Rohingya
Preg. P. Gigi,
vorrei condividere alcune riflessioni sul dossier sui Rohingya che mi aveva gentilmente mandato. Il testo è buono anche se non aggiornato, per questioni di tempo, alla seduta del Tribunale dei Popoli che ha avuto luogo il 6-7 marzo 2017 a Londra. C’è però un punto su cui ho avuto qualche perplessità. L’articolista sembra essere incorso in un’ingenuità quando riferisce un’opinione secondo cui la situazione di questa popolazione sembra più difficile ora che non sotto la dittatura. Ma è chiaro che sotto la dittatura tutti erano compressi e bloccati e nessuno poteva fare ascoltare le proprie ragioni, né questo popolo né nessun altro gruppo o persona perseguitati, ma questo non vuol dire che «si stava meglio quando si stava peggio», facile slogan qualunquista e filofascista. Io sono sempre convinta che Aung San Suu Kyi sia una persona straordinaria e piena di buoni propositi, ma questioni così antiche e complesse hanno bisogno comunque di un tempo un po’ disteso per la loro risoluzione. Quindi segnalare e sollecitare va bene, ma condannare no. Forse l’autore non voleva dire questo, ma la forma usata induce un po’ a pensarlo e mi sembra perlomeno un’ingenuità. Cordiali saluti. Grazie,
Maria Rosaria Salvini
26/07/2017
Abbiamo passato la email a Piergiorgio Pescali per un suo commento.
Nel mio lungo dossier (e soprattutto nei documenti, interviste, libri elencati come riferimenti alla fine del dossier e che ne sono l’ossatura) delle mancanze di Aung San Suu Kyi (Assk) si è parlato ben poco. Anzi, direi quasi nulla rispetto a quello che avrei dovuto fare. E volutamente, proprio perché si è voluto lasciare spazio alla comprensione della complicata vicenda dei Rohingya che ha le sue radici nella colonizzazione britannica, è scoppiata durante la Seconda Guerra Mondiale con la lotta tra britannici (appoggiati dalle etnie non bamar) e giapponesi (appoggiati dal governo di Aung San e dai Bamar [Birmani]), per divampare negli anni Settanta, durante la giunta militare.
Se c’è stata «ingenuità», allora sono in buona compagnia, perché della stessa ingenuità si sono «macchiati» Muhammad Yunus, Josè Ramos Horta, Shirin Ebadi, Desmund Tutu, Malala Yousafzai, Emma Bonino, Oscar Arias, lo stesso Ufficio di Diritti Umani delle Nazioni Unite, l’Ufficio di Coordinamento degli Affari Umanitari (Unocha), l’Unicef e molte altre singole persone e agenzie umanitarie che hanno chiesto (inutilmente) ad Assk di condannare «senza se e senza ma» le violenze di cui sono vittime i Rohingya e di mostrare (inutilmente) la volontà del governo di risolvere il problema non solo dei musulmani, ma delle decine di etnie che costellano il paese. Hanno peccato di ingenuità anche quelle persone che per anni hanno sostenuto Aung San Suu Kyi ed oggi si ritrovano inevitabilmente delusi a criticare il suo operato. Famosa l’intervista (proprio sui Rohingya) della Bbc (una delle emittenti che più hanno appoggiato la Lady durante il periodo di prigionia) in cui la stessa Assk ad un certo punto è sbottata dicendo che nessuno l’aveva avvisata che l’intervistatrice, troppo precisa nell’elencare le mancanze del governo, era musulmana. Già, perché la signora Assk, dopo aver tanto predicato contro il regime militare, oggi si trova a giocare dalla stessa parte del Tatmadaw (l’esercito birmano), negando i diritti ai lavoratori, negando le terre ai contadini di Monywa, negando ai Kachin il diritto all’autodeterminazione e giustificando le rappresaglie dell’esercito. Tutto in nome di una identità unitaria del paese.
