La Chiesa cattolica a
Expo 2015
Perché la Chiesa cattolica
prende parte a quella che, a parere di qualcuno, rischia di essere una grande
sagra dei consumi e dell’effimero, un tempio in cui proprio a partire dal cibo
si celebrano i piaceri della vita e si esaltano valori poco in linea con lo
stile che il Vangelo ci chiede? Che legami ci possono essere tra questo evento
e il messaggio cristiano?
Essere capaci di porre domande e accendere
metafore; essere presenti e prendere la parola in un luogo che sarà un grande
laboratorio di idee sul futuro del pianeta e sulle forme di convivenza e di
collaborazione tra i popoli. Questo è per i cristiani addirittura un dovere.
Il
titolo scelto per la manifestazione dice bene la ragione per cui esserci: «Nutrire
il pianeta, energia per la vita» chiama in gioco dimensioni fondamentali
dell’esperienza cristiana. Il riconoscersi creature dentro un disegno che non è
nostro, ma di Dio; la vocazione a diventare custodi e non tiranni di un pianeta
che dobbiamo rendere ospitale; la lotta quotidiana perché a tutti sia garantito
il «pane quotidiano» del Padre nostro; la figura di Cristo, pane vero disceso
dal cielo… quanti temi cristiani vengono trascinati nella scia del titolo di
Expo 2015. La presenza della Santa Sede, della Caritas Inteationalis, ma
anche della Caritas italiana e ambrosiana, sono state pensate proprio in questa
linea.
Una presenza per
stimolare
La
Chiesa cattolica ha intuito l’importanza e le potenzialità di una sua presenza
dentro eventi come questo praticamente dal loro nascere. Sin dagli inizi la
Santa Sede ha compreso il ruolo nevralgico delle esposizioni inteazionali. In
momenti storici anche molto complessi e spesso segnati da tensioni e
contrapposizioni politiche e culturali, le esposizioni inteazionali si sono
dimostrate luoghi di confronto, spazi di dialogo sulle questioni della modeità
e del progresso tecnologico, momenti di aggioamento sulle tematiche sociali e
politiche, occasioni di dibattito ecumenico e interreligioso, una reale
possibilità di promozione e di diffusione del messaggio cristiano. Un’occasione
di primo annuncio e di nuova evangelizzazione, diremmo oggi.
C’è
da aggiungere che negli ultimi decenni il ruolo delle esposizioni universali si
è radicalmente trasformato: da luoghi di esibizione delle ultime scoperte e
innovazioni, da luoghi di celebrazione della capacità di conquista e della
volontà di dominio dell’uomo sul mondo, le Expo sono state trasformate in
luoghi di riflessione, di scoperta e di contemplazione della complessità del
creato e della sua storia, dando così risalto ai temi del limite e dell’armonia
tra le diverse forme di vita, sottolineando in particolare la necessità dello
sviluppo di una convivenza tra i popoli sempre più profonda e strutturata.
La
Chiesa ha visto in questo mutamento una conferma ulteriore dell’importanza di
una sua presenza alle Expo. Esserci e prendere parte ai dibattiti (sempre più
incentrati sulle questioni del futuro del pianeta, come abitarlo e custodirlo);
saper articolare la propria tradizione di fede con le sfide sociali e culturali
del presente; far conoscere i capolavori che la cultura e l’arte cristiana
hanno saputo generare: quanti motivi per giustificare una presenza non
marginale ma capace di portare frutto, di generare influssi dentro la più ampia
cultura mondiale.
Alla tavola di Dio con
gli uomini
Il
tema scelto per Expo 2015 tocca molte corde della riflessione cristiana. Il
cibo e l’azione del nutrire sono per l’uomo uno spazio di educazione senza
paragoni, vista la forza e l’universalità delle dinamiche simboliche
attivabili.
