Brasile: dal folclore cultura e vita

Esperienza educativa al Kilombo do Kioiô

Brasile
Diniz Viera

In un mondo dominato dalle tecnologie digitali, dove molti ragazzi trascorrono troppo tempo di fronte a smartphone o computer, un’esperienza che aiuti a riscoprire fiabe, storie, filastrocche e danze tradizionali è davvero contro corrente.

È quello che hanno vissuto per una settimana tra il 22 e il 26 agosto scorso i ragazzi del Kilombo do Kioiô, a Salvador de Bahia, Brasile, per celebrare la giornata nazionale del folclore popolare.

I ragazzi del Kilombo non sono diversi dai loro coetanei di tutto il mondo e tutto quello che è digitale li affascina rischiando di far dimenticare loro le tradizioni popolari del loro stesso paese e di sradicarli dalla propria cultura. Per questo il gruppo di educatori di sostegno scolastico del Kilombo hanno proposto ai ragazzi di riscoprire i giochi, le fiabe e le danze dei loro coetani dell’era predigitale.

Saltare la corda, ascoltare storie come quella della «Mula senza testa» o danzare il «Bumba meu boi» erano attività comuni dell’infanzia nata prima del 1990 in Brasile, ma i ragazzi del Kilombo le ignoravano o le avevano viste solo in televisione.

La parola folclore dice rispetto delle manifestazioni culturali di un popolo. Queste manifestazioni possono essere raccolte e catalogate in libri, ma diventano parte della vita soprattutto quando sono trasmesse da nonno a nipote, da padre a figlio, attraverso la tradizione orale e l’immersione totale. Tutto può essere folclore: dalle fiabe che la mamma racconta per far addormentare i figli al canto dei bambini che fanno il girotondo durante la ricreazione a scuola, dalle danze tradizionali degli schiavi africani alle leggende della foresta amazzonica che alimentano l’immaginazione popolare. Tutto questo è folclore. E ogni regione del Brasile ha le sue esperienze.

Per questo gli insegnanti e i volontari del Kilombo hanno cercato di valorizzare elementi tipici dei cinque angoli del Brasile. Dal Nord i bambini hanno preso dagli Indios le danze tipiche come il carimbò e la ciranda, e le leggende di Curupira, il bambino con i piedi girati indietro che protegge la foresta, del Boto, il delfino rosa del fiume che si trasforma in un bambino, e quella Mãe-D’água, la bella sirena.

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Dal Sud del Brasile sono state riprese la danza della chula e la festa dell’uva e di Nostra Signora dei naviganti, e la fiaba di Saci-pereré, un bambino nero con una gamba sola, che usa un cappuccio rosso (come quello dei nani di Biancaneve) e vive nella foresta.

Dal Sudest hanno appreso leggende come quella del Lobisomen, l’uomo che si trasforma in lupo durante la luna piena, e la storia della Mula-sem-cabeça, una donna trasformata in una mula che ha il fuoco al posto della testa e vaga per sette città.

Dalla regione centro Ovest hanno scoperto la folia de reis, una festa in onore dei Re magi che portarono doni a Gesù bambino.

Il Nordest, la regione in cui si trova il Kilombo, ha dato il frevo (danza acrobatica con ombrellino), il bumba-meu-boi (danza con maschere rappresentanti un bue), il maracatu (parate in costume) e le cirandas (danze cantate che si fanno danzando in cerchio), tutte manifestazioni che arricchiscono la cultura locale.

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Oltre ad ascoltare le leggende, hanno potuto anche fare disegni, cuocere cibi tipici, partecipare a scioglilingua come la trava lingua (ripetizione di parole complicate e di difficile pronuncia) e «obbedire» alla boça de foo, nella quale uno che comanda dà ordini divertenti che devono essere eseguiti.

Tutti questi momenti si sono certamente fissati nella mente dei ragazzi che hanno partecipato al programma di recupero scolastico. Queste memorie saranno conservate e trasmesse non soltanto per il bene degli amici o dei familiari, ma anche per le future generazioni e anche per la cultura stessa del Brasile. Così il folclore popolare continuerà a far parte della loro vita, anche in un mondo sempre più informatizzato.

Diniz Viera

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