Da alcuni studiosi
l’umbanda è considerata la religione brasiliana per eccellenza perché
miscellanea di tutti gli elementi da cui il paese ha preso forma. Per cercare
di capire abbiamo visitato alcuni «terreiros», i luoghi dove si svolgono le
cerimonie. Le sorprese non sono mancate.
Floriano.
Sopra la porta d’ingresso, sul muro color verde, la scritta recita: «Casa de
productos de umbanda São Jorge». All’interno gli scaffali sono pieni: ci sono
incensi e prodotti naturali per propiziare ogni genere di obiettivo (dall’amore
ai soldi); e poi statue di varie dimensioni con le fattezze di santi cattolici
o di altre persone.
Nel centro di Floriano, piccola città del Piauí, ci sono ben
due negozi che vendono articoli per l’umbanda. Eppure, stando alle statistiche
ufficiali o semplicemente alle risposte della gente, i brasiliani che seguono
quella religione sarebbero pochi (o pochissimi).
Anche individuare un terreiro, il luogo dove si tengono
le cerimonie, non è impresa facile. In questo noi veniamo assistiti dalla
fortuna. Arriviamo a casa del signor Ademar José Soares, a pochi metri dalla
riva del Paranaiba, perché lui, un uomo di 76 anni con una vitalità ben
superiore a quella prevedibile per la sua età, è un organizzatore del bumba-meu-boi, una
nota festa popolare di antica tradizione.
Quasi subito l’obiettivo della nostra visita diventa però
un altro. Ademarzinho (i diminutivi sono una diffusa consuetudine brasiliana)
ci racconta infatti di essere un pai-de-santo, il responsabile di un terreiro dell’umbanda.
Immediatamente lo tempestiamo delle domande più disparate.
Vedendoci così interessati, l’uomo ci invita a partecipare
alla gira (sessione) del venerdì successivo. Spinti dalla nostra
grande curiosità, aderiamo con entusiasmo. Peraltro ci imponiamo di non fare
troppa pubblicità all’invito, dato che spesso le cerimonie di umbanda, pur non
essendo segrete, dai più vengono descritte come macumba nella sua accezione
negativa, cioè incontri dove si praticano malefici e dunque da evitare con
cura.
Ci presentiamo puntuali, verso le nove della sera,
davanti all’abitazione di Ademarzinho. La casa è assai modesta e non ci sono
insegne che indichino la presenza di un terreiro. Per accedervi si passano
due porticine. All’entrata del locale ci sono due banchi per ospitare chi
voglia assistere alle sedute che si svolgono al di là di una piccola balaustra.
A illuminare gli spazi ci sono alcune deboli luci, ma soprattutto candele (velas), sparse in ogni
angolo. Religione sincretica per antonomasia, l’umbanda viene considerata
monoteista (Dio è chiamato Olorum o Zâmbi), anche se la credenza negli orixás (di derivazione
africana) e quella negli elementi della natura (ereditata dal panteismo
indigenista) potrebbero far pensare il contrario.
Qui, nel terreiro di Ademarzinho, il sincretismo tra umbanda e
cattolicesimo trova la sua forma concreta e visibile in fondo al salone, dove,
appoggiato a una parete azzurra, c’è un vero e proprio altare (congá). Al centro un
festone circonda una statua di San Lazzaro, accanto Santa Barbara e Nostra
Signora di Aparecida, oltre a un rosario e, poco sopra, un piccolo crocefisso.
Sui lati dell’altare trovano invece spazio una serie di statue, sistemate su
ripiani in forma di scala. Si distinguono Gesù con la croce, padre Cicero (un
famoso prete brasiliano), San Francesco d’Assisi, San Giovanni Battista, Santa
Teresina delle Rose, San Benedetto, San Michele Arcangelo, San Sebastiano.
Alla destra dell’altare ci sono i tamburi (atabaques), che rimandano
alla tradizione africana, e l’ingresso ai locali privati del terreiro.
Al centro della sala c’è un palo (guna) bianco, attorno al
quale si svolgeranno le danze. Esso simboleggia l’unione tra la terra e il
cielo, ma anche il fulcro della casa.
Il celebrante (pai-de-santo) è Ademarzinho, ma ad
aiutarlo ci sono varie signore, alcune delle quali scopriremo essere medium.
La cerimonia inizia con una distribuzione d’incenso (defumação) per purificare
l’ambiente. Quindi, vengono intonati il Padre nostro (Pai nosso) e l’Ave Maria.