Ho iniziato a frequentare il Myanmar nel 1988, quando ancora si chiamava Birmania. Ero presente al primo comizio pubblico di Assk e ho incontrato la Lady diverse volte prima, durante e dopo gli arresti domiciliari, quando in Occidente era una perfetta sconosciuta. Ho incontrato Michel Aris, il marito, il primo figlio Alexander e i numerosi professori con cui Assk ha lavorato ad Oxford. La figura che ne ho tratto è molto diversa dall’ Assk edulcorata e iconica propinata dal film agiografico di Luc Besson, forse per via degli astii e dei rancori che si erano instaurati tra queste figure e Assk. La sua miopia politica è sempre stata evidente, ma è stata celata da validi collaboratori (oggi purtroppo morti o troppo anziani) e dal fatto che, dalla sua casa – in cui era agli arresti domiciliari -, poteva criticare (anzi, per usare un termine più adatto, «condannare») senza dover dimostrare le sue capacità di governo. Ma quando si è trovata a dover affrontare i problemi che lei stessa, con ingenuità, denunciando, aveva detto che avrebbe risolto, ecco che è crollata perdendo consensi.
Assk ha accentrato su di sé tutte le cariche più importanti del governo, anche quelle che permettono di interloquire direttamente sul problema dei Rohingya (Assk è ministro degli Esteri, primo ministro, Consigliere di Stato, presidente del Comitato Centrale di pace nel Rakine, presidente del Comitato Unione e Dialogo, ministro dell’Ufficio del Presidente).
Sono stato espulso dal Myanmar di Than Shwe; diverse volte mi sono stati sequestrati appunti, fotografie, macchine fotografiche, registrazioni. Non sarò certo io, quindi, a chiedere il ritorno al regime militare, ma di fronte a quanto sta avvenendo non basta «segnalare», occorre anche «condannare» quello che è contro giustizia e democrazia.
Piergiorgio Pescali
09/08/2017
Trasparenza
Gentile direttore,
la lettera «Sorpresa e tristezza» (MC 7/2017 p.7) merita qualche ulteriore riflessione. Nessuno nega la possibilità, anche all’interno di una stimata congregazione come quella dei MC, che esistano mele marce. Succede nelle migliori famiglie […]. L’interesse delle rimanenti mele buone dovrebbe però essere quello di evitare che in futuro possano accadere fenomeni fraudolenti, e questo solitamente nelle diocesi e negli ordini religiosi non accade. Una gestione più trasparente dei beni mobili e immobili di proprietà sarebbe un valido antidoto. Se per esempio venisse rispettata la legge che impone di pubblicare i bilanci, e quindi rendere conto di come vengono amministrati i beni e quale provenienza abbiano, sarebbe sicuramente più difficile per i malintenzionati, interni ed esterni agli enti, agire in modo fraudolento.
La fondazione Missioni Consolata Onlus pubblica già da anni i bilanci, ma non evidenzia le proprietà e nulla viene riportato riguardo il loro utilizzo, anche se nella stragrande maggioranza dei casi queste informazioni non farebbero che aumentare il grado di soddisfazione in chi, riponendo in voi fiducia, vi affida donazioni e lasciti. L’ente cui lei appartiene è già innovativo: è abitudine infatti della maggior parte degli enti religiosi cattolici di nascondere ogni dato relativo, nonostante la Cei imponga da anni di redigere un bilancio anche alla più sperduta parrocchia, fino a quando l’ennesimo scandalo li obbliga a difendersi da accuse fondate urlando al complotto.
Gli amici protestanti su questo argomento sono avanti anni luce e vengono ripagati dall’opinione pubblica con un 8 per mille decuplicato rispetto al numero di fedeli. MC dovrebbe farsi promotore all’interno del mondo cattolico torinese, magari in compagnia dei Camilliani che hanno recentemente subito analoghe vicissitudini, di una campagna perlomeno torinese che invochi più trasparenza nelle gestioni economiche. Sono sicuro che troverebbe numerosi compagni di viaggio. Con sincero affetto,
Paolo Macina, Torino
04/07/2017
Caro Sig. Paolo,
concordo pienamente con lei sulla necessità della trasparenza, anche se ritengo che per essere davvero tale debba essere molto di più che un fatto legale o di pubbliche relazioni. Trasparenza si sposa anzitutto con giustizia, con onestà, con gratuità, con servizio e, per noi missionari e religiosi, con povertà. Per una vera trasparenza non basta certo aumentare o inasprire le leggi (dello stato, con 75mila leggi e 160mila norme varie), i canoni (del diritto Canonico, 1.752) o le normative (delle Costituzioni e Direttori di Diocesi e Istituti religiosi).
