Questo Brasile non è un buon esempio

Presidente Michel Temer (Foto: Beto Barata/PR)

di Paolo Moiola |


Esaltato o vituperato, anche in Brasile si è chiuso il Carnevale 2018. Assieme al calcio, esso rappresenta la religione laica del paese. È una festa collettiva che esalta la voglia di vivere e divertirsi dei brasiliani, soprattutto di quelli delle classi più popolari. Ma il Carnevale è anche una rappresentazione tangibile di quello che gli antichi definivano «panem et circenses». Il Brasile vive infatti un periodo storico tra i più travagliati e pericolosi della sua storia recente. Il paese del futuro, del miracolo economico stenta a uscire da una recessione durata due anni (2015-2016).

Accanto alle problematiche economiche ci sono poi quelle della violenza, della corruzione e di una crisi politica che pare interminabile. Questioni ancora più difficili da risolvere perché non legate a cicli storici (com’è per l’economia), ma connaturate nel Dna del paese.

Sulla violenza è sufficiente una cifra: 786.870 persone sono state assassinate in Brasile tra gennaio del 2001 e dicembre del 2015, secondo dati ufficiali del ministero della Salute. In pratica, un omicidio ogni 10 minuti («A guerra do Brasil», O Globo).

Quanto alla crisi politica, essa è legata a doppio filo al cancro della corruzione, diffusa a ogni livello istituzionale ed economico. L’elenco è lungo: Mensalão (compravendita di voti parlamentari), Lava Jato (corruzione centrata su Petrobras, il gigante petrolifero nazionale), Carne Fraca (vendita di carne avariata da parte dei maggiori produttori ed esportatori brasiliani) e, da ultimo, la corruzione più grande, ramificata e internazionale di tutte, quello scandalo Odebrecht (la prima impresa di costruzioni del paese), che ha messo in guai seri anche i governi di molti paesi latinoamericani.

L’attuale presidente brasiliano Michel Temer, subentrato a Dilma Rousseff dopo un golpe parlamentare (agosto 2016), è finora riuscito a evitare di essere processato per varie accuse di corruzione.

Nel frattempo, lo scorso 24 gennaio 2018, un tribunale di Porto Alegre ha condannato in secondo grado l’ex presidente Lula (che ben governò il Brasile dal 2003 al 2010) a 12 anni e un mese di reclusione per corruzione. Le prove a carico del fondatore del Partito dei lavoratori (Pt) sono meramente indiziarie. Lula è nettamente in testa a tutti i sondaggi per le elezioni presidenziali dell’ottobre 2018. Ma non è affatto sicuro che potrà candidarsi.

Paolo Moiola

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