Cent’anni donati di cuore Le Missionarie della Consolata in Kenya

Il passaggio
del testimone: è un attimo di concentrazione, di precisione, di passione.
Mentre scrivo, sento di essere io chiamata al passaggio di testimone alle
giovani generazioni, per due motivi. Primo: molto di quello che scrivo l’ho sentito
dalla viva voce di madre Margherita De Maria, la missionaria della prima ora
che nelle belle serate di ricreazione a Sanfré ci raccontava, vibrante di
passione, le prime ore, i primi giorni, le prime spedizioni delle suore
missionarie della Consolata in Africa, in Kenya.

Secondo motivo è quello di
contribuire alla celebrazione del centenario dell’arrivo delle nostre sorelle
in Kenya, io che per anni ho chiamato quella terra «mia patria di adozione».
Con
queste righe voglio rendere omaggio alle tante sorelle conosciute e amate che
ora riposano nei cimiteri di quella terra benedetta.

L’evento

In questa foto (l’originale in bianco e nero è stato
rielaborato da Fraser) ci sono le prime 15 suore missionarie della Consolata
accolte dai missionari della Consolata, dalle suore del Cottolengo (tre,
riconoscibili dalla loro mantellina bianca e lunga) e dai primi cristiani, lavoratori
e bambini della missione di Limuru (probabilmente). Eccole (da sinistra): sr. Rosa Margarino (Portacomaro, At), sr. Filomena Moresco (Barge, Cn), sr. Agnese Gallo (Caramagna, To),
sr. Teresa Grosso (Buttigliera d’Asti, At), sr. Caterina Gemello
(Candiolo, To), sr. Domenica Drudi (Misano, Forlì), sr. Candida
Sandretto (Sparone, To), sr. Margherita De Maria (Dronero, Cn), sr.
Serafina Drudi (Misano, Forlì), sr. Paolina Bertino (Montevideo,
Uruguay), sr. Cristina Moresco (Barge, Cn), sr. Carolina Crespi
(Pogliano, Mi), sr. Costanza Golzio (Castiglione, To), sr. Cecilia
Pachner (Torino), sr. Lucia Monti (Almenno S. B., Bg).

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1913

L’Istituto ha tre anni di
vita. Le suore professe sono 18, le novizie 24, le postulanti 12. Dall’Africa,
e precisamente dal Kenya dove oramai da dieci anni i missionari della Consolata
lavorano, si fa pressione sul Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano, nostro
comune Padre, perché mandi le missionarie. Così ecco il 1913 con l’incalzare di
eventi per il giovane Istituto: vestizioni religiose a gennaio, ad aprile, a
maggio, a settembre. In aprile, il giorno 5, le prime professioni religiose
nell’Istituto. «Questo giorno, dice il Fondatore nella conferenza, è da
scriversi a caratteri d’oro».

Dieci sorelle, all’altare,
emettono la loro professione religiosa. Sono le pietre angolari sulle quali si è
innalzato l’edificio delle missionarie della Consolata.

1913, l’anno scorre veloce. Dopo
il traguardo delle prime professioni, il Fondatore annuncia la partenza per le
missioni. Da questo momento, nel Fondatore c’è un solo desiderio: formare le
sue figlie più direttamente a quello spirito missionario di cui Lui aveva tutto
acceso il suo grande cuore.

Madre Margherita De Maria viene
scelta come superiora del primo gruppo delle partenti. Il tempo vola: corsi speciali di
medicina, di inglese, di gekoyo (la lingua dei Kikuyu, come si scriveva
allora, ndr.), di musica; le sorelle visitano regolarmente gli ospedali
della città e non mancano di fare lunghe camminate per allenarsi alla vita
missionaria.