È una realtà che abbiamo sperimentato anche durante il nostro recente Capitolo generale: abbiamo una caterva di normative, documenti, direttorii, regolamenti, ma senza una profonda conversione personale, una vera passione per Gesù Cristo che diventa imitazione del suo stile di vita, tutto rischia di restare lettera morta. Grazie quindi della sua email, che esprime una preoccupazione che va ben oltre la nostra piccola realtà e coinvolge tutta la Chiesa.
Avevo preparato una lunga e articolata risposta, poi l’ho messa da parte perché troppo lunga per queste pagine. Ho fatto qualche ricerca e non mi risulta che esista una normativa precisa che impone agli enti religiosi di pubblicare i bilanci. Ci sono però tre punti chiave che tutti i documenti della Chiesa sottolineano: trasparenza, legalità e chiarezza. Fossero sempre applicati, avremmo risolto molti problemi.
Concludo con una mia considerazione. Gesù dice che dobbiamo valutare «dai frutti». Noi missionari della Consolata, e tutti gli altri missionari, non siamo un’organizzazione segreta di stampo mafioso o massonico, agiamo (e facciamo anche sbagli) alla luce del sole. Giudicateci dalle nostre opere.
In questi giorni di ferragosto abbiamo appena sepolto un missionario che in vita sua (50 anni di messa celebrati lo scorso anno) ha perso il conto di quanti milioni di lire (e forse di euro) ha maneggiato per aiutare i poveri e dare la possibilità a tantissimi bambini (quanti? non credo abbia mai tenuto il conto) di andare a scuola in Kenya, in Colombia e in Ecuador e costruirsi così un futuro diverso. Padre Giuseppe Ramponi è uno dei tanti Missionari della Consolata, l’810°, che ha dato tutto per amore, anche se ha fatto i suoi sbagli. La sua ricchezza e la sua debolezza? L’amore per i bambini poveri dell’Ecuador per i quali «rompeva» tutti, affidati ora al buon cuore dei suoi tanti amici.
Preghiera per ringraziare
Egregio sacerdote don Paolo Farinella,
sono particolarmente interessato alla sua rubrica «Non sappiamo pregare». Ogni sera dedico ore cercando di interpretare per un rinnovo della mia coscienza, un modo nuovo per ringraziare il Signore per quanto mi ha concesso nell’arco della mia vita: 83 anni. Purtroppo debbo rinunciare a malincuore, causa la mia scarsa preparazione teologica. Sono credente e praticante, apro e chiudo la giornata ringraziando il Signore, come mi ha insegnato la mia cara mamma. Le chiedo umilmente scusa per quanto espresso.
Domenico Musso
Rivoli, 20/07/2017
Risponde don Paolo.
Carissimo Domenico, il suo modo di pregare altro non è che l’Eucaristia: ringraziare. È il vertice della preghiera cristiana. È vero che noi non sappiamo pregare (lo dice san Paolo!), ma è anche vero che lo Spirito Santo agisce in noi «sia che dormiamo sia che vegliamo» (sempre lo stesso san Paolo!). Mi permetta un piccolo suggerimento: non si accanisca più nel dedicare ore nell’interpretazione, si abbandoni soltanto, chiuda gli occhi e dica con san Tommaso, l’apostolo birichino: «Mio Signore e mio Dio». Il resto è in più. Pregare non è consumarsi nella ricerca, ma nell’imparare a «vedere Dio» con gli occhi del cuore. Lei è figlio, Dio Padre l’ama come è e non pretende nulla di più, perché lui è abituato a prendersi tutto con dolcezza e tenerezza: «Signore, non ho niente da darti, solo me stesso, prendimi così perché ti cerco con la stessa sete della cerva. Mi basta sapere che tu ci sei. Grazie e buon giorno… buona notte, Signore!». Un caro saluto affettuoso e grazie per la sua bella lettera.
