Testo di Gigi Anataloni, direttore MC |
Papa Francesco conclude il primo capitolo della nuova enciclica «Fratelli tutti» con un invito: «Camminiamo nella speranza» (Ft 55). È un invito coraggioso e bello in questi tempi duri, sofferti e contraddittori in cui la tentazione è quella di gettare la spugna e prendere quel che si può senza preoccuparsi del futuro e degli altri.
Questa pandemia, con cui volenti o nolenti siamo costretti a fare i conti, se da una parte può essere l’occasione per tirar fuori il meglio di sé (come molti ci stanno dimostrando pagando anche con la vita), dall’altra fa emergere modi di essere e agire perlomeno discutibili e decisamente dannosi per tutti. Alcuni di questi atteggiamenti negativi sono cronici e fanno parte da sempre della nostra stessa fragilità umana. Altri invece sono nuovi, alimentati ad arte dalla concezione idolatrica e materialistica del mondo che oggi sembra dominare quasi ovunque.
La nuova enciclica elenca un numero impressionante di situazioni negative («Le ombre di un mondo chiuso») che abbracciano sia la dimensione personale che sociale. Partendo dai sogni andati in frantumi e dalla mancanza di progettualità, evidenzia tutte le «ombre» analizzando la «logica dello scarto» (che esclude bambini e anziani, alimenta il razzismo e specula sul costo del lavoro) ai «diritti umani non uguali per tutti» (la dignità calpestata dei poveri e delle donne, la schiavitù e il traffico di persone), i «conflitti e paure» e la «globalizzazione del progresso fine a se stesso»; le «pandemie e flagelli» della storia e le «frontiere discriminanti», «l’illusione di una vera comunicazione» e le «sottomissioni culturali ed economiche», arrivando a sottolineare il «disprezzo e disistima dei poveri e dei marginali della storia e dell’economia».
È una lista di «ombre» dettagliata che non vi presento nella sua completezza perché riempirebbe da sola tutta questa pagina, ma che vale la pena di affrontare per svegliarci dal torpore e riconquistare la libertà di essere autenticamente uomini. Benché papa Francesco presenti un quadro duro e impietoso, non cede al pessimismo o alla rassegnazione, e reagisce invitando a camminare insieme nella speranza. Perché «la speranza è audace, sa guardare oltre la comodità personale […] per aprirsi a grandi ideali che rendono la vita più bella e dignitosa».
Parole che mi hanno aperto il cuore, perché la speranza è l’anima della missione e ogni missionario (ogni discepolo) è un «camminatore di speranza».
E la speranza non delude. È bello vedere in questi giorni persone audaci che continuano a non arrendersi alle «ombre», ma vivono fino in fondo la loro umanità, anche pagando di persona. Il nostro presidente Mattarella ha riconosciuto la bella testimonianza di Willy e don Roberto, ma accanto a loro ci sono le migliaia di infermieri e medici, insegnanti e volontari, sacerdoti e religiosi che si sono dedicati a servire gli altri e continuano a farlo con generosa dedizione anche a costo della propria vita. La loro testimonianza ci incoraggia ad andare avanti, anche se a piccoli passi. Noi oggi vinciamo «le ombre» non con azioni dirompenti, ma con la forza di innumerevoli piccole candele che brillano nel buio. Piccole candele di amore che ci permettono di guardare in faccia al nostro vicino («prossimo») per quello che è, chiamandolo per nome, creando relazione, scoprendolo come sorella o fratello, persona umana al di là degli stereotipi e degli slogan.
Camminare (nel)la speranza è scegliere e difendere la vita, soprattutto dei più indifesi e fragili come i bimbi non ancora nati e indesiderati e gli anziani. È accogliere ogni persona come persona, senza discriminazioni ed etichette (di «razza», di genere, di provenienza, di condizione sociale). È «gentilezza» e attenzione all’altro, passando dall’io al noi, senza mettere il «mio» diritto al primo posto sempre e a ogni costo. È fermarsi e staccare la spina dalla frenesia delle cose da fare e avere per essere all’altezza delle aspettative del mondo. È reagire all’informazione martellante, veloce, ossessiva, che gioca con i tuoi sentimenti e le tue paure invece di farti usare la testa.
È dare tempo al silenzio e alla preghiera, all’ascolto della Parola di Dio, contro il rumore che ci assorda. È andare a messa la domenica come atto di amore agli altri e dichiarazione di libertà contro la dipendenza dai riti idolatrici del divertimento e consumismo che svuotano le tasche ma non riempiono il cuore. Forti della speranza che non delude, camminiamo insieme per costruire un mondo secondo il sogno di Dio.