L’inserto di questo numero è completamente dedicato alla cara memoria di padre Gottardo Pasqualetti, scomparso il 20 ottobre scorso, postulatore delle cause di beatificazione di Giuseppe Allamano e Irene Stefani. È un piccolo segno di gratitudine a un missionario che, con Sapienza e passione, ha arricchito la nostra conoscenza e il nostro amore per il nostro beato fondatore. Come abbiamo fatto già altre volte in passato, anche in questo numero ospitiamo alcune
sue parole.
Il sapore dell’amore di Dio
Per Giuseppe Allamano, la dolcezza e la mansuetudine sono virtù indispensabili per tutti coloro che devono trattare con il prossimo; e vi ritorna spesso nelle sue lettere ed esortazioni ai missionari e missionarie. Così, tra i ricordi ai partenti, raccomandava sempre la «mansuetudine», unica virtù di cui Gesù dice specificamente di imitarlo, invitando a farne un proposito da rinnovare ogni mattina. Per lui, la dolcezza e la mansuetudine sono indispensabili per tutti coloro che operano con la gente, soprattutto con i poveri, i piccoli, i «diversi». Questo ha poi una ricaduta nell’attività apostolica, perché quella del missionario è una spiritualità di presenza, con rapporti personali e attenzione all’altro, in totale disponibilità e spirito di condivisione.
Alle missionarie diceva che dovevano avere «un cuore largo verso i fratelli», «cuore magnanimo per ogni miseria umana», «cuore pieno di amore per Dio». Ad alcune, in partenza per l’Africa, raccomandava: «Lasciate il sapore dell’amore di Dio dovunque andrete, ma ancor più del prossimo».
È anche una delle caratteristiche della beata suor Irene, e mirabile è la sua dedizione caritatevole verso tutti, soprattutto i più bisognosi, dedicandosi agli altri con affetto materno, con bei modi, rispetto, delicatezza, dolcezza e affabilità, senza fare distinzioni.
I missionari e missionarie cresciuti a fianco dell’Allamano, hanno conservato scolpito nel cuore il suo ricordo, perché avevano viva coscienza di aver trovato in lui «un vero padre, tutto amore per i figli», «un amato, amatissimo padre», così da avere per lui stima, confidenza piena, totale apertura di cuore, fiducia incondizionata, ritenendo la sua parola espressione della volontà di Dio.
Ma per riassumere «in pillole» tutto ciò, occorre ricordare almeno tre must (come si chiamerebbero oggi), da lui indicati: «Sincerità e confidenza; dolcezza e bontà; contatti personali». Mentre per l’impegno personale di ognuno, vi è un’altra sintesi, stilata da suor Irene: «Spirito di carità operosa, di pietà e di dolcezza. Ecco tutto!».
Un tutto che è il «nostro distintivo», «lo stampo».
padre Gottardo Pasqualetti
«Speciale, frizzante, libero»
Aveva 84 anni, padre Gottardo Pasqualetti, quando ci ha lasciati, il 20 ottobre scorso. Diventato missionario della Consolata con la prima professione religiosa nel 1957, fu ordinato sacerdote il 22 dicembre 1962.
Realizzò la sua vocazione missionaria sempre in Italia e quasi sempre a Roma, dove fu membro della Congregazione vaticana per il Culto Divino, insegnante di liturgia, per 40 anni, alla pontificia Università urbaniana, segretario generale dell’Istituto, formatore e superiore delle nostre comunità in Italia.
Ma fu soprattutto postulatore per le cause di beatificazione di Giuseppe Allamano e Irene Stefani.
La sua vita e il suo intenso lavoro lasciano una traccia profonda nella comprensione del carisma missionario dei nostri due Istituti, con un dilatarsi di «conoscenza e riconoscenza» verso colui che ci è padre e maestro di vita.