Don Paolo Farinella
11/08/2017
Di pecorelle «buone» e altro ancora
Cari missionari,
ho ricevuto il numero di giugno [di MC, ed è] stata una gradita sorpresa, [vedere che] avete preso sul serio certe argomentazioni che non sono solo mie. Vorrei fare però delle precisazioni, [cominciando dal] titolo [perché] non intendevo discutere se siate o no ancora cattolici. Un giudizio temerario.
Titolo. Io intendevo enfatizzare che la rivista si occupa sempre più di cose collaterali. Le pagine più direttamente di formazione sono quelle di don Farinella che io poi ho criticato e ora aggiungo anche che non possono essere rivolte a tutti. Anzi lo sono, ma spesso sono o troppo difficili, o troppo provocatorie o troppo e solo per le pecorelle smarrite, troppo poco per quelle che non vorrebbero smarrirsi e per le quali ci sono sempre e solo rimproveri. Se però la scelta editoriale è questa lo si può dire, così si fa meno confusione. Però mi chiedo «chi si occupa delle pecorelle non smarrite?». In teoria sono 99 su 100, sappiamo che ora sono molte meno. Fa bene il pastore a inseguire quelle smarrite ma a me sembra che tanti pastori più che altro si occupino di rompere la staccionata e poi dicono, essendo noi ormai adulti, che non c’è né dentro né fuori (anzi guai a parlare di dentro e fuori, si è divisivi, scandalo) e le pecorelle «buone» devono con il dialogo convincere quelle altre. Anzi ormai siamo andati oltre e il dialogo non è più un mezzo ma il fine. Bisogna rimanere in dialogo, una sorta di stallo e se uno si convince, indurlo al dubbio che magari è meglio non convertirsi. Gesù però parlava di dentro e fuori, non è venuto a portare la pace, anzi la spada, era divisivo e ci ha indicato come esempio i bambini che credono con fiducia perché ha parlato la mamma e non gli adulti che discutono sempre tutto per partito preso. Mi scusi ma anche questa cosa dei cristiani adulti non mi va bene. Faccio un discorso fondamentalmente logico. Io credo che quelli che si definiscono come cristiani adulti intendano dire che hanno prima, diciamo, sentito il messaggio cristiano, l’hanno sottoposto a critica, girato e rigirato, hanno voluto fare come Tommaso e mettere il dito nella piaga, e poi e solo poi hanno accolto il messaggio. Ed è una cosa meritevole ma rimane il fatto che Gesù ama Tommaso ma «consiglia» di non fare come lui. L’esempio che indica è quello dei bambini e di quelli che credono senza mettere il dito nella piaga.
Fintanto che non si spiega in modo convincente quanto tutta questa pastorale creativa di questi cristiani adulti si accorda con gli insegnamenti di Gesù si fa una gran confusione, anzi purtroppo è già stata fatta, e quindi si fa un danno alla Chiesa. Io credo che faccia cosa buona il cristiano che non dice di essere adulto così si evita almeno la confusione. Di tutto c’è bisogno tranne che di ulteriore confusione.
[…] Ribadisco i complimenti per l’ottimo articolo riguardo alla Siria e tutta l’informazione che fate riguardo il Medio Oriente che dovrebbe passare sui telegiornali e senza la quale si ha una immagine distorta della situazione. Cordiali saluti
Andrea Sari
10/07/2017
Caro Sig. Andrea,
come le ho scritto personalmente, ho tagliato la sua email che avrebbe occupato da sola non tre, ma ben quattro pagine. Cercherò di pubblicarne altre parti nei prossimi numeri. Per quanto riguarda il titolo, ha ragione. Sono caduto nella trappola di voler attirare l’attenzione a tutti i costi. Come quel titolo di prima pagina letto in questi giorni su un quotidiano: «Sala giochi in chiesa». Che? Hanno messo i videogames o le slot machine? No, solo un angolo dove i bambini possono giocare in pace.
