Beatificato Josef Mayr-Nusser,
il giovane altornatesino dell’Azione Cattolica
che si rifiutò di giurare a Hitler.
Nella luminosa mattinata di sabato 18 marzo nel duomo di Bolzano con una intensa e suggestiva celebrazione eucaristica presieduta dal Cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione Vaticana per le cause dei Santi e con la presenza dell’Ordinario della diocesi di Bolzano – Bressanone, Mons. Ivo Muser e di numerosi vescovi sia italiani che austriaci, è stato beatificato Josef Mayr-Nusser, il giovane altornatesino membro dell’Azione Cattolica che durante la Seconda Guerra Mondiale si rifiutò di giurare a Hitler.
Josef Mayr-Nusser era nato nel 1910 a Bolzano in una famiglia di contadini profondamente credenti. Iscritto fin dall’adolescenza all’Azione Cattolica di lingua tedesca della diocesi di Trento ne divenne ben presto un dirigente qualificato e preparato. In occasione della scelta decisionale riservata agli abitanti dell’Alto Adige del 1939 si schierò con i “Dableiber”, ovvero i “no optanti” coloro che, contrari all’emigrazione verso il Terzo Reich, vollero rimanere in Italia e aderì segretamente al movimento antinazista “Andreas Hofer Bund”. Dopo l’annessione dell’Alto Adige al Reich tedesco, fu arruolato forzosamente nelle SS. Al momento di prestare il giuramento, nonostante i consigli contrari di camerati e superiori, si rifiutò di pronunciarlo, per motivi di coscienza. Agli allibiti ufficiali e sottoufficiali delle SS presenti disse: “Io non posso giurare a Hitler, sono cristiano, la mia fede e la mia coscienza non me lo consentono”. Con queste parole Josef Mayr-Nusser, decretò la propria condanna a morte. Il suo no, venne infatti pronunciato davanti all’ufficiale superiore del centro reclute delle SS di Konitz, in Prussia. E per lui la corte marziale emanò una sentenza inappellabile: condanna a morte, per fucilazione, da eseguirsi nel lager di Dachau. Ma sul patibolo Josef non arrivò mai: morì per le botte, i maltrattamenti, la fame, la sete e le sofferenze fisiche subiti sul vagone piombato durante il viaggio di trasferimento al campo di sterminio. Davanti a migliaia di fedeli nel Duomo di Bolzano, il cardinale Amato ha esaltato le virtù del primo beato contemporaneo della diocesi di Bolzano e Bressanone, che grazie alla sua fede adamantina divenne una “fiaccola di luce, seguendo fino alla fine la propria coscienza”. Mayr-Nusser, aveva ben chiaro il primato della coscienza, nell’omologazione generale dei suoi tempi, diede ascolto alla sua coscienza. Non solo: giorno dopo giorno ha lavorato alla formazione della sua coscienza, confrontandosi continuamente con il Vangelo in modo da essere capace, di fronte a una scelta, anche la più dura, da che parte stare.
Il vescovo Ivo Muser ha evidenziato la gioia della diocesi di Bolzano e Bressanone per la beatificazione di un laico, padre di famiglia, esempio cristallino per l’impegno socio-politico dei cristiani, questo martire scomodo, per troppo tempo dimenticato, ci stimola al coraggio civile e a fare i conti con le pagine più oscure della nostra storia. Mons. Muser, ha poi aggiunto: “Rimarrà scomodo anche da Beato”. Ci abbiamo messo tanto, come società e come Chiesa, a guardarlo in faccia. Il suo tempo è stato un tempo di scelte coraggiose e chi scelse in modo sbagliato, di fronte a lui non può che rimanere in rispettoso silenzio. Alla fine Mons. Muser ha ricordato che ancora oggi c’è chi non accetta fino in fondo il suo messaggio, ma grazie a lui possiamo dire: “no alle scelte facili, sì invece alla convivenza tra i nostri gruppi etnici, tra tedeschi, ladini e italiani”. L’iter burocratico legato alla figura di Mayr-Nusser è rimasto inspiegabilmente bloccato per anni. Una buona spinta la data Papa Francesco, il cui ruolo è stato fondamentale per far camminare un altro processo di beatificazione che rischiava di insabbiarsi, quello di monsignor Romero.
Josef Mayr-Nusser proclamato Beato nel duomo di Bolzano dall’inviato papale, cardinale Angelo Amato, in una radiosa giornata primaverile altornatesina offre un messaggio attualissimo alla comunità dei cattolici non solo italiani: la sua testimonianza contro l’idolatria del potere – ieri come oggi – ha un valore civile e politico enorme. La Chiesa lo ha riconosciuto ufficialmente, ora l’impegno per tutti è che la sua figura non venga ridotta ad un innocuo “santino”, da tenere nel cassetto o nel portafoglio, ma grazie alla coerenza evangelica della sua vita sia additato alla comunità civile ed ecclesiale come un testimone coraggioso di non violenza e di pace.
Mario Bandera
20 marzo 2017
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