Il mondo che verrà e noi
Care lettrici, cari lettori,
questo numero di MC è stato lavorato in modalità «smart working»: ciascun redattore da casa propria.
Sappiamo che solo una parte delle lavoratrici e dei lavoratori può lavorare stando tra le mura domestiche, e che molti hanno dovuto continuare a farlo andando fuori. Pensiamo in particolare agli operatori sanitari e a quanti producono beni o offrono servizi essenziali. Pensiamo poi a tutti quelli che non hanno più potuto lavorare o che hanno dovuto usare le ferie, o ricevono la cassa integrazione, o semplicemente sono dovuti rimanere a casa senza reddito.
Non sappiamo come sarà la situazione quando leggerete queste pagine. Sicuramente non sarà tornata la normalità perché la pandemia e le sue conseguenze ci accompagneranno per lungo tempo.
Noi, nel frattempo, cercheremo di capire quale mondo ne verrà fuori. Certamente un mondo più povero e ferito. Speriamo anche più solidale e attento alle cose essenziali.
Marco Bello, Luca Lorusso,
Paolo Moiola (i redattori di MC)
Ricordando Raffaele Masto
La notizia che non avremmo mai voluto sentire infine è arrivata. Era sabato sera 28 marzo. Tutti chiusi in casa per il lockdown. Un messaggio sul telefono ci avvisava: Raffaele Masto (nelle tre foto durante un reportage in Nigeria -ndr) se n’è andato. Raffa (nelle foto sotto), come lo chiamavano amici e colleghi, ci ha lasciati dall’ospedale di Bergamo, dove aveva subito un trapianto di cuore alcuni mesi fa. Finita la lunga terapia intensiva, doveva essere trasferito, ma è arrivata la furia del Covid-19 che se lo è portato via.
Raffa scriveva di Africa, continente che ha percorso in lungo e in largo per oltre 30 anni. Il suo era un giornalismo fatto «con la testa e con le suole delle scarpe», sempre in giro, in mezzo alla gente, a cercare il contatto umano e le storie vere. Sempre dalla parte di chi aveva qualcosa da dire, ma veniva zittito. Grande conoscitore del continente, forniva acute analisi degli eventi che lo caratterizzavano. Univa in sé profonda competenza e grande umiltà. Sempre pronto a dare un consiglio o a rispondere alla richiesta di un collega, sempre interessato a te, ai tuoi progetti. Sempre aperto a insegnare qualcosa ai più giovani. A trasmettere una passione. Mai un atteggiamento di superiorità.
Ci mancherà la sua voce un po’ impastata e pacata dei servizi su Radio Popolare, i suoi scritti sulla rivista «Africa» e sul blog «Buongiorno Africa», i suoi libri di approfondimento, unici in Italia per i temi affrontati. Mi ricordo quando lo intervistai per il suo libro su Boko Haram, «Califfato Nero». Ricordo le disquisizioni su Aboubakar Shekau, il capo del gruppo terroristico, chiamato «l’immortale», perché dato più volte per morto e più volte rispuntato in un video sul web. In quell’occasione Raffa mi disse: «[In questo lavoro] i viaggi sono stati essenziali, perché un fenomeno studiato dall’Europa continua ad avere dei buchi che si riempiono e si comprendono solo se si riesce ad andare sul posto. Io ho cercato di farlo preparando molto bene le missioni, creando e mantenendo relazioni con persone fidate in loco, e cercando di risparmiare».
L’ultima volta ho incontrato Raffa a una serata su Thomas Sankara, il presidente visionario del Burkina Faso, a Milano. Entrambi eravamo intervenuti, e stavamo seduti fianco a fianco. Uscimmo insieme, io e lui. Mi chiese: «Di cosa ti stai occupando? Quali progetti hai?». E concluse: «Dobbiamo organizzare di incontrarci».
Addio Raffa, giornalista di grande umanità. Ci mancherai.
Marco Bello
Passione e Risurrezione
Carissimi amici e benefattori,
per celebrare la Pasqua di risurrezione, prima bisogna passare attraverso la sofferenza della passione e della morte. Coraggio! La Fede e la Speranza e l’Amore sono le nostre uniche medicine in questo difficile momento in cui la piaga del coronavirus sta flagellando il mondo.
Noi uomini e donne, con la nostra scienza e tecnologia ci credevamo onnipotenti, superiori a tutto, capaci di assoggettare il mondo intero. Chissà che il Buon Dio ci aiuti a ottenere qualcosa di buono anche da questo male e ci faccia più solidali e misericordiosi gli uni verso gli altri.
Grazie a Dio, qui in Kenya, mentre scrivo, non è ancora arrivata questa piaga, e preghiamo tanto per esserne esenti, altrimenti con le nostre poche strutture ospedaliere diventerebbe un vero disastro. Invece ora noi abbiamo la piaga dell’invasione delle locuste, che non vedevamo dal 1952 e che divorano il bel verde che le piogge straordinarie di quest’anno ci avevano regalato.
I bambini che voi generosamente aiutate da diversi anni potranno, attraverso lo studio, vedere aperte davanti a loro nuove strade, oltre che alla tradizionale pastorizia nomade e all’agricoltura di sussistenza. Molti di questi bambini durante le vacanze (novembre-dicembre 2019) sono stati circoncisi (purtroppo anche qualche bambina) e ora si sentono degli ometti maturi. Per fortuna per loro sarà più facile trovare un lavoro utile e non ricadere in certe tradizioni ormai sorpassate.
