Camminare insieme
Incontro interreligioso
cristiano-buddista
I cattolici in
Mongolia sono una piccola minoranza. Ma la storia della loro presenza è lunga.
I missionari, arrivati alla caduta del comunismo, si occupano di promozione
sociale. E il dialogo con il Buddismo maggioritario è fondamentale. Riflessioni
di un missionario della Consolata dopo un incontro interreligioso in India.
Secondo
dati recenti delle Nazioni Unite (2012) il 53% dei cittadini della Mongolia si
professa buddista, mentre il 38% si dice non credente di alcuna religione. Per
il resto, il 5% della popolazione è musulmana, il 2% seguace dello Sciamanesimo
e il 2% cristiana. All’interno della minoranza cristiana, solo un piccolo
gruppo appartiene alla chiesa Cattolica Romana, meno di un migliaio di
individui su una popolazione di 3,2 milioni. Nonostante io rappresenti un
gruppo che statisticamente conta solo lo 0,02% in un paese a maggioranza
buddista, è stato per me un grande onore essere presente a Bodhgaya, uno dei più
sacri luoghi per la tradizione buddista, per seguire il quinto colloquio
Buddista-Cristiano, insieme ai rappresentanti di diversi paesi asiatici. Questo
incontro, unico nel suo genere, è stato possibile solo grazie al lavoro
instancabile del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e del
comitato locale a Bodhgaya, nello stato Bihar dell’India. Sono stati due giorni
intensi (12-13 febbraio 2015), spesi ad ascoltarsi gli uni gli altri,
condividere esperienze, impegnarsi nella realizzazione di un’effettiva
collaborazione una volta ritornati ciascuno nei nostri rispettivi territori.
Pochi ma buoni
Per quanto ci riguarda, nonostante i numeri
insignificanti, la nostra esperienza nella terra di Gengis Khan ha profonde
radici storiche: in Mongolia le relazioni tra buddisti e cristiani beneficiano
di uno dei più forti legami nel continente asiatico. La cristianità nestoriana
(il nestorianesimo è una dottrina che rifiuta la natura umana e divina di
Cristo, affermandone la totale separazione, ndr) in Mongolia era presente già nell’VIII secolo
ed è abituata a coesistere con la tradizione buddista, proveniente dal Tibet.
Nello scenario multi etnico e multi religioso del grande Impero mongolo, il
governo dei Khan è noto per essere stato particolarmente tollerante verso tutte
le religioni praticate nei loro territori. Per questo, nel nostro impegno
attuale per promuovere il dialogo e la comprensione reciproca, possiamo fare riferimento
a una storia positiva di interazione pacifica e condividere questa esperienza
in Asia e nel resto del mondo.
Dopo l’epica degli scambi medioevali, sostenuti anche da
iniziative diplomatiche tra i pontefici romani e gli imperatori mongoli, le
mutue relazioni si ridussero, fino quasi a scomparire, a causa della
diminuzione di credenti cristiani, troppo isolati dai loro capi, e la crescita
concorrente del Buddismo, che gradualmente divenne religione di stato. Il «re-incontrarsi»
tra buddisti e cristiani in tempi più modei capitò in un momento critico
della storia del paese, un periodo segnato dalle lacrime. Quando i primi
missionari ebbero il visto di ingresso all’inizio degli anni ’90 del secolo
scorso, la Mongolia stava lentamente rialzandosi dopo 70 anni di regime
comunista, durante il quale il Buddismo, nel suo complesso, aveva sofferto dure
persecuzioni, con migliaia di monaci mandati a morte o forzati ad abbandonare
il loro credo, considerato un pericoloso ostacolo alla società atea importata
dall’Unione Sovietica.
Il
rapido cambiamento dal sistema comunista verso una debole democrazia si
realizzava in un contesto di povertà diffusa e fu chiara la chiamata della
chiesa a essere coinvolta in iniziative di promozione sociale. Missionari
cristiani di varie denominazioni iniziarono a realizzare progetti di sviluppo
umano di svariati tipi, a dal semplice inserimento in aree povere per aiutare
la popolazione, a programmi su larga scala di educazione e sanità. Il Vaticano
fu tra i primi stati a essere formalmente invitato a stabilire relazioni
diplomatiche con la Mongolia. Così la Chiesa cattolica – a differenza di altri
gruppi cristiani – è stata fin da allora presente in modo ufficiale.
