Negli ultimi 5 anni 89 milioni di persone nel mondo hanno subito una qualche forma di schiavitù. Nel solo 2016 sono stati 40 milioni: 25 per lavoro forzato, 15 per matrimoni forzati. Una persona ogni 185. Il 51% donne, il 20% bambine il 21% uomini, l’8% bambini. Il solo lavoro forzato genera un giro di denaro di 150 miliardi di dollari l’anno. E il contrasto non sembra efficace.
La tratta di esseri umani (in inglese trafficking in human beings) è stata definita nel 2000 dalle Nazioni Unite come «reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere persone, tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere […] a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi. […] Il reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere un bambino ai fini di sfruttamento sono considerati “tratta di persone” anche se non comportano l’utilizzo di nessuno dei mezzi [descritti sopra]»1.
Leggere dietro i dati
Secondo le ultime stime dell’Oil2 (Organizzazione internazionale del lavoro), nel 2016 circa 40,3 milioni di uomini, donne e bambini di ogni parte del globo sono stati vittime di una qualche forma di schiavitù: sfruttati o costretti a sposarsi sotto minacce, violenze, coercizioni, inganni, abusi di potere. Di essi, erano 15,4 milioni le vittime di matrimoni forzati (il 37% minorenni), e 24,9 milioni le vittime di lavoro forzato (il 71% di sesso femminile, vedi box per maggiori dettagli). Nel mondo, nel 2016, erano 151,6 milioni i minori lavoratori (tra i 5 e i 17 anni).
Le cifre sono grosse, ma lette in un report dell’Oil rischiano di rimanere inerti. Diventa un esercizio assai utile allora provare a guardare dietro e dentro i dati per comprendere l’urgenza con cui l’umanità deve prendersi carico della situazione per tentare una risoluzione.
Il libro di Anna Pozzi, Mercanti di Schiavi, cerca di farlo. Snocciolando una quantità enorme di altri dati e informazioni, presenta situazioni di paesi concreti, racconta storie di persone, vittime o attiviste, e l’operato di gruppi e associazioni che in tutto il mondo lottano perché la schiavitù venga affrontata e debellata.
Dal mondo all’Italia
Diviso in tre parti, il volume accompagna il lettore in un itinerario che inizia da uno sguardo generale sul fenomeno, prosegue con l’approfondimento delle diverse forme di schiavismo presenti nel mondo e si conclude con un approfondimento sulla situazione italiana.
Nella prima parte, infatti, Anna Pozzi, offre al lettore uno sguardo complessimo con una rassegna globale delle forme dello schiavismo contemporaneo, i numeri del fenomeno, le sue cause e le azioni – spesso fallimentari – che, a livello di istituzioni internazionali, si sta cercando di sviluppare per contrastarlo. Nella seconda ci presenta alcuni approfondimenti tematici: la schiavitù come sfruttamento sessuale, la piaga del lavoro minorile, le spose bambine, la tratta e il traffico di persone legati alle migrazioni, il mercato delle gravidanze; ma anche alcuni approfondimenti legati a specifiche aree del pianeta: il Brasile, il Medio Oriente, l’Africa, l’Asia. La terza parte punta l’obiettivo sulla nostra Italia, a dimostrazione del fatto che «praticamente nessun paese è immune da questo fenomeno». La produzione dei pomodori, ma anche quella di frutta e di uva da vino, lo sfruttamento della prostituzione, il lavoro schiavo nel campo del tessile, il caso delle nigeriane e quello dei minori stranieri non accompagnati che «spariscono».
Far crescere la consapevolezza
Anna Pozzi affronta il vasto mondo della tratta e dello sfruttamento con lo stile giornalistico che la contraddistingue3. Descrive il fenomeno, lo racconta attraverso i dati, la narrazione di singoli casi, ma anche attraverso il racconto di quali sono le strategie, purtroppo spesso inefficaci, di istituzioni come l’Onu, l’Ue, la Corte penale internazionale, gli organi dei singoli paesi. Tra le pagine più belle ci sono quelle in cui l’autrice presenta le azioni concrete messe in campo da alcuni dei tanti uomini e donne che si battono in tutto il mondo su questo tema. Ecco allora emergere alcune figure come padre Mussie Zerai, la suora comboniana Azezet in Israele, il premio Nobel per la pace Kailash Satyarthi che ha liberato 80mila piccoli schiavi in India e in altri paesi. Nel libro si parla anche dell’impegno di papa Francesco, ad esempio istituendo la prima giornata mondiale ecclesiale contro la tratta di persone l’8 febbraio 2015.
Il bilancio che viene fuori dal libro non sembra essere molto positivo, nonostante le molte iniziative dal basso e le dichiarazioni di leader mondiali. Più volte Anna Pozzi afferma, infatti, che sembra non esserci ancora una reale presa di coscienza della gravità di questa piaga. Tra i molti dati che offre c’è, ad esempio, quello che parla di un altissimo livello d’impunità, anche in Italia, quello che indica un aumento del numero di minori coinvolti, quello che ci parla di una grande adattabilità delle organizzazioni criminali al mutamento delle situazioni, oppure quello che dà a noi italiani il primato nel turismo sessuale.
Immaginiamo che sia proprio da questo quadro poco positivo che ha preso le mosse il lavoro di approfondimento e denuncia di Anna Pozzi, allo scopo di costruire una maggiore consapevolezza da parte di tutti su una problematica solo apparentemente lontana.
