Franchezza


È una qualità tipica del cristiano che mi ha sempre affascinato. È sintetizzata nella parola greca parresia che ricorre più di trenta volte nel Nuovo Testamento (soprattutto in Giovanni, Atti degli Apostoli e Lettera agli Ebrei) ed è riferita sia a Gesù che ai suoi discepoli. Letteralmente vuol dire «libertà di dire tutto», con sfumature che vanno dall’imperturbabilità alla sincerità, con il rischio della sfacciataggine e dell’impertinenza e con i pregi della confidenza e della letizia.
Declinata come verbo indica il «parlare apertamente con coraggio» e l’«avere fiducia». Applicata a Gesù vuol dire che lui si esprime, soprattutto con i suoi discepoli, apertamente e senza sottintesi. Mentre gli Atti degli Apostoli presentano continuamente Pietro, Paolo e altri che annunciano con audace franchezza e senza paura le opere di Dio, senza lasciarsi intimorire da opposizioni, minacce, botte e carceri.

A inizio febbraio scorso, abbiamo avuto un assaggio della franchezza cristiana. Papa Francesco, durante il viaggio negli Emirati Arabi Uniti, ha incontrato il mondo islamico ottocento anni dopo l’incontro di san Francesco con il Sultano. Insieme all’imam Ahmad Al-Tayyeb di Al-Azhar, l’università del Cairo che è punto di riferimento per l’Islam sunnita, il papa ha
lanciato un documento di grande umiltà e coraggio che interpella ogni uomo in quanto membro della famiglia umana e cittadino del mondo.

Il documento affronta tutti i temi caldi che fanno soffrire l’umanità di oggi. Fa sue le speranze dei poveri, dei piccoli, degli ultimi, di ogni uomo in quanto uomo. Difende con passione questo nostro mondo minacciato da avidità, inquinamento e guerre. E fa un’operazione essenziale: rimette Dio al centro per aiutare l’uomo a ritrovare la sua identità più profonda e indicargli la modalità «bella»
di relazionarsi agli altri (praticando pace, giustizia, libertà, rispetto, compassione) e al creato (da «giardiniere» e non da padrone).

Il documento restituisce a Dio il suo volto più vero: quello del Dio misericordioso. È un «franco» rifiuto del Dio violento e intollerante dei fondamentalisti, di quello indifferente, pigro e godereccio dei materialisti, di quello tutto precetti, riti e incensi dei tradizionalisti.

«Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la Sua Misericordia -, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere*».

È «in nome di Dio» che «tutti gli esseri umani (sono) uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e (sono) chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace*».

Ed è «in nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere*». Da qui scaturisce la difesa dei «poveri, dei miseri, dei bisognosi e degli emarginati*»; «degli orfani, delle vedove,
dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra
e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna*».

La franchezza di Francesco, capace di riconoscere con umile realismo gli errori della Chiesa e dei cristiani, gli permette di condividere con l’imam affermazioni forti che declinano il vero volto di Dio. Impariamo da Francesco, sia il santo che il papa, la franchezza che ci appartiene come figli e figlie di Dio, un Dio che ha rivelato il suo volto di amore e misericordia nell’incarnazione, passione, morte e risurrezione di Gesù.

Franchezza e Francesco, vengono dalla stessa radice: «franco», il nome di un popolo (quello dei Franchi) orgoglioso della sua libertà. Ma la nostra franchezza/parresia non è frutto di politica e di guerre. È un dono, fa parte della nostra identità profonda: in Gesù noi siamo davvero il popolo dei «Franchi», perchè liberati dalla schiavitù del peccato (che è tutto quello che disumanizza) possiamo vivere la libertà dell’essere figli e figlie di Dio, uomini creati a «sua immagine» e da Lui amati.

Per questo non permettiamo ad alcuno di zittire la nostra coscienza, di manipolarci con paure alimentate ad arte, di farci svendere la nostra umanità con false promesse di sicurezza, benessere
e privilegi. Mors tua vita mea (la tua morte è la mia vita), dice un proverbio. Invece noi diciamo: vita tua vita mea, cioè: «Chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera*».


(*) Citazione dal documento Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, Abu Dhabi – 4 febbraio 2019.

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