Sia il pai-de-santo che le donne aiutanti indossano vestiti bianchi. Va
ricordato che nell’umbanda ogni rito è associato a colori, bevande, cibi,
fiori, erbe, pietre, metalli, simboli specifici.
In un ambiente siffatto l’atmosfera è resa suggestiva dai
suoni dei tamburi e dalle litanie (pontos cantados) innalzate dal sacerdote e
dalle sue aiutanti. Attoo al palo centrale si svolge la danza delle donne,
che lentamente fanno roteare testa e braccia.
Nel terreiro sono presenti alcune persone venute per ricevere riti
purificatori o propiziatori (passes): due uomini, un ragazzo, una giovane donna accompagnata
dalla madre e dal fratello. Con un gesso il pai-de-santo disegna per terra alcuni
cerchi e al loro interno dei simboli. Accanto a questi disegni (pontos riscados) viene
posta l’immancabile candela.
Uno a uno gli uomini, venuti per chiedere la guarigione
dei loro problemi fisici, si presentano davanti alle aiutanti. Presa una
bacinella di metallo, le signore vi depongono foglie ed erbe, le imbevono di
alcol e danno loro fuoco. Poi raccolgono la fiamma con le mani e la «passano»
su piedi, gambe e braccia delle tre persone. Un abbraccio chiude il rito.
Cambio di scena: exú
e pombagira
Dopo un paio di ore una delle donne-medium ci dice di
mettere via macchina fotografica e videocamera. Il suo tono è di quelli che non
ammettono repliche. Obbediamo, anche per non venir meno al nostro ruolo di
ospiti del terreiro.
I componenti della famiglia si sono seduti a terra
attorno a una tovaglia su cui sono stati posti piatti, posate, bicchieri e
varie bottiglie di vino: è l’offerta (ebó) per ottenere una grazia. Al centro della «tavola»
sono stati inoltre deposti alcuni indumenti che ci dicono appartenere al marito
della donna, alcolista e violento che si vuole ricondurre sulla retta via.
Ora il clima che si respira è totalmente cambiato. È
cupo, senza tamburi e canti. La donna che ci aveva fatto riporre gli strumenti
appare stravolta fisicamente ed emotivamente, forse perché incorpora – così ci
verrà spiegato – lo spirito della pombagira Maria Padilha, entità
richiamata quando ci sono problemi d’amore. La scena è però nella mani del pai-de-santo,
anch’egli completamente trasformato, sia nell’aspetto esteriore che nel
comportamento. Capiamo che il pai-de-santo incorpora exú Tranca Ruas, entità che apre o chiude strade a
seconda delle necessità.
L’uomo indossa un mantello nero con una fodera intea
rossa e un tridente ricamato. Tiene in mano una bottiglia di cachaça che sorseggia di
quando in quando. I suoi canti si sono fatti più striduli e incomprensibili.
Intendiamo però chiaramente quando chiede che gli venga portata una gallina
nera. Dalle stanze appartate arriva una giovane signora con in mano l’animale
richiesto.
La gallina viene presa per il collo e passata sul corpo
delle persone. A un certo punto il celebrante tira il collo al malcapitato
animale. Il sangue (ejé) viene raccolto in una ciotola, da cui beve ogni persona
del cerchio.
Va detto che i sacrifici animali non sono affatto comuni
nell’umbanda. Assistervi non è un’esperienza piacevole, ma occorre ricordare
che questo tipo di offerte sono previste da quasi tutte le religioni.
Ormai sono passate le una della notte e noi siamo qui da
ore. Decidiamo quindi di lasciare il terreiro. In silenzio, facciamo un
segno di saluto e, indietreggiando di schiena (come ci è stato detto di fare),
usciamo dalla casa.
• Ademir Barbosa Júnior, O livro essencial de umbanda,
Universo dos Livros, São Paulo 2014.
• Andrea D’Anna, Le religioni afroamericane,
Editrice Nigrizia, 1972
• Pedro F. Miguel, Honga. Per un’antropologia africana,
La Meridiana, Molfetta 1990.
• Pierluigi Lattuada, Sciamanesimo brasiliano, Anima
Edizioni, 2005.
• Andrea Romanazzi, Lo sciamanesimo afroamerindio,
Anguana Edizioni, 2013.
Candomblé e umbanda
sono religioni
Patricia Santos è una giovane
professoressa di storia presso l’Università statale del Piauí. Da cinque anni
si occupa di religiosità e di fenomeni religiosi, ma sono stati i suoi studenti
a spingerla a studiare anche l’umbanda.