Luca Lorusso
Note:
-
Dall’articolo 3 del Protocollo addizionale sulla tratta del 2000, uno dei tre Protocolli addizionali alla Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine transnazionale organizzato.
- Il rapporto Global estimates of modern slavery. Forced labour and forced marriage (Stime globali della schiavitù moderna: lavoro forzato e matrimonio forzato) pubblicato a settembre 2017 dall’Oil e da Walk Free Foundation in collaborazione con l’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni). Una bella presentazione si trova su http://www.alliance87.org/2017ge
- È giornalista e scrittrice, lavora per «Mondo e Missione», la rivista del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere), ha realizzato diverse iniziative per parlare del problema della schiavitù, anche in collaborazione con suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata molto attiva su questo fronte, e tra le altre cose ha anche fondato un’associazione dal nome «Slaves no more».
Il libro
Anna Pozzi, Mercanti di schiavi. Tratta e sfruttamento nel XXI secolo,
San Paolo, Milano 2016, 215 pagine, 14,50 Euro.
Dati su
Matrimoni e lavoro forzato
- 15,4 milioni di vittime di matrimoni forzati
Il 63% ha contratto il matrimonio in età adulta (tra essi, il 77% è donna). Il 37% ha subito il matrimonio da minorenne (tra loro è femmina il 96% e il 44% aveva meno di 15 anni). La più giovane vittima registrata dall’Oil aveva 9 anni al momento del matrimonio. In totale, l’84% delle vittime è di sesso femminile. - 24,9 milioni di vittime di lavoro forzato
Il 71% è donna o bambina. In totale, una vittima su quattro è minorenne (il 25%).
Il lavoro forzato viene distinto in tre tipologie:- 1- Il lavoro forzato presso privati che conta 16 milioni di vittime nel 2016. Di questi, il 59% sono di sesso femminile, l’81% adulti, il 19% minorenni.
- Le vittime di questa forma di schiavitù ritrovano la libertà in media dopo 20,5 mesi. Sul totale, il 24,3% è impiegata in lavori domestici, il 18,2% nell’edilizia, il 15,1% nell’industria; l’11,3% nell’agricoltura e nella pesca, il 9,5% in alberghi e ristorazione, il 9,2% nel commercio all’ingrosso, il 6,8% nei servizi personali, il 4% nelle miniere, l’1,6% nell’accattonaggio e in altro.
- 2- Il lavoro forzato imposto dalle autorità statali che conta 4,1 milioni di persone. Di queste, alcune lavorano per anni, molte per poche settimane.
- 3- Lo sfruttamento sessuale forzato che coinvolge 4,8 milioni di vittime. Tenute, in media, per 23,4 mesi nella loro situazione, la stragrande maggioranza (99,4%) sono donne e ragazze. I minori rappresentano il 21,3% del totale.
- Il tasso di schiavitù per area del mondo
Altro dato interessante e il tasso di schiavitù per aree geografiche: il più alto è in Africa, con 7,6 vittime ogni 1.000 persone. Il secondo nell’area Asia meridionale e Pacifico, con il 6,1 per mille, il terzo in Europa e Asia centrale, con il 3,9 per mille, il quarto negli stati arabi, con il 3,3 per mille e infine nelle Americhe con 1,9 vittime ogni mille persone.
L.L.
La collana «#VoltiDiSperanza»
delle edizioni Velar / Marna
Diari dal Sud
Piccoli libri dai quali emergono volti e storie di persone incontrate dall’autore in diversi luoghi del mondo. Racconti di viaggio per ricordare situazioni drammatiche su cui porre attenzione: dalle violenze dell’Isis in Iraq a quelle di Al-Shabaab a Garissa, in Kenya del Nord, dalla guerra silenziosa nel cuore del Messico, alla violazione dei diritti umani nel carcere di Challapalca in Perù.
È la voce di don Luigi Ginami quella che attraversa le pagine dei volumetti editi a partire da dicembre 2016 dalle edizioni Velar Marna. Una voce che racconta, nello stile semplice e diretto dei diari di viaggio, paesi e situazioni di cui è bene non perdere il ricordo.
Sacerdote della diocesi di Bergamo e presidente della Fondazione Santina Onlus, don Luigi parte almeno due volte all’anno per un luogo diverso allo scopo di incontrare le comunità aiutate dalla sua associazione. Da ogni racconto di viaggio emergono volti e storie di persone. E sono proprio alcune di queste a dare il titolo a ciascuno dei volumetti: Nasren, ad esempio, è una ragazzina yazida conosciuta nel campo profughi Dawidiya, a 70 km da Mosul, in Iraq, affetta da «Disturbo post traumatico da stress» causato dall’incontro con gli uomini del Califfato nero nell’agosto del 2014, quando aveva 11 anni. Janet Akinyi, giovane donna di 22 anni, che don Luigi non ha incontrato perché assassinata il 2 aprile 2015 nell’università di Garissa, in Kenya, assieme ad altri 147 studenti, da un commando di al-Shabaab. Padre Dominic, sacerdote vietnamita che ha subito la prigionia durante il regime comunista nel suo paese.
Il ricavato della vendita dei volumi andrà ai progetti della Fondazione Santina, in favore delle realtà raccontate.