Kenya: Ritorno alle origini della missione

Nelle valli dell’Aberdare per ricordare

Testo e foto di padre Jaime Carlos Patias |


La visita a Tuthu, in Kenya, la prima storica missione nella vita dei missionari della Consolata, serve da
ispirazione per rinnovare e reinventare lo stile delle loro presenze nel mondo.

In Kenya per una sessione di consiglio, la direzione generale dell’Istituto si reca in visita a Tuthu, provincia di Murang’a, nella regione centrale di quella nazione che è il primo amore dei missionari della Consolata. Questa piccola località, a 140 km da Nairobi, sui monti dell’Aberdare a oltre 2.500 metri, fu la destinazione finale dei primi quattro missionari della Consolata inviati in Africa dal beato Giuseppe Allamano.

I padri Tommaso Gay (31 anni) e Filippo Perlo (29), e i giovani fratelli missionari Luigi Falda (19) e Celeste Lusso (18) arrivarono in Kenya l’8 maggio 1902. A Nairobi, incontrarono Monsignor Allgeyer, superiore dei missionari dello Spirito Santo, che suggerì loro di recarsi tra il popolo kikuyu, in risposta all’invito del chief (capo) Karuri wa Gekure che voleva una scuola nel suo villaggio di Tuthu. Iniziò così l’evangelizzazione cattolica nel cuore del Kenya.

1903 – Capannone fatto erigere da Karoli (anche Karuri o Karori) a uso scuola. Karoli, in piedi, osserva alcuni dei suoi figli tra i quali sta seduto padre Vignoli

Nel villaggio di Karuri

La strada che porta a Tuthu si snoda tra verdissime piantagioni di tè distese sulle ripide colline che caratterizzano la zona, all’orizzonte le montagne dell’Aberdare che i primi missionari dovettero attraversare a piedi, partendo da Naivasha (dove arrivava la ferrovia) con un viaggio di due giorni accompagnati da portatori (per tutto il materiale necessario a impiantare la missione) e soffrendo le basse temperature di notte (a oltre duemila metri e a fine giugno, il periodo più freddo dell’anno).

Le difficoltà degli inizi, ci fanno comprendere l’insistenza dell’Allamano sull’importanza della preparazione e il motivo per cui voleva i suoi missionari «santi in modo superlativo», zelanti, disposti a sacrificare la vita, perché preferiva la qualità, al numero. «Prima santi, poi missionari», ripeteva spesso, sottolineando la santità come valore prioritario.

L’evangelizzazione e la promozione umana era il metodo proposto dal Fondatore e fu applicato puntualmente dai suoi missionari. Per prima cosa i missionari si dedicarono allo studio della lingua kikuyu e, dopo neppure un anno, iniziarono una piccola scuola in una capanna offerta da Karuri. Visitavano sistematicamente la gente nei villaggi con una particolare attenzione alla cura dei malati e ai bambini orfani o abbandonati. Lungimiranti e intraprendenti, portarono semi nuovi per l’agricoltura e installarono una segheria per le varie costruzioni necessarie per lo sviluppo delle missioni.

Gli errori commessi erano compresi e perdonati dalla gente che vedeva la buona volontà e la retta intenzione dei missionari dediti unicamente al servizio della popolazione che il Signore aveva loro affidato.

«Un albero secolare attorniato da liane e gettante le radici in due branche separate forma come un tunnel; ivi fu sepolta Suor Giordana morta nelle missione di Tusu. Due catechisti più coraggiosi si uniscono alle suore nelle preci di suffragio» (dida originale da MC 1907/11 p. 163)

Una croce nella foresta

Dal 1903 la missione di Tuthu ebbe la presenza delle Suore Vincenzine (quelle fondate da san Giuseppe Cottolengo), che lavorarono in Kenya a fianco dei missionari della Consolata per più di 20 anni. Una croce (un tempo di legno) con il nome di suor Giordana rimane nella foresta a pochi chilometri da Tuthu, a perenne memoria della loro presenza e del servizio per la gente.

La loro partenza da Tuthu nel 1909 diede un’ulteriore spinta al processo per la fondazione dell’Istituto delle suore missionarie della Consolata avvenuta nel 1910.

