Allamano: L’impronta di Maria
Scriveva uno dei biografi dell’Allamano, nostro Fondatore: «Se alla morte si fosse aperto il suo cuore, vi si sarebbero trovate incise due parole, Consolata e Missioni», i suoi grandi amori, come i due polmoni che diedero il respiro all’intera sua esistenza. Dando inizio a due famiglie missionarie, il Fondatore volle che fossero plasmate dall’impronta di Colei che lui chiamava, con affetto filiale, la «cara» Consolata e di cui si definiva il segretario, «il tesoriere». Non è possibile, allora, parlare dell’Allamano, capirne la spiritualità, stupirsi della sua intensa attività, senza tenere conto della Madonna che per lui era semplicemente… la Consolata. Parlando un giorno ai suoi missionari, gli scappò di dire: «Che volete… È una devozione che va al cuore. Se dovessi fare la storia delle consolazioni ricevute dalla Madonna in questi quarant’anni che sono al santuario, direi che sono quarant’anni di consolazione».
La Consolata fu dunque per lui una presenza dolce e materna che l’accompagnò in tutti i momenti della sua vita: mentre si preparava a diventare sacerdote e perse la sua amatissima mamma; negli anni in cui fu rettore del più famoso santuario di Torino; ma soprattutto quando, aprendo la sua chiesa locale alla Missione in Africa, diede ai suoi figli e figlie, come obiettivo di vita quello di diffondere «la gloria di Maria alle genti», questa donna eccezionale, diventata per l’occasione anche «fondatrice»: «Non è infatti la SS. Vergine, sotto questo titolo, la nostra Madre e non siamo noi i suoi figli? Sì, nostra Madre tenerissima, che ci ama come la pupilla dei suoi occhi, che ideò il nostro Istituto, lo sostenne in tutti questi anni… La vera Fondatrice è la Madonna!».
La Consolata, da lui amata, invocata e annunciata, oltre che modello di vita consacrata per la Missione, diventò così Consolatrice, la Madonna missionaria che, con lo slancio dei discepoli missionari, donne e uomini di Vangelo, cammina sui sentieri dei continenti, visita le case dei poveri, entra nel cuore dei popoli come segno di speranza e di consolazione.
E fu con il suo nome sulle labbra e nel cuore che i missionari aprirono nel Kikuyu (Kenya) il primo campo di apostolato dell’Istituto; fu alla Consolata che dedicarono la prima stazione di Tusu a cui si aggiunsero tutte le altre e che il Fondatore volle fossero dedicate alla Madonna.
Con questa «impronta mariana», voluta e vissuta dal loro Fondatore, anche oggi i missionari e le missionarie della Consolata non si stancano di annunciare Gesù, figlio di Maria e vera consolazione del mondo.
Giacomo Mazzotti