Don Vincenzo Molino: Musica e Missione

Ricordando un pioniere del Marsabit

Don Molino con Gabra di Maikona nel 1978

Kenya – Italia | Testo di Lorenzo Tablino |


Appassionato di musica sacra, missionario nel Nord del Kenya per 24 anni, don Vincenzo Molino ha fatto parte del folto gruppo di missionari fidei donum della diocesi di Alba che hanno evangelizzato le aree aride sopra l’Equatore, tra il lago Turkana a Ovest, l’Etiopia a Nord e la Somalia a Est.

Lunedì 9 ottobre 2017 è mancato a Santo Stefano Roero (Cn) don Vincenzo Molino. Aveva 88 anni e dal 1994 era parroco del paese citato. Al funerale, celebrato due giorni dopo, erano presenti due vescovi con i sacerdoti della diocesi di Alba (Cn) e tutta la comunità del piccolo paese del Roero. Oltre a numerosi amici e conoscenti.

Don Vincenzo Molino fu ordinato sacerdote nel 1953, dopo gli studi in teologia presso il seminario diocesano di Alba. Fu curato nella chiesa di San Giovanni in Alba e in seguito parroco a San Giuseppe di Castagnito. Seguì in particolare negli anni del Concilio Vaticano II alcuni gruppi giovanili e diverse cantorie parrocchiali. Appassionato di canto e musica sacra, grazie agli stimoli dei suoi insegnanti di musica, don Boella e canonico Varaldo e all’interessamento del rettore del seminario maggiore mons. Musso, si diplomò in «Organo e Canto Gregoriano» presso la diocesi di Milano.

Ma vorremmo ricordarlo sulle pagine di questa rivista per il suo grande e instancabile impegno missionario (1970-1994). Infatti, con don Bartolomeo Venturino, don Paolo Tablino, don Pietro Pellerino, don Giacomo Tibaldi, don Giovanni Rocca, don Giovanni Asteggiano e don Bartolomeo Rinino ha contribuito, in veste di missionario fidei donum, all’evangelizzazione della desertica regione del Nord Kenya.

Occorre evidenziare che gli anni Sessanta del secolo scorso furono contrassegnati, per la diocesi di Alba, da una grande apertura missionaria. Nel 1958, don Bartolomeo Venturino, primo sacerdote fidei donum di tutta Italia, iniziò la sua attività a Nyeri in Kenya, l’anno seguente lo seguì don PaoloTablino; alla fine degli anni Sessanta i sacerdoti missionari albesi erano presenti in tre missioni nell’esteso territorio del Nord Kenya: a Marsabit (la cittadina sede della diocesi), a Maikona e a North Horr, coprendo un vasto territorio verso il Lago Turkana.

Nel settembre del 1970 si aggiunse don Vincenzo Molino.

L’opera di tutte le missioni cattoliche, nell’esteso e desertico territorio denominato Northern Frontier District, facente parte della diocesi di Marsabit sotto la guida del vescovo mons. Carlo Cavallera, missionario della Consolata, fu orientata su due precise direttive pastorali. Infatti, all’evangelizzazione e all’apostolato si affiancarono subito poliedriche opere a carattere sociale, sanitario e educativo. Inoltre, sin dai primi anni, i nostri missionari studiarono la cultura e le tradizioni del popolo Gabbra, con cui convissero per decenni.

Per tanti motivi: a seguito dei nuovi orientamenti missionari del Concilio Vaticano II, i vescovi africani chiesero a religiosi e laici impegnati in terra africana di percorrere la difficile strada affinché «l’offerta della rivelazione alle culture e religioni indigene non le privasse della loro originalità». In sostanza occorreva conoscere al meglio la complessa società africana, per svolgere una pastorale missionaria attenta e rispettosa dei valori originali delle popolazioni locali.

Missionari fidei donum di Alba in servizio nella diocesi di Marsabit. Da sinistra: don Rocca, don Venturino, don Astegiano, don Tablino e don Molino.

Notevole la mole di studi pubblicati: dal «Dizionario Borana – Italiano» di don Bartolomeo Venturino (1973), al testo «I Gabbra del Kenya» a cura di don Paolo Tablino (1980, Emi, Bologna).

Non sono mancati sussidi e testi a carattere pastorale, religioso e musicale. Su questi ultimi è stato determinante l’apporto di don Vincenzo Molino. Sin dai primi anni Settanta, nelle missioni diocesane albesi di Marsabit e Maikona, studiò a lungo i canti che accompagnavano le danze tribali delle popolazioni Gabbra, Borana e Rendille. In seguito rielaborò e trascrisse molti canti – sia quelli classici in latino che quelli nuovi in kiswahili – nella lingua locale.

Nella lingua borana «Sirba» significa contemporaneamente canto e danza. Ambedue fanno parte delle tradizioni ancestrali delle popolazioni nomadi del Nord Kenya. Infatti, i Gabbra cantano in molte occasioni: tirando su l’acqua dai pozzi, accompagnando i cammelli nel recinto, attorno allo sposo in attesa che arrivi la sposa, nel ricordare fatti di guerra del passato. Ogni occasione è buona.

Santa messa nella cappella di lastre zincate di Marsabit nel 1970.

Don Molino, dopo avere ascoltato a lungo le melodie tribali africane, cercò di inserire in esse parole o frasi prese dalla liturgia cattolica, ovviamente nella lingua locale.

Compito non facile: non sempre le regole della composizione musicale lo permettevano, ma in alcuni casi i suoi sforzi e la sua determinazione portarono a ottimi risultati per una nuova e rinnovata liturgia nelle chiese di tutto il Nord Kenya.

Alcuni esempi tratti da un testo in archivio al Centro missionario diocesano di Alba: «Una gioia immensa per i primi nove battesimi di adulti nel deserto di Maikona con il nuovissimo canto di resurrezione “Alleluia, Alleluia, gioia, lui è morto, lui è risorto e noi siamo testimoni”.

Una ragazza di Marsabit tornando da scuola ci ha portato una nuova melodia (in lingua kiswahili, ndr) per la notte di Natale: Tukufu, tukufu, kwa Mungu juu (Gloria, gloria a Dio nell’alto). L’hanno cantata tre volte per la pura gioia di cantarla. L’indomani lo cantavano al mercato e in varie botteghe. Penso lo cantassero anche nella… moschea».

Lorenzo Tablino

Si ringrazia don Gino Chiesa, direttore del Centro missionario della diocesi di Alba, per l’aiuto fornito.

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