A risentirci. Intanto lascio ai nostri amici lettori dire la loro sulle pecorelle non smarrite. Ogni bene a lei.
Preghiera e missione
Caro Direttore,
allego una preghiera ispirata dal Messaggio di Papa Francesco per la prossima 91a Giornata Missionaria Mondiale.
La missione al cuore della fede cristiana.
O Signore nostro Gesù Cristo crocifisso e glorioso,
Radunati attorno a Te, apostolo del Padre, continuamente ci riscopriamo Tuoi discepoli-missionari, accogliendo con intima gioia il Tuo invito ad annunciare il Vangelo dell’amore. Il fondamento della missione della Tua Chiesa, di cui siamo membra vive, è la forza trasformatrice del Tuo Vangelo, che è la Tua stessa Persona. Nutrendoci con la Tua Parola, che è Spirito e vita, riceviamo luce per seguirti con fiducia e coraggio, riconoscendoti nostra Via e indicandoti ai nostri fratelli.
Alla Tua scuola sperimentiamo che sei la Verità che ci rende liberi da ogni egoismo, ricevendo la Tua Vita. In ubbidienza al Padre Tuo e nostro, desideriamo imitarti, lasciandoci trasformare dallo Spirito Santo perché la nostra vita sia culto, proclamazione e irradiazione di Te, che continuamente ti fai carne in ogni situazione umana.
Tu mediante la missione della Tua Chiesa – tempo provvidenziale della salvezza nella storia – continui a evangelizzare e agire, diventando nostro contemporaneo, affinché chi ti accoglie con fede umile e carità operosa sperimenti il potere trasformante del Tuo Spirito vivificante, che rende fecondo il cuore e il creato, come fa la pioggia con la terra.
La Tua Pasqua è energia vitale che rinnova il mondo, facendo germogliare la risurrezione dove tutto sembra che sia morto. Chi si apre al Tuo Vangelo, si scopre gioiosamente chiamato a partecipare al mistero della Tua passione, morte e risurrezione.
Mediante il Battesimo liberi gli uomini dal dominio del peccato e della morte, facendoli rinascere come nuove creature dall’acqua e dallo Spirito. Mediante la Cresima effondi il sigillo del Tuo Santo Spirito, che fortifica i battezzati indicando loro itinerari e metodi nuovi di testimonianza e di vicinanza al prossimo. Mediante l’Eucaristia, farmaco d’immortalità, Ti fai Pane del cammino per continuare attraverso di noi, Tuo Corpo e Tua Sposa, la Tua missione di Buon Samaritano, curando le ferite dell’umanità dolorante, e di Buon Pastore, cercando appassionatamente chi si è smarrito per sentieri contorti e senza meta.
Divino Maestro, benedici in particolare i giovani perché siano viandanti della fede, felici di portarti in ogni strada, in ogni piazza, in ogni angolo della terra, vivendo la loro responsabilità missionaria con immaginazione e creatività.
Signore della Chiesa, suscita in ogni comunità cristiana il desiderio di uscire dai propri confini e dalle proprie sicurezze per raggiungere le periferie esistenziali e geografiche bisognose del Tuo Vangelo. Fa’ crescere in tutti noi un cuore missionario, perché rispondiamo alle vaste necessità dell’evangelizzazione con la preghiera, con la testimonianza della vita e con la comunione dei beni.
Maria, Madre dell’evangelizzazione, che – mossa dallo Spirito – hai accolto il Verbo della vita con umile fede, aiutaci a dire il nostro «eccomi» per collaborare a far risuonare nel nostro tempo il Vangelo della vita che vince la morte, perché a tutti giunga il dono della salvezza.
Lode, onore e gloria Te, Gesù Signore, il primo e il più grande evangelizzatore. Amen. Alleluia!
Don Francesco Dell’Orco
Bisceglie, 06/06/2017