1913, 28 ottobre, le prime 15
missionarie della Consolata destinate al vicariato del Kenya, ricevono
solennemente il Crocifisso, il Compagno del loro pellegrinare in missione,
dalle mani del cardinale Agostino Richelmy, assistito dal Fondatore e dal
Canonico Camisassa. È il momento dell’invio, del mandato «ad gentes» da parte
della diocesi e della Chiesa. Da quel giorno in poi, le missionarie partiranno
dalla Consolata e andranno in tutto il mondo. «Ricevi la Croce di Gesù Cristo.
Ti sia sostegno nelle fatiche
dell’apostolato». È la voce del Vescovo che «manda» i nuovi operai nella messe.

Sono pronte per partire. Eccole:
suor Agnese Gallo, suor Candida Sandretto, suor Carolina Crespi, suor Caterina
Gemello, suor Cecilia Pachner, suor Costanza Golzio, suor Cristina Moresco,
suor Domenica Drudi, suor Filomena Moresco, suor Lucia Monti, suor Margherita
De Maria, suor Paolina Bertino, suor Rosa Margarino, suor Serafina Drudi, suor
Teresa Grosso.

Le prime Missionarie della Consolata nel 1913. Tra loro le suore professe (col crocifisso), le novizie (con la medaglia) e le postulanti (velo nero)

Le prime impressioni

L’Africa. Il Kenya. Un mondo
nuovo per le nostre sorelle. L’immensità dello spazio che si apre davanti a
loro, il cammino difficile, povero, sacrificato; il pericolo dell’isolamento,
la lontananza, lo scoraggiamento, potrebbero intaccare la generosità e la
serenità delle figlie dell’Allamano.

Ma davanti ai loro occhi la
figura del Cristo missionario del Padre, della Consolata, che quale madre
dolcissima le seguiva, il ricordo del Fondatore, il suo sorriso, il suo «Coraggio,
avanti!» diventano il sostegno nei duri inizi.

Partono. Sono 15 e provengono da
otto diocesi: Torino, Saluzzo, Ivrea, Asti, Bergamo, Milano, Rimini e
Montevideo. Alla stazione di Porta Nuova a Torino, il Fondatore commosso dà
loro la sua benedizione.

Partono. Dà loro grande fiducia
il sapere che andranno a lavorare accanto ai missionari della Consolata, figli
dello stesso Fondatore, espressione di uno stesso carisma. Le sorelle ripongono
altrettanta fiducia nel fatto che in Kenya da una decina d’anni lavorano le
Cottolenghine (le suore del Cottolengo) della Piccola Casa di Torino; sotto la
loro guida il tirocinio missionario sarà più facile e sicuro.

Partono. Non hanno con sé il
biglietto di ritorno, hanno salutato tutti, per sempre. Vanno. Quando il
bastimento «Catania» leva le ancore da Genova e le coste della patria si
allontanano, le 15 si stringono l’una all’altra: piangono, sorridono e pregano.
Vanno verso l’ignoto piene di fiducia, sorrette dalla benedizione del
Fondatore. Con sé portano una lettera del
Padre Allamano, da leggersi durante il viaggio: è
un prezioso compendio di quanto era stato loro insegnato durante la
preparazione.

Gruppo di Missionarie della Consolata in Kenya attorno a madre Margherita Maria, la lor superiora.

Da Limuru a Nyeri

Dopo un lungo viaggio, le
missionarie raggiungono il porto di Mombasa in Kenya e il piccolo treno a
scartamento ridotto che porta in Uganda le lascia alla stazione di Limuru: è il
28 novembre 1913. A Limuru, una ventina di km oltre Nairobi, i missionari
avevano posto la loro casa procura da cui poi mandare, attraverso le valli
dell’Aberdare, i rifoimenti alle missioni di Muranga (allora Fort Hall), di
Nyeri e di Meru.

Il cuore è pieno di gioia:
finalmente le missionarie sono nella terra dei loro sogni. Alla stazione sono
ad attenderle monsignor Perlo Filippo, vicario apostolico di Nyeri, le suore
Cottolenghine, vari missionari della Consolata, alcuni dei primi cristiani e i
catecumeni.

