Dov’era Dio
«Dio è l’essere perfettissimo, creatore del cielo e della terra». Così avevo imparato tanti anni fa al catechismo. Chiaro e indiscutibile. Perfetto Dio, perfetta l’opera delle sue mani. Rovinata però dall’uomo che, col suo peccato, ha scombussolato tutto il lavoro di Dio. Tutto chiaro e logico, fino a quando non ti capita una disgrazia, un terremoto, una malattia incurabile. E ti domandi: come è possibile che tutto questo sia colpa dell’uomo? Sarà pure uno che combina disastri e inquina, ma non è lui che ha inventato i terremoti, i tornado, gli tsunami, i virus… È colpa di Dio allora: la disgrazia, la terra che trema, le case crollate, tutti quei morti. E le malattie, le morti degli innocenti e dei bambini. È abbastanza normale prendersela con Dio quando le cose vanno male. Altrimenti di chi è la colpa?
Quando leggerete queste righe l’emozione mediatica sul terremoto che ha distrutto Amatrice e i paesi vicini sarà già scemata, anche se la situazione di chi abita quei paesi continuerà a essere molto dura. Anche se la domanda non avrà ancora ricevuto risposta: dov’era Dio quando sono morti tanti innocenti?
Ho guardato con partecipazione e dolore alle sofferenze di chi in pochi secondi ha perso tutto, casa e persone amate. Anch’io mi sono chiesto «Dov’era Dio quella notte?». Faticando a trovare una risposta che mi appagasse, mi sono allora fatto una seconda domanda: «Dovera l’uomo (prima di) quella notte?».
Da sempre l’umanità conosce terremoti e disastri naturali. Un tempo pensava che fossero frutto di forze oscure, serpentoni, diavoli e mostri vari. Oggi invece abbiamo le conoscenze e i mezzi per capire, prevedere, prevenire. Conosciamo che la terra si muove e si deve muovere, guai se non si muovesse. «Panta rei», diceva Eraclito quasi 2500 anni fa, tutto si muove. E sappiamo che movimento è vita. I terremoti sono «normali» nella dinamica della terra. Sappiamo come costruire in modo sicuro, per prevenire morti e distruzioni irreparabili. Eppure non lo facciamo o lo facciamo male e così un terremoto diventa il catalizzatore che mette a nudo il «lato oscuro» della nostra umanità: l’incuria, il disinteresse, l’approfittare delle disgrazie altrui, l’avidità di chi mette soldi e guadagno al primo posto a spese della vita di altri. L’uomo avrebbe potuto evitare il disastro, ma non lo ha fatto.
Ma quello stesso uomo del prima terremoto, irresponsabile e troppo fiducioso nella sua fortuna, l’ho visto dopo sotto le macerie a chiedere salvezza e sopra le macerie a offrire aiuto.
E ho intravisto una risposta alla domanda «dov’era Dio quella notte». Dio era là: piangendo con chi piangeva, accogliendo nelle sue braccia quelli che la morte non aveva risparmiato, condividendo la sorte di chi si sentiva smarrito, la rabbia di chi si sentiva ingannato e abbandonato. Dio c’era. Era là per farsi carico della speranza, ridare fiducia all’umanità tramite lo slancio generoso dei soccorritori, i volti impolverati di chi scavava a mani nude per salvare una vita, la pietà di chi ricomponeva i corpi martoriati, la dedizione di chi curava i vivi, la presenza instancabile del vescovo di Ascoli.
Dio era là per dire ancora una volta il suo amore per l’uomo, la sua fiducia nelle sue capacità di riscatto, ricostruzione e cura del creato. Dio era là per ripeterci che crede in noi, nella nostra responsabilità, nella nostra libertà e autonomia, nel nostro cuore e nella nostra intelligenza. Era là per riconfermare che non è pentito di aver affidato il creato all’uomo da lui fatto a sua immagine e somiglianza con la capacità «divina» di fare il suo stesso lavoro. Là Dio, ancora una volta, ci ha mostrato di credere nell’uomo più di quanto l’uomo stesso ci creda.