Appena arrivati a Tuthu, i missionari celebrarono la prima messa di ringraziamento, il 29 giugno 1902, ai piedi di un mugumo, albero sacro della tradizione kikuyu. Per ricordare tale evento e proprio sul luogo della celebrazione fu poi costruita la cappella della memoria. La struttura in metallo è adornata da pareti in vetro colorato. A fianco, al posto dell’albero, c’è una stele con una grande croce, su cui è scritta la data di arrivo, i nomi dei quattro missionari e il motto: «Annunceranno la mia gloria alle nazioni» (Is 66, 19). Due portici con i misteri del santo Rosario partono da entrambi i lati della cappella e si estendono lungo la piazza come per accogliere in un abbraccio i pellegrini che visitano quel luogo sacro da cui si è irradiato il dono delle fede.

Il battesimo del chief Karuri e della sua ultima moglie (scelta dopo aver onorevolmente sistemato le altre) con i nomi di Giuseppe e Consolata, suggellò un processo di avvicinamento e reciproca fiducia che con il tempo avrebbe trasformato Tuthu in un centro di irradiazione del cristianesimo in altre regioni fino a raggiungere il Nord del Kenya. Da Murang’a i missionari della Consolata raggiunsero Nyeri, Nanyuki, Isiolo, Meru e, più tardi, Embu. Oggi, la vitalità delle diverse comunità cristiane continua a dare un contributo decisivo alla società attraverso l’educazione, i centri sanitari e molte altre attività di carattere sociale ed economico.

Messa di ringraziamento

Il 2 marzo 2019, dopo 117 anni, la direzione generale celebra l’eucaristia nello stesso luogo. È presente anche padre Luigi Brambilla, attuale parroco del santuario della Consolata di Tuthu da cui sono nate ben altre 31 parrocchie nella sola diocesi di Murang’a.

Il superiore generale, padre Stefano Camerlengo, presiede l’eucarestia e nell’omelia ricorda che «questa è una visita storica, in quanto non capita spesso che la direzione generale al completo si rechi in una regione e tanto meno visiti una nostra comunità locale. Soprattutto perché la missione di Tuthu rappresenta l’inizio della nostra missione in terra africana. Non possiamo, come missionari della Consolata dimenticare questo, perché un popolo senza memoria non può vivere – insiste padre Stefano -. Lo stesso vale per un istituto: la memoria storica è garanzia per il futuro».

Durante l’Eucaristia sono richiamate le diverse situazioni di sofferenza e conflitto dove l’istituto è presente come in Venezuela, nella Repubblica Democratica del Congo e in Costa d’Avorio. Con la mente e la preghiera la direzione generale ricorda tutti i missionari che sono passati da Tuthu e tutti quelli che hanno evangelizzato il Kenya tra i popoli nomadi, i contadini delle campagne e gli abitanti delle città.

«Sotto la croce preghiamo per trovare la forza e il coraggio di reinventare lo stile missionario delle nostre comunità, consapevoli che guardando al passato si costruisce il futuro attraverso uno sforzo quotidiano, convinti che il meglio per il nostro istituto e per la missione deve ancora venire», conclude il padre generale.

L’atmosfera di sacralità che circonda i luoghi della memoria di Tuthu, fa sorgere spontaneamente suggestioni ed emozioni. Il consigliere generale per l’Africa, padre Godfrey Msumange, ricorda che «qui siamo nelle nostre radici. Mi piace immaginare 117 anni fa. Mi metto nella pelle dei primi missionari. Certamente erano decisi, coraggiosi, determinati e pieni di zelo missionario. In mezzo a mille sfide, animati dalla fede e amore di Dio, hanno superato tutto. Quanti sacrifici», esclama baba Godfrey. «Proprio per questo mi piace dire che il loro vero nome è passione missionaria, è amore, è coraggio, è dono. Sì, verso il Signore ma soprattutto verso i fratelli e sorelle desiderosi di conoscere il Signore».

Padre Mino Francesco Vaccari, da tanti anni missionario in Kenya, è arrivato dalla missione di Rumuruti per unirsi alla comunità. In un momento di condivisione, durante la preghiera delle lodi, dal profondo della sua esperienza, con emozione, ci confida che «questo posto è molto importante per l’Istituto e la storia della missione in Kenya, quindi dobbiamo tenerlo come il centro di irradiazione della fede. È la prima volta che incontro tutta la direzione generale riunita così. Sembra di essere al tempo degli Apostoli che erano uniti come in una sola famiglia. Sentire la vicinanza della direzione generale è una benedizione per me e per tutti».