Il giorno successivo molti
vengono a salutarle e chiedere notizie del papa, dei superiori, degli italiani.
Il terzo giorno le missionarie iniziano un «corso di orientamento» con le suore
del Cottolengo visitando i villaggi attorno a Limuru e un corso intensivo di
lingua kikuyu in modo di rendersi capaci di comunicare in modo diretto con la
gente.

Il rodaggio dura solo pochi mesi,
poi inizia l’avventura. Le nuove missionarie lasciano Limuru e partono in
carovana per raggiungere Nyeri. I buoi trascinano carri carichi di tutto: le
tende per ripararsi durante le notti del lungo viaggio di quattordici giorni,
il cibo, gli attrezzi e il necessario per mettere su casa una volta arrivate a
destinazione. Dopo la lunga camminata le suore raggiungono Nyeri senza essere
accolte da speciali cerimonie di benvenuto. Solo i circa 75 bambini
dell’orfanatrofio (raccolti dai missionari e dalle suore del Cottolengo perché
abbandonati alle iene nella foresta) le guardano con gli occhi sgranati.

Così ha inizio la nuova missione
Nyeri-Mathari (dove i missionari sono presenti dal 1904). Lo stile di vita è
veramente povero a livello materiale, ma ricco di ogni sorta di attività. Tutti
i giorni riservano il tempo per il catechismo agli operai della grande fattoria
agricola. Con loro lavorano, per produrre il necessario per se stesse e le varie
missioni già aperte dai missionari della Consolata.

È un’avventura anche il ritmo di
lavoro dalla domenica alla domenica. Scuola per tutti quelli che giungono alla
missione dai villaggi intorno; attenzione particolare per le giovani che sono
educate e vivono alla missione; visita agli ammalati nell’ospedale governativo,
cura di quelli che arrivano all’improvvisato dispensario della missione
collocato sotto un albero o in una capanna per proteggere il paziente e la
suora dal sole implacabile; visite regolari ai vicini villaggi, in cerca di
malati da curare; e la cura dei 75 orfani, che vivono ancora in costruzioni
molto provvisorie. E il lavoro massacrante nella immensa piantagione di caffè e
in quella di orchidee; l’attendere agli oltre 500 buoi e mucche (la fattoria
aveva moltissimi buoi per tirare i carri usati nel trasporto del caffè da Nyeri
a Nairobi e per le carovane da una missione all’altra; ndr.) che bisogna
contare al sorgere e al tramonto del sole e accudire giorno dopo giorno.

Missionarie della Consolata impegnate nella visita ai villaggi.

Ma per tutto questo lavoro non
tutte le 15 missionarie rimangono a Nyeri: quattro partono immediatamente per
Tuthu (la prima missione fondata nel 1902 dai missionari nelle valli
dell’Aberdare a oltre 2300 m), dove giungono dopo tre giorni di cammino (il
viaggio oggi richiede poche ore di macchina!). Suor Agnese è la superiora, suor
Paolina Bertino è destinata alla visita ai villaggi e all’insegnamento
nell’incipiente scuola, suor Serafina Drudi per la visita ai villaggi e suor
Rosa Margarino per la cucina di tutta la comunità maschile e femminile della
missione. Così le missionarie iniziano la seconda missione.

Avventure di tempi eroici!
Aggiungiamo quella di inserirsi nell’ambiente vincendo la sfida della lingua,
dei lunghi viaggi, delle malattie come la malaria, le piaghe, la dissenteria,
del cibo scarso: tutto contribuisce a rendere difficile la vita. Ma il Signore è
loro accanto, e interviene anche con i miracoli.

Le sorelle rimaste a Torino,
seguono con amore fraterno le loro missionarie, nell’attesa di raggiungerle, e
pregano:

«Vergine, piena d’amore,
consolatrice d’ogni nostro pianto.
Reggili sugli oceani,
nell’orror delle foreste
e dei deserti ardenti,
Quando spira la furia
dei torrenti,
quando spossati cadono per via,
quando li assale stanchezza e nostalgia,
posati loro accanto!».