Non c’è cultura che non abbia elaborato riti, simboli,
racconti, calendari e regole al riguardo. E non c’è religione che non abbia
assunto questa operazione dentro i propri dispositivi e le proprie regole di
vita e di comportamento. Gli uomini e le donne, proprio attraverso l’azione del
nutrirsi, hanno imparato a conoscere la loro identità: il proprio corpo, le
relazioni tra le persone e con il mondo, il creato, il tempo e la storia, la
relazione con Dio.
L’esperienza del nutrire può essere un’ottima palestra
per imparare a essere uomini, e a crescere sempre più in maturità.
Per noi cristiani il destino dell’uomo sta in un grande
disegno ecologico che al centro ha l’uomo stesso. Un disegno raccontato
attraverso una visione molto significativa per chi era nomade come il popolo
della Bibbia: «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su
questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti,
di cibi succulenti, di vini raffinati» (Is 25, 6).
La
storia della nostra fede ci ha insegnato che il gesto del nutrire è diventato
ben presto pasto e convivium, per poi trasformarsi
in sacrum convivium,
momento di comunione in cui non soltanto gli uomini possono osare una relazione
con Dio, ma addirittura il luogo in cui Dio stesso rivela la sua volontà di
relazione e di comunione con gli uomini. Il destino dei popoli della terra, il
destino della terra stessa, è questo grande gesto di comunione voluto da Dio,
simboleggiato da una tavola che Lui imbandisce per tutti, per ogni uomo e
donna, per ogni creatura.
Il
nostro futuro è di sederci tutti assieme alla tavola imbandita da Dio,
realizzando così quel destino di comunione fatto proprio in senso realistico
dallo stesso Gesù, nel momento della sua passione.
Cibo di vita…
eterna
«Voi
mi cercate – dice Gesù alle folle – non perché avete visto dei segni, ma perché
avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo
che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna» (Gv 6, 26). L’uomo
ha bisogno di molti cibi per vivere e per realizzare il proprio destino. E il
cibo ci consente di scoprire veramente chi siamo, se lasciamo che l’operazione
del nutrire dischiuda tutte le potenzialità che contiene. Il Vangelo è pieno di
esempi che ci illustrano come l’esperienza dell’essere nutriti diventa fonte di
interrogazione e di verifica della qualità del nostro essere uomini e donne.
L’uomo ha bisogno di molti cibi per vivere e per
realizzare il proprio destino. «Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola
che esce dalla bocca di Dio» è un’affermazione messa in bocca a Mosè (Dt 8,3)
che Gesù riprende (Mt 4,4) proprio per contrastare la tentazione di ridurre
l’uomo ai soli bisogni fisici e materiali; e allo stesso tempo per rilanciare
l’idea che l’azione del nutrire, intesa in modo integrale, è lo spazio che Dio
ha istituito per educare gli uomini e per incontrarli. Solo in questo modo
possiamo scoprire di essere veramente uomini: quando rispondiamo alla fame,
quella vera; quando attraverso il cibo ci leghiamo tra di noi, ci mettiamo in
relazione; e dentro questa relazione scopriamo la presenza di Dio.
Proprio
come intuiva in modo lucido don Lorenzo Milani: «Lo diceva anche Gesù: l’uomo
non vive di solo pane e casa, ma anche di scuola e di pensiero e di libertà
interiore, perché da questa si passa direttamente alla fede e alla vita eterna,
mentre dal pane e dalla casa si può tranquillamente passare alla televisione e
al cine».
Accendere
l’immaginazione
La
Chiesa vuole essere in Expo per accendere domande e riflessioni critiche,
pensieri che consentano di andare oltre la superficie. Non intende
assolutamente essere una presenza oppositiva, ma metaforica: aiutare a superare
il diaframma del presente e dell’immediato per cogliere dentro di esso il senso
dell’esistere, la dimensione mistica, ossia l’apertura a Dio. Il metodo da
seguire è quello della denuncia e della proposta, un metodo che usa spesso e
anche con successo papa Francesco, per far vedere che la Chiesa non è una
maestra acida, ma una sorella che condivide il percorso dell’uomo con lucidità
e visione di futuro, una madre appassionata capace di indicare strade e risorse
per il domani.