Prendendo lo spunto da quella confidenza, padre Stefano aggiunge che «l’esempio dei primi missionari indica chiaramente che non siamo solo delle comunità per la missione, ma comunità in missione. Siamo strumenti dello Spirito, l’unico che muove i cuori ed è capace di trasformare le persone e la storia. Fare missione è ascoltare il cuore della gente… è trasmettere l’esperienza della tenerezza di Dio e della compassione di Gesù soprattutto a chi è debole e ai margini».

Parole sagge che traggono dall’esperienza di Tuthu insegnamenti per l’oggi della missione. Secondo il consigliere generale per l’Europa, padre Antonio Rovelli, «la memoria non deve diventare un semplice contenitore di ricordi ma, come Tuthu ci insegna, deve essere qualcosa che si custodisce a partire dal futuro. Il ricordo dell’eroismo dei primi missionari deve rivitalizzare la vita dei missionari della Consolata oggi e dare un rinnovato impulso al coraggio e all’entusiasmo per l’evangelizzazione e custodire la memoria di Tuthu significa farci tutti responsabili del nostro passato per gettarci in un movimento proteso in avanti verso altre tappe della missione universale». Al termine della visita, il superiore generale esprime un augurio per tutte le nostre comunità sparse nel mondo: «L’esempio dei primi quattro missionari di Tuthu ci sia di stimolo per reinventare l’arte del vivere insieme attraverso un esodo continuo da sé e i seguenti atteggiamenti fondamentali: l’accoglienza, il dialogo, la fraternità e la corresponsabilità in missione».

L’Istituto nato nel 1901 ai piedi della Madonna Consolata a Torino, in Italia, ha più di cento anni, e rimane fedele al carisma ereditato dal Fondatore, il beato Giuseppe Allamano. Seguendo le orme dei pionieri nella missione di Tuthu, continua a raggiungere nuovi popoli e culture. Prova di questo è l’inizio di una nuova presenza in Madagascar. I missionari dell’Allamano oggi sono 950 dei quali 463 sono africani. Sono presenti in 28 paesi in Africa, America, Asia ed Europa. La Consolata è la protagonista di tutto questo con il suo silenzio, il suo ascolto, la sua donazione.

Jaime Carlos Patias
Consigliere generale per l’America


Tuthu: umile inizio di una grande missione

«E tu Tuthu non sei il più piccolo insignificante villaggio del Kikuyu perché da te è iniziato l’annuncio di salvezza a tante genti…». Sono milioni i cristiani che in Kenya, devono a questo villaggio l’origine della loro fede: dalle zone poco a Nord di Nairobi fino ai confini dell’Etiopia e della Somalia.

Anche un fiume maestoso parte da una sorgente piccola e modesta: è l’inizio, è la nascita.

I cristiani che vengono in visita e in preghiera trovano il luogo ideale: bellezza della natura, tanta pace e silenzio, la bella chiesa, la cappella della memoria, il chiostro del rosario, la grotta di Lourdes, la cappella dell’adorazione. Poi intorno, posti suggestivi nella foresta. Il luogo dove i missionari impiantarono una storica segheria, o il posto del martirio del catechista Aloisio Kamau dove abbiamo eretto una croce a ricordo, meta di pellegrini e preghiere.

Qui storia e geografia si uniscono a fare di Tuthu un posto veramente suggestivo, testimone della grandezza del Fondatore e dei primi missionari.

Non deve succedere che perdiamo questa storia e questa testimonianza. Nelle dovute proporzioni, sarebbe come se Assisi rimanesse senza Francescani! Torino e Tuthu dovrebbero gemellarsi: la radice dell’istituto e la radice delle nostre missioni.

La porta della chiesa

Fu voluta da padre Tommaso Biasizzo che costruì l’attuale chiesa. Si rivolse a fratel Filippo Abbati, autore di altari, porte, tabernacoli intagliati in legno, sparsi in diverse nostre missioni «storiche».

Fratel Filippo chiese a me di disegnargli i «cartoni» con i soggetti suggeriti da padre Biasizzo.

Nel pannello in alto a sinistra sono rappresentati i simboli dei sacrifici kikuyu generalmente offerti sotto un mugumo (un maestoso ficus) considerato albero sacro. Su quello di destra, i simboli della nuova fede: la Croce e la Madonna Consolata.

Nei pannelli di mezzo è rappresentato l’incontro dei missionari, scesi dalle motagne dell’Aberdare, con il capo Karuri wa Gakure. In basso a destra è inciso il logo di quel tempo dei missionari della Consolata e, a sinistra, un simbolo del Kenya.

padre Luigino Brambilla
parroco della parrocchia santuario della Consolata a Tuthu

 

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