì, la «nebbia», che a volte si addensa nelle nostre menti, nei nostri cuori, si diradava e sentivo che quelle visite frequenti mi facevano bene. Silvano comunicava interesse, vita, dinamicità anche in un reparto di lungodegenza per anziani!
A Silvano devo il fatto che leggo la mia vita in modo «unitario»: giovane ragazzo ero entrato nei missionari della Consolata per diventare prete. Sono stato in Brasile e ho avuto la fortuna di vivere un anno a Roraima. Poi mi sono sposato, ho avuto una figlia. Il mio matrimonio è entrato in crisi, anni dopo ho incontrato in J. la mia «dolce metà» (così la chiamava Silvano!) … ebbene potrei leggere la mia vita, come tanti fanno, come «cassetti separati», e invece no, Silvano mi ha aiutato a scorgere negli avvenimenti della vita un «filo conduttore», a cominciare da quell’amore per la missione che mi accompagna sin da piccolo e non mi ha mai lasciato.
Padre Silvano, intercedi presso Dio per il Brasile, per le popolazioni indigene, per i tuoi confratelli perché oggi il momento storico è «terribile».
Paolo Guglielminetti
Torino, 22/09/2020
Eccoci! Ora spetta a noi…
[…] Noi riviste, siti e realtà editoriali impegnate nell’informazione e nell’animazione missionaria ci sentiamo interpellati dalle parole che Papa Francesco scrive nel suo messaggio per la Giornata missionaria mondiale 2020. «Eccomi, manda me» è un invito che sentiamo rivolto in maniera particolare al nostro compito di comunicatori in questo momento in cui tanti fratelli e sorelle sono alla ricerca di una parola vera di speranza per alleviare tante paure e chiusure rese ancor più evidenti dalla pandemia.
«Eccoci, manda noi». A raccontare che davvero «siamo tutti sulla stessa barca». Il Papa lo ripete oggi a noi, riproponendo le parole da lui pronunciate la sera del 27 marzo in una piazza San Pietro deserta. Perché l’esperienza del Coronavirus ha reso evidente quanto una malattia possa renderci ugualmente fragili, da una parte all’altra del mondo. Ora spetta a noi il compito di far vedere che anche in questa grande tragedia che ha già portato via più di un milione di vite sono sempre i poveri a pagare il prezzo più alto. Come tocca a noi mostrare che anche per tanti altri mali che affliggono il mondo di oggi è così. Che anche le guerre alimentate dai profitti dell’industria delle armi, la povertà prodotta da uno sfruttamento iniquo delle risorse e del lavoro di fratelli e sorelle, il dramma della fame già da alcuni anni tornata a crescere in troppe aree del mondo, la distruzione del creato che, in nome del profitto di pochi, spoglia la vita di intere comunità, sono virus davanti ai quali nessuno può sentirsi davvero immune.
«Eccoci, manda noi». […] E allora tocca a noi mantenere aperto lo sguardo sulle strade nuove che lo Spirito continua ad aprire nelle periferie. Narrare la fede testimoniata a prezzo della vita sulle frontiere più sofferte, la speranza seminata sui banchi delle scuole di ogni latitudine, la carità che trasfigura ciò che agli occhi del mondo sembrava piccolo e inutile. Tocca a noi far sì che la testimonianza che ci arriva dalle Chiese dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina scuota ancora le nostre comunità uscite quanto mai spaesate da un’esperienza che ci costringe a mettere da parte la comodità rassicurante del «si è sempre fatto così».
[…] Tocca a noi far scoprire che in missione, persone di culture e religioni diverse si incontrano per riconoscersi insieme figli e figlie dell’unico Dio. […] E che guardare negli occhi ogni persona è sempre il primo passo per costruire percorsi di riconciliazione anche là dove le ferite lasciate dai conflitti sono più profonde. […]
Dal messaggio dei Media missionari italiani (FeSMI)
del 1° ottobre 2020
[testo integrale sul nostro sito e su quelli delle riviste associate alla Fesmi]