Il
rapporto col cibo può essere assunto come il luogo nel quale si rende più
evidente la disarmonia che segna la relazione dell’uomo con il creato e con gli
altri esseri umani. Qui più che altrove la cultura dello scarto si evidenzia in
maniera lampante. Ed è proprio qui allora che occorre essere presenti per
stimolare le domande giuste, per sviluppare un pensiero metaforico che può
arricchire tutti.
La
vita quotidiana è così, in questa prospettiva, una grande palestra, un luogo di
esercizio in cui Dio ci educa attraverso il cibo e l’atto del nutrirci. Questo
esercizio di apprendimento ha una grammatica, che ruota attorno a quattro
aspetti che esprimono l’identità umana: le dimensioni ecologica, economica,
educativa e religiosa.
Potremo
così riscoprire, grazie allo stimolo di Expo 2015, che proprio perché cristiani
non si può non essere ecologici. Oggi è molto più visibile l’imposizione di una
cultura del consumo che oscura il nostro compito originario legato al cibo e al
gesto del nutrire. E le conseguenze di questa cultura sono ben visibili, anche
se spesso poco denunciate: emergenze come quella dello spreco delle risorse e
della enorme diseguaglianza nella loro distribuzione, con la piaga conseguente
e ancora più grave della povertà e della fame, o il fenomeno altrettanto
attuale e ugualmente grave dell’inquinamento e dello sfruttamento selvaggio
delle risorse del pianeta, contrastano con l’originario disegno creatore e sono
il segnale di un modo ancora molto immaturo di vivere il nostro compito di
abitare il pianeta come un giardino che nutre tutti.
Da
qui deriva l’urgenza per un convinto impegno di noi cristiani a favore del
creato. L’ecologia è un luogo di testimonianza della nostra fede, contro i
nuovi idoli che seducono l’uomo moderno. L’Expo deve essere l’occasione per un
lavoro di sensibilizzazione che, a partire dalle conseguenze ben visibili di
questa gestione immatura e peccaminosa del creato (cambiamenti climatici,
migrazioni in massa di popolazioni in seguito a questi cambiamenti), permetta a
ogni essere umano di sentirsi responsabile del mondo che lo ha generato, lo
nutre ed è il luogo della sua vita.
Per
la Chiesa, per i cristiani, esserci in Expo vuol dire avere l’audacia di
prendere la parola anche sui temi scottanti della fame e delle grandi
ingiustizie create dallo squilibrio nell’accesso alle risorse. Come cristiani
abbiamo molte cose da dire non soltanto sul modo con cui oggi usiamo il cibo
per creare solidarietà. Più profondamente ancora, stiamo dentro Expo per mostrare come la
grande questione del cibo e delle risorse (alimentari e non) sia la cartina di
tornasole che porta alla luce i tanti difetti e le tante ingiustizie del nostro
modo di immaginare e di governare l’economia.
La
presenza diretta di Caritas dentro il sito espositivo ha proprio questa
intenzione: ricordarci con urgenza l’attualità dell’invito a essere all’altezza
di una simile sfida. Expo ci permette di ricordarci che abbiamo il compito di
essere nella storia come l’anima del mondo, proponendo la vita buona del
Vangelo in tutti gli ambiti dell’esistenza, quello economico compreso.
L’Expo
è lì per ricordarci che dobbiamo vincere la tentazione di restare muti di
fronte alle grandi questioni del nostro tempo.
Il
mondo ha anzitutto fame di futuro. Expo può essere un grande megafono di questa
fame, e al tempo stesso un grande laboratorio dentro il quale come cristiani
partecipare alla costruzione di processi di soluzione, di guarigione, di
risanamento e di rinascita.
Un Dio che si fa pane
per noi
Per
la fede cristiana il cibo è il crocevia di tutta una serie di legami (tra Dio e
gli uomini, degli uomini tra di loro, con il creato) generatori a loro volta di
pratiche che maturano le persone e ne arricchiscono le identità.
Attraverso
la disciplina del cibo l’uomo ha imparato molto circa il suo legame con il
creato come anche circa la sua relazione con Dio.
