Comunemente si pensa che l’istituto del Giubileo sia una norma antica, da sempre presente nella Bibbia perché si trova nel Pentateuco, ma non è così perché se guardiamo i testi, cioè le fonti letterarie, scopriamo subito che esso è lo sviluppo di un’altra istituzione precedente che è l’Anno Sabatico. Di questi due istituti giuridici si parla solo in tre libri: Esodo, Levitico e Numeri, cui bisogna aggiungere alcuni accenni in Deuteronomio e Isaia. Possiamo quindi dire che non abbiamo molto. E quel poco che abbiamo è tardivo, non antico; certamente risalente a non prima del sec. VI/V a.C., dopo l’esilio di Babilonia.
Nulla toglie che qualche stralcio di questa tradizione esistesse anche anteriormente, nella tradizione che fa capo al Deuteronomio (sec. VII-V a.C. ca.). Per capire l’importanza, ma anche la natura e il senso dell’istituto giubilare, a beneficio di chi non conosce la storia della Bibbia al di là di quanto appreso al catechismo, è sufficiente riportare alcune date in ordine cronologico per avere uno sguardo d’insieme e collocare gli eventi nel loro contesto sia storico sia teologico. Tratteremo pertanto sia l’Anno Sabatico sia il Giubileo, che spesso sono confusi, mentre sono due realtà distinte e separate, anche se connesse tra loro.
Quadro storico
Di solito si pensa che i patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe siano vissuti nel 2° millennio a.C. e da essi avrebbe avuto inizio tutta l’avventura «divino-umana» che è raccontata nella Bibbia. Un lettore che cominciasse a leggerla dalla prima pagina in poi, progressivamente, avrebbe due sensazioni: la prima di trovarsi di fronte a un’opera scritta a tavolino in modo ordinato e uniforme; la seconda quella di provare una «difficoltà» inestricabile per cui molto presto abbandonerà la lettura. Vediamo come stanno le cose e come e quando è nato l’istituto giuridico del Giubileo.
La cronologia che, in genere, si trova nei libri è la seguente
- – 1850 ca.: Abramo, profugo da Ur di Caldea (Iraq) approda in Canaan (Palestina).
- – 1800-1700 ca.: vita dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe in Palestina.
- – 1700-1250 ca.: peregrinazioni degli Ebrei verso l’Egitto e schiavitù.
- – 1250-1230 ca.: esodo dall’Egitto e arrivo al Sinai.
- – 1220-1200 ca.: ingresso nella terra promessa e sua conquista con Giosuè.
- – 1150-1000 ca.: epoca dei Giudici (confederazione di tribù).
- – 1010-970 ca.: regno di Davide.
- – 970-931 ca.: regno di Salomone. Divisione del regno in «Israele» (Nord) e «Giuda» (Sud).
- – 931-724 ca.: regno d’Israele con venti re che si succedono.
- – 721: assedio degli Assiri e deportazione degli Ebrei del Nord («Israele») in Assiria.
- – 931-587 ca.: regno di Giuda con diciotto re che si susseguono.
- – 597: Gerusalemme è conquistata da Nabucodonosor che deporta gli Ebrei in Babilonia.
- – 587: seconda conquista e distruzione di Gerusalemme. Deportazione. Fine del regno di Giuda.
- – 538: editto di liberazione del persiano Ciro (dall’attuale Iran) e ritorno di alcuni Ebrei in Palestina.
- – 520-430: inizio della ricostruzione del tempio di Gerusalemme (Giudea).
- – 330: costruzione sul monte Garìzim del tempio dei Samaritani.
- – 323: Giudea dominata dai Tolomei d’Egitto e traduzione della Bibbia dei «Settanta» in greco.
- – 200: Giudea dominata dai Selèucidi di Antiochia.
- – 143-134: nascono le correnti dei farisei, dei sadducei ed esseni (Qumran).
- – 63: Pompeo occupa Gerusalemme.
- – 7/6 (a.C.): nasce Gesù di Nàzaret.
- – 1/8 (d.C.): nasce Paolo di Tarso.
- – 30: muore Gesù.