Qualcuno entra anche nelle scuole superiori e nel seminario. Recentemente ho ordinato tre sacerdoti locali, figli di povere famiglie di pastori: ringraziamo il Buon Dio che fa questi miracoli.
Ringrazio anche il Signore perché in questo anno ricorre il cinquantesimo del mio sacerdozio. Sono appena sceso dal monte Kenya (nella foto di apertuta e in questa foto qui sotto – ndr) su cui ho celebrato una messa di ringraziamento insieme ad alcuni miei sacerdoti e cristiani. Di nuovo vi prometto la mia preghiera quotidiana. C’è più gioia nel dare che nel ricevere, ci diceva Gesù. E Tonino Bello: «Amare, voce del verbo morire (al proprio egoismo)».
+ Virgilio Pante
Maralal, Kenya, 08/03/2020
Carissimo «wild bishop»,
complimenti e benedizioni per i 50 anni di sacerdozio celebrati sulla montagna «sacra» del Kenya, che ti ha visto frequentatore assiduo sin dai tuoi primi anni di servizio missionario in quel paese. Davvero una bella esperienza di libertà, per uno abituato ai grandi spazi del Nord del Kenya e alla cattedrale più bella del mondo, quella che Dio stesso si è costruito.
La notizia a cui accenni di passaggio, quella delle circoncisioni, ha invece suscitato in me un po’ di apprensione, memore di quanto vissuto coi riti di passaggio del 1990-91, quando con suor Corona Nicolussi, proprio a Maralal, passammo di lorora in lorora (il villaggio dove si celebra l’iniziazione, di cui la circoncisione è momento centrale) a disinfettare e curare centinaia e centinaia di ragazzi e ragazze con nel cuore la paura di una diffusione epidemica dell’Aids.
Fortunatamente questa nuova epidemia di coronavirus si sta spargendo in Kenya (225 casi e 10 defunti al 15/04/2020) quando i rituali per l’iniziazione del nuovo gruppo di età dei Lkisieku (i frettolosi) sono ormai giunti alla loro conclusione, essendo iniziati nel luglio 2019. Auguro ogni bene a questi nuovi giovani perché assumano la loro responsabilità nella società. Spero anche che il grande lavoro fatto da tante donne Samburu in questi anni per attualizzare «riti alternativi di iniziazione» delle ragazze senza il ricorso alla mutilazione genitale femminile, abbia dato i suoi frutti positivi.
Copie di MC col pacco viveri
Spett.le Missioni Consolata,
le scrivo questa lettera dalla parrocchia di Fiorenzuola d’Arda, nella zona del piacentino, tristemente nota alle cronache attuali per il primato negativo del nostro comune sul numero di decessi e sui casi di positività riscontrati in Emilia Romagna.
A causa di ciò, molte persone sono rimaste sole.
La nostra parrocchia, assieme ad alcune associazioni di volontariato del luogo, si è fatta carico di raccogliere le esigenze di un numero sempre crescente di persone (ad ora sono 150 nuclei famigliari) che sono costrette ad un regime di isolamento presso le proprie abitazioni.
È stato così intrapreso un servizio di consegna a domicilio di generi alimentari e di medicinali.
Ora l’emergenza chiama tutti a una maggior responsabilità e, proprio perché siamo una comunità, abbiamo bisogno di gesti di solidarietà. Come ha ricordato il Santo Padre «nessuno si salva da solo» e solo certi comportamenti collettivi possono portare a dei risultati.
Pensando a come possiamo essere vicini a tali persone, ci è parsa buona l’idea di far giungere nelle case, copie della vostra rivista, affinché una lettura più profonda e più consapevole dell’attualità e del momento straordinario che stiamo vivendo, possa essere di conforto e di sostegno a tutte quelle persone che stanno attraversando questa condizione particolare e drammatica.
Vi chiederemmo quindi se foste disposti ad inviarci presso la parrocchia delle copie omaggio della vostra rivista, da inserire nelle borse della spesa delle persone che assistiamo a domicilio.
Pensiamo possa essere anche un’occasione di promozione del vostro prezioso lavoro.
Certi nella vostra condivisa risposta vi ringraziamo per la concreta attenzione.
Don Giuseppe Illica, parroco
Fiorenzuola d’Arda, 08/04/2020
È ovviamente un piacere per noi poter condividere con voi questo momento e poter far compagnia ai vostri parrocchiani.
Come missionari e missionarie della Consolata ci sentiamo profondamente uniti all’Italia, con la quale condividiamo tanta storia di fede e umanità. In particolare siamo più che mai vicini a chi vive nelle regioni più colpite dove abbiamo tanti famigliari, amici e benefattori. Siamo vicini anche ai nostri fratelli e sorelle degli altri istituti missionari che hanno pagato un pesante contributo di vite, come i missionari saveriani e le missionarie comboniane.
Che in questo duro momento di traversata del deserto con i «serpenti» del coronavirus che attaccano chiunque, possiamo sempre essere capaci di alzare gli occhi insieme a Colui che è stato innalzato e che unico è guarigione vera del cuore dell’umanità.