Professoressa, nel maggio del 2014, un giudice federale di nome Eugênio
Rosa de Araújo sentenziò che le religioni afrobrasiliane non sono religioni…
«Sulla questione ci sono state varie discussioni. Personalmente le
considero delle religioni, con regole e riti».
Si dice che l’umbanda e il candomblé siano religioni afrobrasiliane. È
un’affermazione corretta?
«Direi di sì. L’umbanda è una religione con un’origine brasiliana, ma
con varie matrici: cattolicesimo, spiritismo kardecista, elementi di religiosità
indigena e di religiosità africana. È una religione eterogenea nata anche come
forma di resistenza. Il candomblé è più una religione africana. Direi che essa ha
subito un “processo di sbiancamento” meno accentuato. Nondimeno anche in essa
sono presenti rituali di altre religioni».
«Non saprei dire quanti siano i seguaci dell’umbanda, anche perché si
assiste a una negazione da parte degli stessi umbandisti. In un sondaggio
condotto da un gruppo di ricerca nella città di Oeiras, nel Piauí, si è
riscontrato che gli stessi frequentatori dei terreiros non si
considerano umbandisti o addirittura negano qualsiasi relazione con quella
religione.
I dati Ibge (Instituto Brasileiro de Geográfia e Estatistica)
dicono che in questa città non ci sono praticanti dell’umbanda. Un dato
contraddetto dal numero di terreiros esistenti. Soltanto nella zona
urbana se ne contano almeno sette».
Se i numeri dei seguaci non si conoscono, si può almeno dire a quali
categorie sociali appartengano?
«Anche se non è così facile determinare la partecipazione delle varie
categorie sociali, è evidente che tra gli aderenti alle religioni
afrobrasiliane si incontra un gran numero di neri e di poveri. In ogni caso, va
segnalato che oggi molti frequentatori sono bianchi, ricchi e con un alto
livello di scolarità. Rimane vero che, da molto tempo, i terreiros si
trovano nelle periferie delle città o comunque in zone marginali delle stesse».
«Non sempre. Il terreiro è lo spazio dove vengono fatti la
maggior parte dei rituali. Tuttavia, alcuni di essi si possono fare anche all’aria
aperta».
«Generalmente i celebranti sono il pai-de-santo o la mãe-de-santo».
Nell’umbanda sono venerate varie divinità (orixás). Si può
comunque dire che essa sia una religione monoteista?
«La è. Olorum (detto anche Zambi) rappresenta il nostro Dio cristiano.
Oxalá è Gesù Cristo. E poi ci sono gli orixás, santi con nomi e ruoli
diversi».
«Il momento centrale sono i pontos cantados, che sono canti e musiche
che vengono intonati durante le celebrazioni».
Esiste una «linea bianca» e una «linea nera» nelle celebrazioni
dell’umbanda?
«Altra risposta complicata da dare. In generale, gli umbandisti non
considerano pratiche denominate linea nera, volte cioè a propiziare il male. Al
contrario, l’umbanda si propone di essere vicina alle cose buone».
L’umbanda è malvista o almeno guardata con sospetto da molti
brasiliani. Come mai?
«Perché essa è sempre stata descritta con termini negativi come quello
di stregoneria. Davanti a definizioni di questo tipo le persone si spaventano.
Oltre a ciò, c’è una motivazione che deriva dalla formazione sociale e storica
del Brasile. Il paese ha sempre descritto i neri come esseri inferiori, barbari
o stregoni. Magari per il semplice fatto di saper lavorare le erbe o di adorare
la natura».
Se in passato fu la chiesa cattolica a guardare con sospetto alle
religioni afrobrasiliane, oggigiorno sono le chiese neopentecostali (con la Igreja
Universal di Edir Macedo in testa) i principali avversari di umbanda e
candomblé. È così?
«Nel passato la chiesa cattolica ha condannato i culti religiosi
afrobrasiliani, perché ai suoi occhi erano generatori di malefici. Questo
atteggiamento fu molto seguito durante il periodo coloniale brasiliano. Anche
perché era funzionale al controllo e
alla vigilanza dei padroni (bianchi) sugli schiavi (neri).
Oggi sono le chiese neopentecostali a mostrare intolleranza. Nella loro
ricerca di proseliti, esse non esitano a porre in essere azioni violente contro
i seguaci o i luoghi delle religioni afrobrasiliane. Ad esempio, ci sono stati
molti casi (cfr. Istoé 2191, 2011) di invasione di terreiros o
distruzioni di immagini di orixás che si trovassero in vie o piazze
pubbliche».