- – 34: conversione di Paolo di Tarso.
- – 66-70: rivolta giudaica antiromana. Distruzione di Gerusalemme. 1a diaspora ebraica.
- – 74: presa di Masada e divieto agli Ebrei di risiedere in Gerusalemme.
- – 132-135: rivolta di «Bar Kochba – figlio della stella» in Galilea, sotto Adriano.
- – 135: Vittoria romana, proibizione agli Ebrei di risiedere in Palestina; 2a e definitiva diaspora.
Nozioni bibliche elementari
La tabella che riportiamo (sopra) serve come riferimento per collocare non solo gli avvenimenti, ma anche le idee, altrimenti si fanno confusioni indebite che non aiutano la chiarezza. In base all’insegnamento catechistico tradizionale, se si prende la Bibbia senza esame critico, i libri di Levitico e Numeri dovrebbero essere collocati tra il 1250 e il 1200, il periodo cioè in cui la cronologia tradizionale collocava l’esodo e l’ingresso nella terra promessa. Purtroppo le cose non stanno così.
In ebraico i libri prendono il nome dalla prima o dalle due prime parole del testo (come avviene oggi per le encicliche papali), mentre la Bibbia greca dei LXX mette come titolo una parola che sintetizza il contenuto. La Vulgata latina di San Girolamo, mentre per il contenuto è più fedele al testo ebraico, per i titoli segue la LXX. Di seguito diamo i titoli greco-latini del Pentateuco e tra parentesi in ebraico:
1. Genesi-Origini (Bereschìt-Nel principio): riporta testi tramandati e scritti dal sec. X al sec. V d.C.
2. Esodo-Uscita (Shemòt-I nomi): riguarda eventi tra il 1250 e il 1200 a.C., rivisitati e scritti nel sec. VI a.C.
3. Levitico-Tribù-di-Levi, addetta al culto (Wayqrà’-E chiamò/convocò);
4. Numeri-Censimento (Bemidbàr-Nel deserto);
5. Deuteronomio-Seconda-Legge (Devarim-Parole).
La tradizione ebraica e, per molto tempo, anche quella cristiana, attribuivano la formazione dei primi cinque libri della Bibbia («Pentateuco») a Mosè, tesi che già dal sec. XVII (Jean Astruc, 1694-1766) ha cominciato a essere messa in dubbio e che nel corso del sec. XIX è stata definitivamente accantonata. Oggi la totalità degli studiosi, con qualche differenza di accentuazione, alla luce delle scoperte archeologiche e letterarie, ormai definitive, è giunta a conclusioni certe, almeno allo stato dei fatti.
La Bibbia non è un libro storico, ma il racconto dell’esperienza religiosa di un popolo che interpreta eventi, situazioni e fatti, alla luce del proprio credo religioso che espone anche attraverso racconti di natura storica, mitica e comunque interpretati religiosamente. È quella che comunemente chiamiamo «Storia della salvezza», espressione equivoca perché il concetto di «storia» degli antichi non è lo stesso che hanno gli storici di oggi.
Di Abramo, Isacco e forse anche Giacobbe, dal punto di vista storico non sappiamo nulla perché le uniche informazioni su di loro si trovano nella Bibbia. La «storia dei Patriarchi» si perde nella notte dei tempi e potrebbe essere anche una «invenzione» posteriore, di quando, dopo l’esilio di Babilonia, si ha la necessità di dare un fondamento «antico» e «teologico» alla ricostruzione non solo del tempio di Gerusalemme, ma anche e specialmente allo spirito del popolo e alle sue istituzioni politiche, sociali, economiche e religiose.
Con questo non si vuol dire che «i Patriarchi» siano frutto di fantasia, ma che non abbiamo documentazione verificabile, se non incerti spiragli insufficienti a fare storia. L’archeologia, per esempio, nulla è riuscita a dirci di Abramo e Isacco, perché, allo stato attuale, essa si ferma, forse, a Giacobbe, il padre dei dodici figli che danno origine alle dodici tribù d’Israele, di cui qualcosa si trova negli scavi di Bersabea, l’ultimo avamposto palestinese verso l’Egitto, via Sinai, prima di avventurarsi nel deserto del Neghev.