E
davvero, come per altre volte a molte di noi, il cielo si fa vicino.

Suore Serafina Drudi in visita a capanne attorno al villaggio di Thusu.

Avventura e grazia

Ed è un’avventura anche uno dei
tanti viaggi fra Tetu (missione fondata nel 1903) e Nyeri. Protagoniste suor
Teresa e suor Candida, le quali, dopo una mattinata spesa nella funzione dei
battesimi, nel pomeriggio si incamminano in carovana per il ritorno alla
missione. La notte si avvicina: vescovo, padri, suore, cristiani e non, tutti
in fila ritornano al Mathari. Tra loro suor Candida, appena giunta in missione,
non allenata alle lunghe marce. A poco a poco tutti sorpassano le due sorelle
che alla fine si trovano isolate, nella solitudine e nel silenzio della notte
africana senza luna. Hanno perso il sentirnero. La paura si fa strada. Un
improvviso fruscio le allarma ancor più. Un serpente, una iena, un leone?
Invece ecco un giovane con una bianca tunica si avvicina e le invita a seguirlo
per raggiungere la carovana. Nel dialogo con suor Teresa si presenta e dice il
suo nome: «Wa Ngai» (di/da Dio). Suor Teresa ribatte che tutti veniamo
da Dio e insiste per sapere il suo nome: «Wa Ngai – dice -, e vengo da molto
lontano». Della giornata dei battesimi il giovane dice che è stata molto bella
ed è piaciuta anche a Dio. Egli precede le sorelle mentre il camminare si fa più
facile e anche suor Candida ha la sensazione che la stanchezza sia scomparsa.
Finalmente, a discesa terminata (perché c’è una valle tra Tetu e Mathari e
bisogna scendere al fiume e risalire), il paesaggio si allarga, si cominciano a
sentire le voci del gruppo. Sono salve! Suor Teresa chiede ancora: «Vuoi dirmi
il tuo nome?». Dopo un istante di sospensione, con voce chiara il giovane
risponde: «Sono Raffaele. Vengo da Dio». E scompare.

In senso orario: suora della Consolata e del Cottolengo tra i bambini orfani dell’orfanotrofio di Nyeri; suora con giovani mamme;
bambini dell’orfanotrofio di Nyeri e la stessa foto ritoccata con al presenza delle suore.

Avventure missionarie: quante! Di
quanti piccoli miracoli in questi cento anni di Kenya, siamo testimoni! Le
piccole scatole-case, le capanne, i primitivi improvvisati dispensari, poco a
poco hanno lasciato il posto a case vere, scuole, ospedali, orfanotrofi,
dispensari. Cento anni per seminare l’Amore, la Consolata e il Padre Fondatore
nel cuore della nostra gente del Kenya, obbedendo all’invito dell’Allamano: «Coraggio
e vanti!».

Gesù, il missionario del Padre ci
ha sempre precedute e ci ha rese anche capaci di cedere nelle mani responsabili
della Chiesa locale quello che con tanto sacrificio è stato costruito (la
maggior parte degli ospedali, scuole e altre attività iniziate nelle missioni
della Consolata, sono ora nelle mani delle Chiesa locale, avendo i missionari e
le missionarie finito il loro compito da dare inizio ad una nuova comunità ndr.).

Ora abbiamo raggiunto il deserto,
di nuovo come agli inizi, forse con meno fatica. Tocca sempre a noi andare e
partire per testimoniare, per passare il testimone ad altre sorelle, alle
giovani di oggi, anche a nome delle 157 missionarie che riposano nei cimiteri
del Kenya: 47 al Mathari-Nyeri, 8 a Meru, 95 al Nazareth Hospital-Nairobi e 7
in altri cimiteri.

Sr. Pier Rosa Campi

Pier Rosa Campi

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