Caro Gesu bambino

Gigi Anataloni

Non ho più l’età per scriverti la letterina di Natale, ma mi piace tornare un po’ bambino. Ti scrivo mentre il mondo cerca di digerire la notizia dell’elezione di mister Trump a presidente degli Stati Uniti. C’è chi scrive di una rivoluzione, se positiva o negativa non si sa. A me pare però che il fatto che i mercati finanziari non si preoccupino più di tanto la dica lunga. Probabilmente saranno ancora loro a dettare le regole della realpolitik. «Cane non mangia cane», si dice. Dopotutto prima che presidente, Trump è un miliardario e, anche se eletto coi voti degli impoveriti, non me lo vedo dalla parte dei poveri, degli esclusi, degli stranieri e per la pace. Se fosse stato lui il faraone quando la tua famiglia è dovuta fuggire da Betlemme, non so se avreste ottenuto il visto di ingresso in Egitto. A ogni modo lo attendiamo alla prova dei fatti.

Caro Gesù Bambino, come penso ti abbia già ampiamente raccontato papa Francesco, se tu venissi al mondo oggi ti troveresti proprio in un bel casino, non solo per le innumerevoli guerre che fanno stragi di gente indifesa mentre rimpinguano le casse dei signori delle armi, ma anche per le enormi disuguaglianze sociali che stanno riducendo in stato di povertà o semischiavitù gran parte della gente a vantaggio di una minoranza sempre più ricca che può perfino infischiarsene di leggi e governi. Quando sei nato si calcola che ci fossero circa 160/200 milioni di persone in tutto il pianeta, oggi dicono che siamo quasi 7 miliardi e mezzo. Nonostante ai tuoi tempi la schiavitù fosse un fatto normale, non credo che succedesse quello che accade oggi, che cioè le 62 persone più ricche da sole (e lo scrive Forbes) abbiano la stessa ricchezza della metà più povera della popolazione mondiale (3,6 miliardi di persone), e vivano questo senza rimorsi, convinti anzi di essere benefattrici dell’umanità e modelli da imitare. I re Mida di oggi mettono le mani non solo sulle risorse minerarie del pianeta (e dove non ci riescono direttamente lo fanno attraverso i signori della guerra, le mafie, i predoni e i guerriglieri vari), ma anche sulle sementi, sulle piante e i fiori, su tutto, brevettando e patentando a tutto spiano, come se fossero loro i creatori del mondo. Immagina che hanno perfino provato a monopolizzare la pioggia, tassando chi la raccoglieva dal tetto di casa.

E stanno mettendo le mani anche sul tuo Natale, svuotandolo di te per riempirlo di cose. Da festa dell’accoglienza della vita lo stanno trasformando in un mercato planetario all’insegna del buonismo fatto spettacolo. Guardare te, invece, fa bene alla testa e al cuore, perché ci apre a orizzonti nuovi, ci dà la chiave per capire il senso vero della vita, ci inviti ad alzare la testa e a vedere con fiducia questa nostra umanità.

Sai, se c’è una cosa che mi ha sempre colpito molto di te è che hai voluto nascere povero tra i poveri, in periferia, condividendo la sorte della maggioranza degli uomini, la cui ricchezza non sta in quello che possiedono ma nel calore del cuore. E sei nato in disparte, fuori dalla confusione e dal clima da fiera del caravanserraglio (no, non era certo un «albergo» come intendiamo noi) dove tutti i viaggiatori si fermavano. Sei nato in un luogo più adatto a quell’atto «sacro» che è una nascita, nella quiete del luogo dove si tenevano al caldo gli animali più piccoli e deboli. Cucciolo tra i cuccioli, tu sei stato accolto dalla premura semplice, efficace e sbrigativa di donne abituate alla durezza della vita, alla normalità di un parto, capaci di dare sicurezza a tua madre, giovane e inesperta. Hai voluto essere accolto dal calore e dalla fragilità dell’umanità più autentica e più semplice, lontano dalla pompa dei potenti e dal servilismo che li circonda. Nascesti fidandoti della povertà di chi ha nulla ed è capace di dare tutto, come quei bimbi che escono alla vita sui precari gommoni dei migranti, negli ospedali bombardati di Aleppo o nelle tendopoli dei terremotati.

Sei nato «nella pienezza del tempo», dice Paolo ai Galati. Pensa che quand’ero bambino mi hanno perfino fatto credere che tu avessi scelto il tempo migliore per nascere, il «tempo» della pace garantita dal potere di Roma, dominatrice del Mediterraneo. Adesso capisco quanto fosse falso tutto ciò perché ignorava le sofferenze causate da quel dominio, che usava quel censimento non certo per dare una vita migliore ai tuoi genitori e alle gente come loro, ma per sfruttarli meglio.

Nascendo così hai iniziato la vera rivoluzione che continua ancora oggi: quella di affidare il futuro del mondo ai poveri, ai piccoli, a chi non ha mezzi ma ha solo la ricchezza di una «umanità autentica», quella stessa umanità che tu hai scelto diventando uno di noi per farci diventare come te.

Con la tua nascita ci hai detto che credi nell’uomo, che Dio crede in noi. È bellissimo questo. Soprattutto oggi, quando, fiaccati dalla crisi, dalla mancanza di prospettive e dall’incattivimento della società, siamo tentati dalla sfiducia e dallo scoraggiamento. Grazie Gesù Bambino.

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Gigi Anataloni

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