Frammenti di una vita
Prof. Erich Schmid,
decano della Facoltà di Teologia
Roma, 1° maggio 1992Reverendissimo Superiore Generale, sto cercando un nuovo docente per la liturgia latina. Avendo scoperto che p. Gottardo Pasqualetti, membro del Suo benemerito istituto missionario, ha le qualifiche necessarie per poter insegnare in una facoltà teologica S. Liturgia, vorrei oggi rivolgermi fiduciosamente a Lei e chiederLe di aiutarci, permettendo al suddetto padre di far parte del corpo docente della nostra facoltà. Siccome padre Pasqualetti ha studiato alla Puu e sta già insegnando nel Corso di aggiornamento alla medesima università, e conosce quindi già bene il nostro ambiente «urbaniano» che accoglie studenti da tutte le parti del mondo, ed essendo membro di un Istituto missionario, il Rettore magnifico, p. Daniele Acharuparambil, e il sottoscritto lo riterrebbero proprio adatto per tale incarico…
padre Gottardo Pasqualetti
Carissimi missionari della Regione Italia, giunto al termine del mio mandato, pensavo di chiudere in silenzio, cosa che più si avvicina all’atteggiamento di Maria. Ma da Lei apprendo pure che occorre avere cuore riconoscente. Ed è uno dei sentimenti che mi accompagnano in questi giorni. Con semplicità, ma sincerità, desidero esprimere il mio ringraziamento. Anzitutto, per l’accoglienza.
Sono venuto nella Regione nove anni fa, in modo assolutamente inaspettato e per me sorprendente, senza conoscere direttamente la situazione, e forse con qualche preconcetto e, pure per questo, con tremore. Ho incontrato subito una fiducia che mi ha rincuorato e continuo a conservarne un grato ricordo, anche se soltanto ora lo esprimo.
Il contatto più diretto con la realtà viva dell’Istituto ha fatto crescere in me la convinzione sul valore e l’attualità dei principi ispiratori e degli insegnamenti del nostro Padre Allamano. Capisco quanto sia pertinente la sua intuizione carismatica di un Istituto che abbia per principio la «unità di intenti» e quanto sia vero che si lavora invano se si va per conto proprio, costruendo sé stessi, più che un progetto di Istituto e di Missione. È il mio augurio e la mia preghiera.
Alessandro e Orazio
(parrocchia di Onigo -Tv) per i 40 anni di vita sacerdotale
Nell’itinerario della vita di padre Gottardo, emerge con forza e da sempre la sua grinta gioviale, vivace, profonda e intensa… Il suo pensiero teologico e pastorale ha la profondità e la ricchezza dei grandi Padri. Professore di materie liturgiche nelle facoltà pontificie di Roma, non ha fatto di questa sapienza l’unico centro di una vita, ma ha saputo andare oltre, immergendosi nelle più svariate competenze di pastore, superiore, formatore, postulatore con la propria famiglia religiosa e non solo; senza mai staccarsi dall’impegno e nella donazione verso i fratelli con una solida e costante preghiera. Con tutto questo sa costruire il braccio orizzontale della sua croce nel servizio missionario, quel saper fare organizzativo che serve a fare il bene… bene! Come il suo maestro il beato Giuseppe Allamano ha tramandato.
La capacità di p. Gottardo è quella di saper dosare e usare con particolare armonia ed equilibrio voluminosi libri, calici preziosi, preghiere profonde, uniti ad una capacità insolita di ascoltare e farsi ascoltare, con la saggezza di un «vero maestro di vita». Questo modo di essere lo rende un personaggio speciale, frizzante, libero, con la battuta sempre pronta e soprattutto sempre disponibile in ogni emergenza, sapendo donare fiducia e facendo aumentare la speranza nell’ambiente in cui si trova, in un vero abbandono alla grazia e alla volontà di Dio, senza riserve.
