Testo di Chiara Brivio
Qual è il futuro dell’Africa? Un economista senegalese e un teologo nigeriano affrontano questa domanda da due punti di vista diversi. Entrambi in una prospettiva decisamente afro ottimista. Dai loro testi emerge l’immagine di un continente dinamico e vivace, ansioso di lasciarsi alle spalle il doloroso passato coloniale e desideroso di riappropriarsi del suo destino. Includere le tradizioni, le mitologie e le narrazioni locali nel discorso sull’Africa, sottolineano i due intellettuali, sarà la chiave del riscatto culturale del continente.
L’economista senegalese Felwine Sarr e il teologo nigeriano Agbonkhianmeghe Orobator, nei loro libri, Afrotopia e Confessioni di un animista impostano un discorso di riscatto e di riscoperta dell’Africa e della sua identità più propria. Un discorso che vuole contrapporsi alla narrazione occidentale del continente, caratterizzata da clichés e da luoghi comuni su povertà, guerre e fame, e soprattutto su una ipotetica mancanza di agency da parte delle società africane, come se esse dovessero continuare a dipendere da «agenti» esterni per governare se stesse.
Afrotopia
Afrotopia è il primo libro tradotto in italiano di Felwine Sarr, un saggio breve ma denso, ben scritto, che gli è valso il Gran prix de la recherche, nell’ambito del Grands Prix des associations littéraires, premio camerunense. In esso Sarr, intellettuale senegalese poliedrico (è economista, sociologo, musicista, editore), attua una vera e propria decostruzione della categoria occidentale di «sviluppo», considerato uno strumento di misurazione del «benessere» ormai superato perché esclude l’uso di indicatori (culturali, sociali, ecc.) diversi dall’economia.
Per Sarr la vasta produzione culturale africana – dalla musica, all’arte, all’architettura, alla letteratura, alla sociologia, con autori come Achille Mbembe, Cornélius Castoriadis, Jean-Marc Ela, Cheick Anta Diop, Chimamanda Ngozi Adichie, Kobina Banning – ha contribuito alla creazione di quello che lui definisce l’afrotopos, «un luogo altro africano», un immaginario autoctono, libero dall’asservimento psicologico e culturale al colonialismo, nel quale le società africane possono immaginare, formare, creare un loro discorso sulla modernità, diventando «soggetti» della loro storia, finalmente riconoscendo il giusto valore alle tradizioni e alle culture locali. È la «via africana» allo sviluppo, che include altri indicatori al di là del mero progresso economico, quali l’educazione, la cultura, la spiritualità, la religiosità.
Afrotopia non va tuttavia letto come una semplice critica alla narrazione pessimista e paternalista dell’Occidente sull’Africa o dell’Africa su se stessa, è in realtà un’analisi lucida e consapevole della mancanza di un immaginario culturale condiviso, di una diffusa prospettiva autoctona sul futuro del continente. Come sottolinea Sarr, la crescita economica e le potenzialità finanziare dell’Africa non sono state accompagnate da una nuova produzione di senso, da una «liberazione» tanto culturale quanto sociologica dal colonialismo. Il mondo africano che Sarr descrive – interconnesso, multi-temporale, fondato su un cosmos integrato – in realtà già esiste, ciò che manca è la consapevolezza della sua pregnanza e la costruzione di un discorso pubblico e politico su di esso.
Questa è, secondo il sociologo senegalese, la sfida che il continente deve raccogliere se vuole affermare la sua identità. Una sfida che deve essere affrontata soprattutto dalla classe dirigente africana. Il percorso è arduo e in salita, ma Sarr è speranzoso sulla sua praticabilità.
Afrotopia, nella sua brevità, rappresenta un contributo importante alla discussione sulla narrazione del continente.
L’autore
Felwine Sarr (Senegal, 1972), sociologo ed economista, è uno dei più attivi intellettuali contemporanei africani. È condirettore dal 2017 con Achille Mbembe degli Ateliers de la Pensée di Dakar e Saint-Louis. Musicista, ha pubblicato fino a oggi tre album. Con gli scrittori senegalesi Boubacar Boris Diop e Nafissatou Dia, è il cofondatore della casa editrice Jimsaan.