Sin
dalle sue origini, l’esperienza di fede ha saputo scrivere il rapporto con Dio
nella carne degli uomini proprio tramite il calendario alimentare e lo
strumento dell’ascesi. Il vento della secolarizzazione ha fatto sì che noi
occidentali lasciassimo questo nostro tesoro alle Chiese orientali o alle altre
religioni, Islam in primis (basta pensare al Ramadan; non dimentichiamo
che è il digiuno quaresimale cristiano ad aver ispirato il Ramadan musulmano).
L’evento
di Expo può essere l’occasione giusta per riapprendere a nostra volta questo
legame fede-corpo e fede-cibo. Un legame così forte e originario da aver
conosciuto una sua variante laica: la secolarizzazione ha fatto scomparire le
pratiche del digiuno e della rinuncia ma non è riuscita a cancellare il bisogno
religioso a cui queste pratiche sapevano rispondere. Ed ecco che sono nate le
diete, forme laiche di ascesi e di astinenza, in nome di un benessere che
assume sempre di più i colori e i toni di una spiritualità laica, di una
religione della gratificazione inusuale e intramondana, senza Dio.
Ogni
anno il tempo della Quaresima è un buon momento per riprendere, anche noi,
quella disciplina, che abbiamo perso, del cibo e quella capacità di scrivere la
nostre fede sui nostri corpi.
Potremo
così essere capaci di leggere ancora più in profondità, sempre nel clima di
Expo, il dono che ci fa Dio nel suo Figlio: il Dio cristiano è un Dio che si incarna,
si rende presente tra gli uomini; e che consegna la memoria di questa sua
presenza proprio nel pane eucaristico, un pane che dà vita e salvezza.
L’incarnazione è il grande dono di Dio che nutre gli uomini, come Gesù Cristo
afferma di se stesso più volte nei Vangeli.
Questo
mese celebriamo la festa del Corpus Domini (7 giugno, ndr)
proprio durante Expo 2015. Quale occasione migliore per testimoniare al mondo
che il nutrimento e il futuro dell’uomo e del creato sono custoditi e generati
da questo pane che in realtà è il corpo e il sangue di Gesù Cristo morto per
noi e risorto, amore di Dio fatto carne? Potremo mostrare come la logica
eucaristica è in grado di assumere e fare sue tutte le fami del mondo e degli
uomini. Potremo mostrare come in Gesù Cristo Dio ci rende capaci di diventare
solidali con queste fami, e allo stesso tempo – proprio perché le portiamo
assieme a coloro che ne sono vittime – come Gesù Cristo diventa il cibo, il
nutrimento capace di saziare ogni desiderio, ogni ferita, ogni fame e sete che
l’uomo e il creato provano oggi come nel passato.
I
cristiani hanno il compito di abitare Expo 2015 per svelare l’anima mistica
dell’identità umana, il cuore mistico dell’esperienza, la dimensione
profondamente e radicalmente religiosa del creato, del mondo. Esserci per
condividere, esserci per dare da pensare, esserci per aiutare a stupirsi,
esserci per promuovere giustizia e solidarietà: Expo 2015 può essere
l’occasione per ricordare a tutti il cammino che come umanità stiamo
percorrendo, per rispondere all’invito che Dio ha rivolto a tutti gli uomini di
sedersi alla sua tavola e di spezzare il suo pane per loro.
*Nato a Varese nel 1963 è presbitero
della diocesi di Milano dal 1987. È docente di teologia pastorale alla Facoltà
teologica dell’Italia settentrionale e ha insegnato o collabora presso altre
facoltà italiane. Ha pubblicato diversi libri. Ha partecipato al Sinodo del
2012 sulla Nuova evangelizzazione. Nello stesso anno il cardinale Angelo Scola
lo ha nominato Vicario episcopale per la Cultura, la carità, la missione e
l’azione sociale della Diocesi di Milano.
Tag: Expo, cibo, giustizia, pace, Chiesa
Luca Bressan