Auguri P. Gottardo, ti siamo tutti vicini con il cuore e la preghiera.
padre Piero Demaria
(ai funerali del 23 ottobre 2020)
Nel ricordo, nel pensiero, nell’affetto, chi è già partito per l’aldilà continua a vivere. Mi dicevano che p. Gottardo, quando celebrava qui, nel suo paese, la sua voce tuonava in chiesa ed era bello ascoltarlo, perché sapeva andare all’essenziale. Il nostro fondatore era solito dire, parlando ai giovani in formazione, battendo quattro dita sulla fronte: «datemi questo!». I più lo interpretavano come: «Datemi la vostra volontà e accettate l’obbedienza», ma qualcuno, più acuto, interpretava quel gesto come: «Datemi la vostra intelligenza, cioè mettete la vostra testa a servizio della missione, non usatela per diventare ricchi e potenti, ma mettetela a servizio dei popoli del mondo»… E questo, p. Gottardo lo ha fatto. È stato un grande missionario perché ha saputo amare le persone e il suo lavoro. Normalmente, siamo abituati ad associare alla parola «missione» la partenza per terre lontane, la condivisione della vita con i popoli; p. Gottardo è vissuto quasi sempre in Italia; eppure la sua attività, la sua passione, il suo insegnamento hanno lasciato un segno. Giovane studente all’università Urbaniana, era stato chiamato per lavorare alla riforma liturgica, dopo il Concilio, e aveva sostenuto la necessità di tradurre i testi liturgici, in modo che la gente potesse ascoltare il Vangelo nella propria lingua. Ma tutto ciò non era scontato, anzi, molti si erano anche opposti, eppure, p. Gottardo e gli altri che lavoravano con lui sono andati avanti, senza paura. Per 40 anni ha insegnato all’università Urbaniana a studenti provenienti dai cinque Continenti. Con il suo impegno, senza lasciare l’Italia, ha fatto del bene a tutti…
«Influencer» di santità
E così, anche padre Gottardo Pasqualetti ci ha lasciati improvvisamente in questo infelice tempo del coronavirus che ci aveva portato via, pochi mesi fa, un altro «esperto» dell’Allamano, padre Francesco Pavese (che abbiamo salutato proprio da queste pagine). Se ne è andato in punta di piedi, lasciando col cuore gonfio di tristezza la famiglia dei missionari e missionarie della Consolata, che ne rimpiangono l’intensa vita, tutta dedicata alla Liturgia e all’insegnamento, ma soprattutto alla postulazione della causa del nostro padre fondatore e della nostra sorella Irene Stefani.
E, avendo celebrato, proprio il 7 ottobre scorso, il trentesimo anniversario della beatificazione dell’Allamano, sfogliando l’album di quella festa di famiglia del 1990, non possiamo, ora, non soffermarci, con nostalgia, su una immagine nella quale padre Gottardo, proprio in veste di postulatore, salutava e ringraziava, a nome nostro, il santo papa Giovanni Paolo II.
Postulatore, o meglio, «Influencer»
Brillante nella sua intelligenza, padre Pasqualetti (Dino, per gli amici) era riuscito a svolgere numerosi e importanti incarichi di responsabilità, che sembravano ritagliati su misura proprio per lui; incarichi che lui caratterizzò con la sua straordinaria capacità di lavoro e da doti non comuni: professore di vasta e profonda cultura liturgica; oratore capace di incantare con la sua travolgente parola; «segretario» o presidente di assemblee, che riusciva a disincagliare dalle secche della discussione con la sua capacità di sintesi, «colorata» da un’ironia furba e mirata; missionario (ahimè, solo in patria) dallo sguardo lungimirante e realista al tempo stesso…
Doti e doni profusi soprattutto nel suo incarico di «Postulatore generale», anche se pochi, forse, sanno chi sia e cosa faccia un postulatore. Per usare, allora, un termine più alla moda (in inglese, come sempre!), potremmo definire padre Pasqualetti come «Influencer» (!), cioè «un professionista dotato di carisma, autorevolezza, competenza, capace di “influenzare” e convincere il suo pubblico» (così si legge nel dizionario delle «nuove professioni»). Per capirci: il giovane Carlo Acutis, beatificato pochi mesi fa, ad Assisi, è stato definito, in alcuni titoli di giornale, «L’influencer di Dio».