È stato inoltre uno dei due commissari nominati dal presidente francese Emmanuel Macron per studiare la fattibilità della restituzione degli artefatti sottratti dalla Francia durante il periodo coloniale a diversi paesi africani. Il rapporto, dal titolo The Restitution of African Cultural Heritage. Toward a New Relational Ethics è consultabile a su https://restitutionreport2018.com.
Confessioni di un animista
Confessioni di un animista è la «prima» italiana del gesuita nigeriano Agbonkhianmeghe Orobator, in uscita a settembre per Emi, l’Editrice missionaria italiana. Presidente della conferenza della Compagnia di Gesù di Africa e Madagascar, considerato uno dei più brillanti e originali teologi del continente, Orobator affronta la discussione teologica sul rapporto tra animismo e cristianesimo in modo innovativo e con particolare sensibilità dovuta anche alla sua conversione adulta al cattolicesimo. Cresciuto in una famiglia animista nella cui casa era presente «la stanza delle medicine», tra rituali, abluzioni e devozione per un nutrito pantheon di divinità, il teologo traspone la sua esperienza personale di riscoperta delle proprie radici animiste nel discorso generale della storia e del futuro dell’inculturazione del Vangelo in Africa.
Orobator non si sente «lacerato tra due tradizioni religiose», ed è convinto che il cristianesimo debba riscoprire e valorizzare le radici animiste africane sulle quali si è innestato (allo stesso modo dell’islam). Egli rifiuta «le etichette di “schizofrenia della fede” o di “doppia mentalità religiosa” che certi teologi regolarmente impongono agli africani». La reciprocità e l’interdipendenza dei vari elementi del creato – uomo, natura, mondo sovrannaturale – e il riconoscimento della «vita» come bene comune ultimo condiviso dalla comunità, sono tutte caratteristiche dell’animismo che permettono di trasformare la realtà in «una realtà sacramentale» fonte di vita e di spiritualità. È da queste che sgorga e si genera, secondo il teologo nigeriano, «un imperativo morale o il dovere di prendersi cura della nostra casa comune». Un’affermazione nella quale si può facilmente riconoscere un’eco forte e distintiva del concetto di ecologia integrale di papa Francesco espresso nella Laudato si’.
Il suo tentativo di ridefinire epistemologicamente l’animismo mettendolo in relazione stretta con la teologia esige qualcosa di molto simile a un riscatto morale dei cristiani africani, e richiede da parte degli europei un abbandono delle vecchie categorie di esotismo e primitività che persino i primi missionari avevano affibbiato agli abitanti del continente.
Per Orobator, stanze delle medicine, rituali, abluzioni, nella loro ricchezza spirituale e come segni di una profonda «religiosità» che permea ogni aspetto della quotidianità dei popoli africani, non devono più essere relegati al folklore continentale, ma messi a tutti gli effetti alla base dell’esponenziale crescita della pratica della fede e della spiritualità del continente. Una crescita che coinvolge anche e soprattutto il cattolicesimo (si stima che nel 2040 saranno 460 milioni i cattolici africani) e che non può essere dovuta a semplici fattori demografici o agli alti tassi di fertilità.
Il discorso di Orobator è originale e innovativo, e andrebbe decisamente approfondito. La ricchezza e la vitalità dell’immaginario spirituale che le tradizioni africane hanno mantenuto nel loro incontro con il cristianesimo, e che forse noi europei abbiamo perso nella nostra pratica di fede, potrà apportare un grande contributo al rinnovamento della spiritualità globale. Magari anche tramite un’evangelizzazione che già oggi e, verosimilmente sempre più in futuro, parte dall’Africa in direzione del Nord del mondo.
L’autore
Agbonkhianmeghe Orobator, gesuita nigeriano (classe 1967), è il presidente della conferenza della Compagnia di Gesù di Africa e Madagascar. Ha conseguito il dottorato in teologia e in scienze religiose nel 2004 all’Università di Leeds, in Inghilterra, ed è stato superiore della provincia orientale africana della Compagnia dal 2009 al 2014. Definito da Avvenire come uno dei più brillanti teologi africani contemporanei, è membro del Boards of Directors della Georgetown University di Washington. Tiene conferenze e lezioni in tutto il mondo. Lo scorso mese di aprile, su proposta del primate della Chiesa anglicana Justin Welby e con l’approvazione di papa Francesco, padre Orobator ha predicato gli esercizi spirituali a Casa Santa Marta durante il ritiro per i due leader del Sud Sudan.