L’Italia è ai primi
posti nel mondo per l’illegalità, l’evasione fiscale, l’inefficienza della
giustizia, il consumo di suolo, la disoccupazione giovanile. Non si può
continuare così, lasciando il paese nelle mani di furbi, affaristi e impuniti.
Soltanto con il coraggio e la coscienza civica si riuscirà a uscire da questa
palude.
Mafia e corruzione sono piaghe infami del nostro
paese. Le cifre annuali dei rispettivi business sono letteralmente da capogiro:
150 miliardi per le mafie (grazie all’accumulazione dei capitali illeciti
derivanti tra l’altro dai traffici di droga, armi, rifiuti tossici, esseri
umani, appalti truccati e via seguitando); 60 miliardi la corruzione, 1.000
euro l’anno per ogni cittadino italiano, neonati compresi, una tassa pesante,
vergognosa e occulta. Altrettanto da capogiro sono alcuni dati che concorrono a
comporre un quadro generale assai inquietante. Per evasione fiscale siamo il
terzo paese al mondo, dopo Messico e Turchia, con un gettito che Confcommercio,
nel 2012, ha calcolato in 155 miliardi di euro. La media europea di consumo del
suolo è del 2,8%, da noi è del 7,3 % (cfr. Ispra,
marzo 2014): un dato devastante in sé e soprattutto per le nefaste conseguenze
che ne derivano sul piano idrogeologico. La disoccupazione giovanile supera il
44% (media europea 22,5%). Per investimenti in cultura siamo ultimi in Europa.
La ricerca praticamente non sappiamo più che cosa sia. La fuga dei cervelli è
una slavina inarrestabile. Le imprese che chiudono sono purtroppo sempre più
numerose, e di quelle ancora relativamente in salute fanno sovente incetta
investitori stranieri. Aggiungiamo ancora che la Banca mondiale, nella
classifica dei paesi in cui conviene investire, colloca il nostro paese agli
ultimi posti su 189 paesi esaminati a causa della inefficienza della giustizia
(cfr. World Bank Group, Doing Business 2015).
In
questo quadro complessivo, la tenaglia mafia/corruzione/evasione
fiscale/inefficienze crea una profonda spaccatura fra l’Italia delle regole e
quella dei furbi, degli affaristi e degli impuniti. Sullo sfondo una palude,
quella degli indifferenti, che non vedono o non capiscono (perché non vengono
loro offerti adeguati strumenti di conoscenza) che ogni recupero di legalità ha
effetti immediati sul reddito nazionale e sulla qualità della vita. Se non
altro perché può ridurre i salassi delle periodiche manovre finanziarie.
In
altre parole, la legalità è una delle chiavi per affrontare la questione
economico-sociale; scegliere la legalità equivale a scegliere uno sviluppo
ordinato, tendenzialmente a vantaggio di tutti. Perché senza regole non c’è
partita o la partita è irrimediabilmente truccata a favore dei soliti: quelli
che senza regole sono e rimarranno sempre
in posizioni di privilegio e superiorità se non di sopraffazione o
sfruttamento, a tutto discapito di coloro che delle regole hanno bisogno per
crescere in diritti e opportunità. Senza regole ci si avvita sempre più e alla
fine si può anche andare a sbattere ritrovandosi sotto un mucchio di macerie.
Per
contro, è evidente che la legalità non è solo una questione di guardie e ladri,
ma una questione che riguarda tutti, da vicino e in presa diretta. Perché la
legalità conviene, ci fa vivere meglio, offre per il futuro prospettive di vita
certamente più serene. Recuperando almeno una parte delle risorse che le varie
forme di illegalità quotidianamente ci rapinano potremo avere, ad esempio, un
campo sportivo in più, un centro per anziani in più, un ospedale meglio
attrezzato, una scuola più funzionante, trasporti più efficienti, periferie
urbane meglio illuminate… tutte cose che non abbiamo, o abbiamo in misura
insufficiente, mentre se l’illegalità ci «vampirizzasse» un po’ meno, le
avremmo di più e meglio e la qualità della nostra vita ne trarrebbe sicuro e
diretto giovamento.
Per cambiare le cose e poterci salvare occorre
anche una ritrovata coscienza civica. Che significa rifiuto di omologazione e
conformismo, rifiuto di rassegnazione e quieto vivere. Significa coraggio (come
costruzione sociale collettiva). Coraggio di denunziare quel che non va e di
pretendere soluzioni adeguate. Coraggio di sostenere chi denunzia per non
lasciarlo isolato e sovraesposto. Coraggio di essere coerenti: predicare moralità
e legalità, ma praticare strade opposte, rafforza sempre di più quel che si dice di voler cambiare. Significa
coraggio di progettare, senza inseguire sempre e soltanto le emergenze.
Coraggio che, nel rispetto della legalità, sappia andare oltre la legalità
stessa, puntando alla giustizia: perché ciascuno possa sperare di avere il suo
e perché le risorse possano essere più equamente distribuite.
C’è
tanta strada da fare, ma è un percorso che si può intraprendere. Insieme. Nel
nostro intresse.
Gian Carlo Caselli