E chi, meglio di padre Pasqualetti, con tutto il suo bagaglio di straordinarie doti potrebbe essere ricordato come «influencer di santità»? Colui che ha saputo «scaldare il cuore» di tanti, in un settore di cui era diventato specialista: quello della santità, o meglio, di «santi e beati» concreti, come l’Allamano, Irene Stefani, o gli altri quattro «servi di Dio», candidati alla gloria degli altari e di cui seguiva la causa.
Trasformato… dai santi
Fu, dunque, postulatore in due differenti periodi (1989-2002 e 2014-2016), quando riuscì a offrire ai missionari e missionarie della Consolata l’immensa gioia della beatificazione del loro fondatore, che egli non solo ammirava con amore appassionato, ma di cui aveva talmente assorbito le sfumature di santità, da saperle trasfondere agli altri, raccontando e scrivendo di lui in mille modi e nelle occasioni più diverse. Un discepolo, trasformato e arricchito dalla frequentazione quotidiana di colui che aveva scelto come maestro e padre.
La stessa cosa avvenne con l’avvicinamento, la scoperta e lo studio di suor Irene Stefani (beatificata in Kenya, il 23 maggio 2015), come ci ha raccontato madre Simona, superiora generale delle missionarie della Consolata, alla notizia della scomparsa di padre Pasqualetti: «Aveva svolto questo compito di postulatore non solo con competenza, precisione, attenzione, costanza e dedizione, ma con vero amore, passione e tanta, tanta fraternità. Ha aiutato i due istituti a riscoprire e valorizzare la figura di Irene e l’espressione del nostro carisma in lei, con tratti così propri e originali. Ha non solo studiato Irene, ma ha camminato con lei, l’ha incontrata e da lei si è lasciato trasformare. Era evidente la relazione di autentica prossimità tra padre Pasqualetti e suor Irene: quando lui la nominava, si illuminava, si appassionava e non avrebbe mai finito di parlarne. La fede, la tenacia, la convinzione di padre Pasqualetti hanno contribuito grandemente e in modo decisivo al riconoscimento sia delle virtù eroiche della beata Irene, sia dell’autenticità del miracolo di Nipepe, che ha aperto la porta alla sua beatificazione. Lo abbiamo visto, padre Pasqualetti, durante la beatificazione, a Nyeri: felice, radioso, commosso, grato… contagiava gioia a chi lo incontrava!
Quando già la malattia faceva sentire i suoi effetti, ricordo un incontro con lui in Casa generalizia Imc a Roma: al nominargli suor Irene, padre Gottardo si animava tutto, cominciava a parlarne, a ricordarne le parole, i gesti, l’evento della beatificazione… e lo faceva con viva partecipazione e gioia: Irene era nel suo cuore e lui, certamente, nel cuore di Irene!».
Il traguardo
È bello, allora, continuare a ricordare padre Pasqualetti che, affascinato dalla santità di Giuseppe Allamano e di suor Irene, ne fu così trasformato, da diventarne un vero influencer, presentandoli come un grande dono che Dio ha fatto alla sua Chiesa, alla missione e ai popoli del mondo.
E ora che i suoi occhi hanno cominciato a scoprire, senza più bisogno di meticolose ricerche o processi canonici, il volto sorridente dell’Allamano, non mancherà, senz’altro, di chiedergli una piccola spinta, «un aiutino», perché dalla «penultima tappa» del suo lungo e sofferto cammino verso la santità, possiamo presto arrivare all’ultima, al traguardo, perché lui, il nostro amato Fondatore, possa entrare nella gloria (ufficialmente riconosciuta) dei santi del cielo.
padre Giacomo Mazzotti