Ricordo una veglia pasquale di tanti
anni fa, 1991, a Maralal: ci fu un black out totale proprio pochi minuti
prima dell’inizio. Buio completo. Alla luce di candele quella è stata una delle
veglie più suggestive che abbia mai celebrato. Un ricordo tira l’altro.
Febbraio 1983, prima domenica di quaresima. Accompagno il compianto padre Oscar
Goapper a celebrare il primo passo dell’iniziazione cristiana dei catecumeni in
un villaggio di Neisu, dove allora stava sorgendo la missione che oggi vanta il
miglior ospedale dell’Alto Huele, Nord-Est del Congo RD, allora Zaire. È buio
presto all’equatore, uniche luci, le stelle. La celebrazione comincia attorno
al fuoco e poi, pian piano, come per magia, la notte si illumina: una, dieci,
centinaia di candele si accendono. Salgo su un termitaio per essere sopra
quelle piccole luci che danzano nella notte. Stelle cadute dal cielo, gocce di
gioia e pace, isola di luce nell’oscurità della foresta. Ma too al ricordo di
Maralal. Dal fuoco nuovo viene acceso il cero pasquale. Entrare in chiesa al
buio non è un problema per la maggior parte dei presenti, abituati a vivere
senza elettricità. Entra la Luce, «Mwanga wa Kristu!» (la luce di Cristo) canto.
Piccola luce di un cero, ma grande luce di Cristo, che tutti illumina.
Il cero pasquale, icona di Cristo, icona della missione della Chiesa.
Mi affascina che in questo nostro tempo di lampade sempre più potenti, di luci
che illuminano a giorno, si continui a usare questo segno debole che è il cero
pasquale. Una luce piccola e fragile che però ha dentro una forza dirompente:
condivisa, può illuminare il mondo e incendiare la terra. Per vederla devi
essere al buio. Per lasciarti illuminare devi avvicinarti. Per sentirne il
calore devi ridurre le distanze. Per accenderti devi lasciarti toccare. E
toccato ti infiammi. Infiammato, ti consumi. Consumandoti, doni luce, accendi
speranze, scacci il buio e le sue paure, fai vedere il bello, comunichi gioia.
Ma sembra che oggi si abbia paura a
guardare questa luce che ti fa vedere dentro, che ti obbliga a incontrare te
stesso e gli altri. Altre luci ammaliano, attirano e accecano. Denaro,
divertimento, sesso, droga, potere. Luci che falsano i colori e rendono normale,
accettabile, giustificato quello che non lo è: dalla corruzione al rave,
dal sesso a tredici anni alla volgarità esibita in Tv, dalla coda per uno smartphone alla protesta contro i
rifugiati, dall’evasione alla satira senza rispetto per niente e nessuno,
dall’aborto all’eutanasia, dall’indottrinamento gender allo sfruttamento
dei precari e stranieri sottopagati e schiavizzati, … Anche il fanatismo
ideologico alla maniera dell’Isis è una delle luci che accecano tanti. Dico
fanatismo ideologico e non religioso, perché il dio dell’Isis non è Dio, ma un
mostro, una aberrazione dell’orgoglio umano che si è costruito un dio a misura
della sua superbia. Una luce violenta che esplode ogni tanto lungo la storia
dell’umanità, con nomi diversi, ma sempre gli stessi frutti di morte e
distruzione.
Niente di nuovo in quanto sto scrivendo. Ma è anche vero che noi
abbiamo la memoria corta e abbiamo bisogno di rinfrescarci le idee. Quante
volte abbiamo sentito nella nostra vita il racconto della passione, morte e
risurrezione di Gesù? Eppure ogni anno abbiamo bisogno di ridircelo, non solo
per ricordare ma per rivivere. Per rispondere alla domanda «C’eri tu alla croce
di Gesù?», «Sì, ci sono, oggi!». «Ci sono» alla sua morte e alla sua
resurrezione, perché oggi la sua morte e resurrezione danno senso alla mia
vita. E quello che «vedo e tocco» oggi dell’amore di Dio per me, lo testimonio,
lo canto, lo vivo. La luce debole del cero pasquale mi ricorda questo, fa
riconoscere dentro di me che l’amore di Dio in Gesù non è qualcosa del passato,
ma è un fatto che mi riguarda adesso, ogni adesso. E accendendo la mia candela
da quel cero, ne condivido sì la fragilità e debolezza, ma nello stesso tempo
ne moltiplico la forza. Quello che ho veduto, quello che ho ascoltato, quello
che ho toccato, quello che ho sperimentato come amore gratuito e liberante,
questo oggi annuncio e testimonio. E la tenebra è meno oscura, grazie alle
innumerevoli piccole luci che si sono lasciate toccare dalla Luce di Cristo e
come Lui si lasciano consumare per amore.
Gigi Anataloni