Cari missionari
Pensieri serali
È da molto tempo che nel silenzio della sera mi arrovello su problemi teologici, esistenziali, sociali. Ultimamente mi sono concentrato sulla Chiesa come istituzione. Duemila anni di storia ci hanno consegnato una struttura a piramide molto carente.
La struttura piramidale di cui inconsapevolmente facciamo parte come cristiani cattolici ci obbliga a rileggere la nostra fedeltà per non diventare come un gregge belante servito non da uomini di Dio ma da cattivi maestri. Maestri che per i media diventano specchio per ingigantire la negatività della chiesa rendendola a tutti gli effetti matrigna, rovesciandone i valori ed i contenuti.
Il servizio dei nostri maestri non dovrebbe essere quello di sfoare proseliti o vendere prodotti ma quello di formare e far crescere un fedele che non sia orbo, sordo, supino e obbediente al volere di pochi benedetti e intoccabili, ma che abbia la capacità di essere libero nei giudizi e nelle critiche, senza scomunicare chi pensa e osserva con metro di giustizia proporzionalmente diverso (vedi preti del dissenso).
Un fedele attento osservatore di un’involuzione e di atteggiamenti che nulla hanno a che fare con scelte di vita e di fratellanza di una comunità pensante e che crede a ciò che sta scritto nelle Sacre Scritture e nei Vangeli, non può che ribellarsi davanti a chi predica bene e razzola male. È la vergogna che faceva dire a tanti teologi che la preghiera senza comportamento adeguato non serve a nulla.
Che serve a Dio avere dei credenti che disconoscono le regole della frateità? Che serve a Dio avere ministri che pensano alla loro vanagloria e non vivono con coerenza la povertà? Che serve a Dio avere fedeli che uniti dalla chiesa predicante sono in sintonia con l’egoismo più becero verso fratelli che fuggono da guerre, carestie, fame, malattie e morte?
La mia rabbia da credente è che quasi tutto il clero è schierato nel chiedere, mai nel dare con una confusione totale sui compiti di loro competenza. Vedi, per esempio, quel che succede nella verde Brianza nella grande diocesi di Milano dove, grazie alle autorizzazioni della Fabbriceria del Duomo, tanti nostri maestri di fede hanno cambiato mansione diventando specialisti in architettura, paramenti, organi, arte, costruzioni e quant’altro.
Chiediamoci se questa chiesa fa parte della grande famiglia che noi amiamo e frequentiamo se poi ci dimentichiamo che la pomposità non fa parte di nessun testo teologico e ignoriamo le poverissime comunità delle diocesi africane dove i Vescovi non hanno i soldi per la benzina, ritardano le visite pastorali in diocesi estese quanto Lombardia e Piemonte e vivono come i vecchi curati di montagna senza risorse.
Non ultimo per importanza è la presa di posizione dei Vescovi italiani sulla questione dei diritti civili con una polemica che sembra implicare il non riconoscere ai fedeli la capacità di fare scelte coerenti col Vangelo. Sembra quasi che i ministri di Dio non ci ritengano un gregge consapevole. Così noi fedeli, pur non favorevoli a questa legge, siamo considerati fuori, quasi dei non credenti, nonostante don Sturzo abbia sempre sostenuto la laicità dello stato nei confronti della chiesa «Libera chiesa, in libero stato» e «date a Cesare quel che è di Cesare, date a Dio quel è che di Dio».
Giovanni Besana
28/07/2016
Caro Giovanni,
nella tua lettera sollevi molte questioni: dai sacerdoti che danno scandalo alla struttura piramidale della Chiesa, dura a morire nonostante il Concilio Vaticano II (e il Vangelo), dai preti, molto amministratori e poco pastori, ai laici considerati sempre in stato di minorità… Sono temi scottanti, resi ancora più evidenti dai tempi difficili che la nostra Chiesa sta vivendo in Italia. Essa si scopre più fragile e indebolita (invecchiamento e diminuzione del clero a causa della crisi vocazionale); abbandonata da chi pur battezzato vive solo un cristianesimo nominale; contestata nel suo insegnamento da mode, tendenze e ideologie di vario tipo; derubata dei suoi spazi e tempi (feste e domeniche occupate da mille altre iniziative); ridicolizzata e moralmente esautorata per la vita scandalosa di alcuni suoi membri; giudicata dai suoi stessi fedeli che, pur reclamando per sé più partecipazione e responsabilità, continuano a pensare la Chiesa non come un «noi», ma un «loro» (la gerarchia); oberata dal peso di mille strutture (spesso giornielli di arte) di cui non si può disfare e che mangiano tempo e denaro…
Il Concilio Vaticano II, nonostante tutte le resistenze messe in atto, ha piazzato una bomba sotto la concezione piramidale della Chiesa, riscoprendo la bellissima immagine biblica del popolo di Dio in cammino attorno al pastore che è il Signore Gesù, il Cristo crocifisso, che dà la sua vita per i suoi, si fa servo per la salvezza di tutti. Credo che non siano solo i preti e i vescovi che debbano liberarsi una volta per tutte della vecchia mentalità piramidale, ma anche i «laici», i semplici battezzati, imparando a guardare alla nostra Chiesa come alla propria famiglia, al proprio corpo, con un atteggiamento critico e responsabile ma anche misericordioso.
Mentre i media se la prendono con una Chiesa come realtà anonima, ricca, autoritaria, antiquata, corrotta, tentacolare… il cristiano nella sua quotidianità ha a che fare con quel prete, con quella suora, con quel religioso: persona concreta, umana, vicina, con i suoi lati belli e le sue fragilità. Un po’ più di amore, di con-passione, di umiltà, di sano umorismo e autornironia, aiuterebbero tutti a costruire relazioni più vere, fratee, umane, applicando alla vita della propria comunità cristiana lo spirito della famiglia e non quello della fabbrica, dell’ufficio pubblico o del centro commerciale.
Una bella iniezione di vera «misericordia» farebbe bene a tutti.