È possibile che la memoria collettiva delle antiche tribù o gruppi abbia tramandato ricordi, racconti, saghe, che via via si sono sedimentate come «storia di fondazione». In questo modo, quando si pone mano alla riforma radicale dell’organizzazione della vita del «nuovo Israele», dopo l’editto del persiano Ciro (538) che ha sconfitto e annesso Babilonia, quelle memorie siano state utilizzate e narrate come «radici», cioè pilastri fondativi del nuovo mondo che stava sorgendo.
Dopo l’esilio
Dopo cinquant’anni di esilio, in cui ciascuno era rimasto abbandonato a se stesso, senza autorità e tessuto sociale, la depressione e lo sconforto avevano pervaso chi era rimasto in Palestina (per lo più anziani e poveri). Il senso di rivalsa di coloro che ritornavano da Babilonia pretendeva di rientrare in possesso delle proprietà perdute con l’esilio, ponendo gravi problemi di coesistenza. In questo periodo nascono i due libri, Levitico e Numeri, dove si trovano le norme che riguardano l’Anno Sabatico e il Giubileo. Siamo nel sec. V a.C., il tempo di Esdra e Neemia, autorizzati da Ciro a ricostruire Gerusalemme e il tempio, con il culto connesso, insieme alla vita sociale e civile. Nel 444 a.C. si forma definitivamente il libro del Pentateuco o Toràh per gli Ebrei, come lo possediamo oggi e che costituisce la redazione finale di un processo che ebbe inizio nel sec. X a.C., alla corte di re Salomone in Giudea, e forse anche prima, attraverso la trasmissione orale di generazione in generazione.
Con l’editto di Ciro, gli Ebrei sono autorizzati a ritornare in Palestina. Non tutti gli Ebrei presenti a Babilonia ritornano, ma solo una parte degli esiliati decide di rientrare in Palestina e ricominciare daccapo nella terra d’Israele. Molti, forse la maggioranza, specialmente coloro che erano nati in Babilonia e si erano ormai fatti una vita e una posizione sociale, decidono di restarvi non più da schiavi, ma da cittadini autonomi e liberi di avere una propria vita, un proprio lavoro, un proprio futuro per sé e i propri figli. Molti di costoro si erano accasati «mescolandosi» ai Babilonesi per cui c’erano famiglie «miste» che preferirono continuare la vita ormai avviata e non ritornare per ricominciare dal nulla distruggendo le proprie famiglie, come imponeva la nuova legge.
Il capitolo 10 del libro di Esdra racconta la tragica scelta di rimandare a casa loro le donne non ebree e i figli avuti con loro perché questo sembrava l’unico modo per ridare una identità «certa» all’ebraicità del nuovo popolo postesilico. Da quel momento, vale la norma che è ebreo solo chi nasce da madre ebrea. Questa legge è valida ancora oggi in Israele. Il libro del Levitico serve allo scopo di «fondare» l’identità del «popolo di Dio», ancorandola alla purità cultuale e religiosa. La religione diventa discriminante sociale: chi è ebreo di nascita può fare parte del popolo della ricostruzione, chi non è ebreo, non può nemmeno rientrare nella «terra santa». Le donne babilonesi con i loro figli avuti dagli ebrei sono drasticamente separate e rimandate al loro paese. Famiglie intere sono distrutte in nome di un’esclusività di appartenenza che da questo momento, non prima, farà del popolo ebreo, il popolo di elezione, il popolo «separato tra gli altri popoli», arrivando alla distinzione teologica tra Israele «’am haheloìm – popolo di Dio» e i «goìm – i popoli altri / pagani». Da questo momento la religione non è solo un rapporto con Dio, ma si trasforma in un’identità etnica che in futuro sarà foriera di tragedie immani, di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze.
L’At riporta due istituzioni, l’Anno Sabatico e il Giubileo, che sono distinti, ma strettamente connessi perché sembra che il secondo sia uno sviluppo del primo. Di questo parleremo nella prossima puntata.
Paolo Farinella, prete
(4, continua)
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