Paolo Moiola
Orixás – Derivanti direttamente dalla
tradizione religiosa africana portata nelle Americhe dagli schiavi neri, sono
divinità, ministri di Dio (Olorum-Zâmbi), ognuno legato a uno o più elementi
della natura, ognuno con precise qualità e funzioni. Sono 16 in totale. I
principali (assieme ai corrispettivi sincretici) sono: Oxalá (Gesù Cristo),
Iemanjá (Nostra Signora), Ogum (San Giorgio), Oxóssi (San Sebastiano), Xangô
(San Geronimo, San Giovanni Battista e altri ancora), Obaluaê (San Cipriano),
Oxum (divinità femminile, Nostra Signora di Aparecida).
Eguns – Sono gli spiriti, entità
energetiche che hanno avuto una vita materiale. I principali sono i caboclos
(spiriti di indigeni), i pretos-velhos (spiriti di schiavi africani)
e i crianças (spiriti di bambini).
Exús / Pombagiras – Sono spiriti di particolare
rilevanza, in quanto messaggeri e intermediari tra gli orixás e gli uomini. Le pombagiras ne sono la versione femminile.
Quando erano incarnati in un corpo, exús e pombagiras ebbero vite difficili, segnate da
violenza, odio, vendetta, ignoranza. Gli avversari dell’umbanda e delle
religioni afrobrasiliane, identificandoli con il diavolo e il male in generale,
li usano per screditare quelle credenze.
Pai-de-Santo / Mãe-de-Santo – Sono il sacerdote o la
sacerdotessa responsabili di un terreiro. Il gruppo di fedeli si chiama família-de-santo.
Médiuns – I medium sono persone dotate di
una sensibilità particolare che le pone in condizione di fare da intermediari
con il mondo degli spiriti. È comune lo stato di transe («trance», in
inglese).
Terreiro – È il luogo dove si svolgono le
cerimonie di umbanda o candomblé.
Defumação – È la pratica di bruciare erbe e
resine per purificare gli ambienti dove si terranno le sessioni di umbanda.
Pontos cantados / Pontos riscados – I primi sono i canti e
invocazioni. Si distinguono dalle preghiere. I secondi sono invece disegni – di
solito cerchi bianchi con stelle, frecce, triangoli, croci, e altri segni
geometrici – che richiamano ciascuno una precisa entità spirituale.
Atabaque – È uno strumento musicale a
percussione. Consiste in un tamburo di legno cilindrico o leggermente conico
con la bocca coperta da cuoio. È molto utilizzato nelle cerimonie di umbanda e
candomblé.
Velas – Le candele sono sempre presenti
nei riti dell’umbanda.
Passes – I rituali usati per alleviare o
curare le sofferenze, spirituali o fisiche, delle persone.
Ebós – Sono le offerte agli orixás
per ringraziamento o per chiedere qualcosa. Si chiama ebó ejé, l’offerta
di sangue.
Corte – È il rito del sacrificio di
animali (peraltro previsto in molte religioni). Non costituendone un
fondamento, nell’umbanda non è una pratica comune.
Spiritismo kardecista – Corrente filosofica-religiosa (ma
con pretese di scientificità) fondata dal francese Allan Kardec (1804-1869). Si
fonda sulla credenza dell’esistenza degli spiriti, anime disincarnate degli
uomini. L’unica differenza tra uomini e spiriti è che i primi sono
temporaneamente incarnati in un involucro corporeo. Le comunicazioni tra uomini
e spiriti avvengono attraverso un «medium», che è una persona con particolari
doti che funge da mediatore. Lo spiritismo kardecista è una delle matrici
dell’umbanda. Quest’ultima ha anche una data di nascita: 1908, a Rio de
Janeiro.
Macumba / Macumbeiro – Nomi generici per indicare le pratiche
religiose africane trapiantate in Brasile e la persona che le attua. Tuttavia,
i due termini sono quasi sempre usati con finalità dispregiative.
Altre denominazioni – Esistono altre denominazioni delle
religioni afrobrasiliane, ognuna legata a una determinata regione geografica,
ma con caratteristiche identiche o similari. Le principali sono le seguenti: tambor-de-mina,
xangô, batuque. A?Cuba la religione di origine africana
ha assunto il nome di santeria, ad Haiti quello di vodù (cfr. MC
giugno 2014).
Tags: Religioni afrobrasiliane, Macumba, Candomblé, sincretismo religioso
Testi e foto di Paolo Moiola