In
questi 23 anni di installazione legale, la Chiesa cattolica ha sempre giocato
un ruolo trainante nella promozione dei diritti umani e nella lotta alle
conseguenze della povertà e del sottosviluppo. Dove le lacrime abbondano sulla
faccia della gente, la chiesa si muove per agire perché identifica questi
sofferenti con lo stesso Cristo, così le azioni di carità diventano una
risposta naturale, e non un subdolo modo di fare nuove conversioni.
Una
percezione allarmata del lavoro della chiesa in questo senso può aver spinto
qualcuno a una sorta di sospetto, ma la chiesa ha costantemente cercato verità
e chiarezza a questo riguardo, dimostrando la sua attitudine imparziale a
lavorare per la promozione della dignità e rispetto umani. Come cristiani in un
paese buddista, condividiamo i nostri tesori spirituali e le nostre risorse
materiali perché noi crediamo fortemente che «la frateità asciuga le lacrime».
Una lunga lista di iniziative della chiesa dovrebbero
essere ricordata qui: dai centri di accoglienza per bambini di strada aperti
nella capitale, alle molteplici scuole e scuole d’infanzia, dalla cura di
bambini disabili ai progetti di agricoltura, da una clinica al servizio degli
svantaggiati a un centro culturale con esperienza in studi mongoli.
Sì, perfino l’orizzonte culturale dello sviluppo ha costantemente
marcato l’impegno della chiesa per una crescita armonica dei nostri valori
comuni, sui quali una società equa e pacifica, è costruita. Fino dall’inizio
della sua presenza, il nostro attuale prefetto apostolico, monsignor Wenceslao
Padilla, e i suoi collaboratori hanno intrattenuto relazioni fratee con la
gerarchia buddista, dando un taglio concreto alla convinzione che il dialogo
interreligioso è un percorso fondamentale su cui siamo tutti chiamati a
camminare insieme. Un’occasione annuale in cui si riuniscono Cristiani e
Buddisti, è sempre stata la «Giornata internazionale della pace», promossa
dalle Nazioni Unite. In questa occasione, una parte della cerimonia altamente
simbolica si svolge alla «campana della pace» nel centro della capitale
Ulaanbaatar. Qui i rappresentanti di differenti fedi offrono le loro parole
ispirate sul raggiungimento di una pace duratura, e iniziative di studio comuni
sono state tenute con l’obiettivo di incoraggiare la comprensione reciproca,
basata su conoscenza autentica delle tradizioni rispettive. La Chiesa cattolica
ha spesso invitato come ospiti d’onore monaci buddisti e pure capi di
importanti monasteri, per condividere i loro punti di vista e favorire i legami
esistenti di amicizia e dialogo.
Piantare la propria
tenda
Come
ospiti e pellegrini delle splendide steppe dell’Asia centrale, abbiamo
umilmente piantato la nostra tenda tra la gente, cercando di imparare da essa
la saggezza di vita che ogni gruppo umano sviluppa secondo le proprie
tradizioni. La ger mongola (tenda
tradizionale), nella quale la nostra chiesa si raccoglie ogni giorno a pregare
nella provincia di Uvurkhangai, è aperta a chiunque venga, che sia egli o ella
mosso da curiosità, bisogno o da un desiderio profondo di conoscere Colui che
ci ha mandati là.
Stimiamo
molto i valori morali e spirituali tipici del Buddismo, che hanno modellato
indelebilmente l’intera Asia, come pure i cuori dei mongoli: senso della
sacralità, profondità, serietà, moderazione, ascetismo, abnegazione. Crediamo
che a questo livello di esperienza religiosa ci sia un potenziale immenso di
mutuo arricchimento, se solo cogliamo la sfida di sederci insieme a condividere
i nostri tesori.
Allo
scopo di dare un taglio concreto a questo impegno per il dialogo interreligioso
e alla ricerca culturale, stiamo pianificando di aprire presto un centro
specifico destinato a queste attività. Il sito scelto è esso stesso altamente
simbolico: Kharkhorin (anche conosciuto come Karakoroum), l’antica capitale
dell’impero mongolo, dove nel XIII secolo Buddisti, Cristiani, Musulmani e
Shamanisti vivevano insieme e avevano i loro rispettivi luoghi di culto.
All’inizio
del terzo millennio, in linea con l’antica tradizione di armonia tra le diverse
esperienze religiose che distinsero la storia mongola, speriamo di contribuire
alla crescita del rispetto e apprezzamento per ogni altra entità, lavorando per
il bene comune della società mongola.
Giorgio Marengo
Tag: Chiesa, dialogo interreligioso, dialogo, Cristianesimo, Buddismo
Giorgio Marengo