Vinci l’indifferenza e conquista la pace

Papa Francesco apre la "Porta Santa" della cattedrale di Bangui il 29/11/2015. AFP PHOTO / OSSERVATORE ROMANO
Gigi Anataloni

 

Questo è il titolo del Messaggio per la 49ª Giornata Mondiale della Pace, la terza di papa Francesco. «L’indifferenza nei confronti delle piaghe del nostro tempo è una delle cause principali della mancanza di pace nel mondo. L’indifferenza oggi è spesso legata a diverse forme di individualismo che producono isolamento, ignoranza, egoismo e, dunque, disimpegno. L’au-mento delle informazioni non significa di per sé aumento di attenzione ai problemi, se non è accompagnato da una apertura delle coscienze in senso solidale; e a tal fine è indispensabile il contributo che possono dare, oltre alle famiglie, gli insegnanti, tutti i formatori, gli operatori culturali e dei me- dia, gli intellettuali e gli artisti. L’indifferenza si può vincere solo affrontando insieme questa sfida». Così «Avvenire» presentava il messaggio lo scorso agosto. Mentre scrivo, il testo ufficiale non è ancora stato rilasciato, in forte ritardo sulla data tradizionale della festa dell’Immacolata. Perdonate allora qualche mia considerazione a braccio.

Puntando il dito contro l’indifferenza, papa Francesco mette a nudo uno degli atteggiamenti più tipici di questo nostro mondo. Tutto (governi, istituzioni, banche, pubblicità, apps, sistemi operativi…) ci dice: «Goditi la vita, non preoccuparti, divertiti, rilassati, mangia e dormi. Ai problemi? ci pensiamo noi». Chi siano poi questi «noi», è impossibile definirlo. Non credo nelle teorie complottiste, in una mente oscura che vuole dominare il mondo, ma certamente ci siamo costruiti un sistema che toglie ogni responsabilità personale e culla nell’indifferenza, mentre ali- menta disastri geopolitici, ambientali e sociali che sembrano sfuggire a ogni controllo. Basta ricorda- re quel mostro che è l’Isis. Quel che conta è che si continui a comperare auto (forza trainante della ri- presa!), a consumare sempre di più e a rincorrere gadgets raffinati (computer, cellulari, internet) che danno la sensazione di controllare il mondo, ma in realtà riducono ognuno a essere un sorvegliato speciale 24 ore su 24.

L’indifferenza riduce la visuale, impedisce di vedere al di là di quello che è «mio»: pensiero, coscienza, interesse. Nel mentre, oltre la «mia» linea di visione, si consuma la «terza guerra mondiale» con i suoi milioni di rifugiati, le antiche foreste – polmoni del mondo – scompaiono per mano di eserciti di schiavi che trasformano la terra in una groviera a caccia di oro, coltan e altri minerali, e i nuovi latifondi espandono le monocolture espropriando e affamando innumerevoli piccoli contadini.

Ma non è solo l’ambiente a pagare il prezzo di questo modo insensato di vivere e gestire il mondo. Depressione, solitudine, mancanza di speranza, aumento delle differenze sociali, megalopoli invivibili, perdita del senso di appartenenza a una comunità, delegittimazione della famiglia e logica dello «scarto» (bambini/aborti e anziani/eutanasia), relativismo, ne sono alcuni degli effetti collaterali.

Papa Francesco, in linea con il Vangelo, non accetta questa logica. La vera pace non si costruisce sull’indifferenza e neppure sul privilegio di pochi. Lo aveva detto con forza, benché con parole diverse, anche a Torino, nell’incontro con i giovani, quando ha citato Pier Giorgio Frassati: «Se volete far qualcosa di buono nella vita, vivete, non vivacchiate. Vivete!». Vivere è andare «controcorrente rispetto a quella cultura, a quel modo di vivere. La realtà, vivere la realtà. E se questa realtà è vetro e non diamante, io cerco la realtà controcorrente e faccio la mia realtà, ma una cosa che sia servizio per gli altri». «Non comprate sporcizie che dicono essere diamanti». «Fare cose controcorrente. […] Fare cose costruttive, anche se piccole, ma che ci riuniscano, che uniscano tra noi, con i nostri ideali: questo è il migliore antidoto contro questa sfiducia nella vita, contro questa cultura che ti offre soltanto il piacere: passarsela bene, avere soldi e non pensare ad altre cose». In quell’occasione il papa aveva anche ricordato che c’è un antidoto contro l’indifferenza, contro «l’andare in pensione a vent’anni». «Quello che fa sì che un giovane non vada in pensione è la voglia di amare». Un amore che «è concreto», non romantico, ed è «dialogo e comunione: (un amore che) si comunica», che è «molto rispettoso» e «non usa le persone» perché «l’amore è casto» e «si sacrifica per gli altri».

Che questo amore concreto, dialogante, rispettoso e capace di sacrificarsi per gli altri, sia l’anima di questo 2016 che stiamo cominciando, per vincere la paura e alimentare la speranza.

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Gigi Anataloni

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