Un uomo su sette

Le patologie
oncologiche / 2: Il tumore alla
prostata

Il tumore alla
prostata è la principale neoplasia che colpisce il genere maschile. Sempre più
diffusa, soprattutto nei paesi sviluppati, negli ultimi anni ha tuttavia visto
migliorare l’indice di sopravvivenza.

I tumore alla prostata è la neoplasia prevalente nell’uomo. Esso
rappresenta il 21% di tutti i tumori ed è la terza causa di morte per tumore,
dopo quelli del polmone e del colon-retto. La sua incidenza è andata
progressivamente aumentando a partire dalla metà del secolo scorso, in cui esso
era considerato estremamente raro. Oggi è la più diffusa neoplasia tra i
maschi. Le ragioni di questo incremento sono legate sia ad un miglioramento
delle tecniche diagnostiche e alla diffusione della tecnica di resezione
transuretrale, le quali permettono di scoprire i casi subclinici, che
diversamente non sarebbero riconosciuti, sia all’aumento della vita media
verificatosi nell’ultimo secolo. L’incidenza (vedi Glossario) di questo
tumore aumenta infatti progressivamente con l’età (1% sotto i 40 anni, 30%
nella fascia 45-60 anni, 95% oltre gli 80 anni). In pratica quasi tutti gli
uomini, che hanno superato gli 80 anni presentano un piccolo focolaio di cancro
prostatico. La prevalenza (vedi Glossario) di queste lesioni raddoppia
ogni dieci anni d’età, passando dal 10% in uomini di 50 anni al 70% negli
ottantenni. Il tumore della prostata è particolarmente diffuso nei paesi
sviluppati, cioè Europa Nord occidentale, Australia, America del nord (in
particolare la popolazione afro-americana presenta elevati tassi d’incidenza),
ma è di frequente riscontro anche in alcune popolazioni caraibiche e nel Nord
Est del Brasile, mentre le popolazioni asiatiche dell’India e della Cina
sembrano essee meno colpite. In Italia l’incidenza di questo tumore varia tra
il 16,9 (x 100.000 abitanti) nella provincia di Latina e il 59,1 in quella di
Trieste. Nel nostro paese vengono diagnosticati oltre 40.000 nuovi casi
all’anno, un malato ogni 7 uomini seguiti e ci sono circa 5.000 decessi (uno su
34 pazienti seguiti). Ma la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è migliorata
nel corso degli anni passando dal 66% (1990-94) al 91% attuale.

Per quanto riguarda l’eziologia di questo tumore, sono state individuate
diverse possibili cause
: la predisposizione genetica, l’età, l’influenza degli
ormoni maschili, gli inquinanti ambientali, l’alimentazione e l’Herpes virus.

La predisposizione genetica risulta evidente
sia dalla maggiore diffusione della patologia in alcune etnie, come quella
nera, che in altre ed inoltre dalla familiarità (è più a rischio chi ha avuto
un consanguineo malato per questo tumore)1.

Si ipotizza inoltre che un continuo stress
infiammatorio come la prostatite possa favorire la progressione tumorale in una
condizione già predisposta.

L’avanzare dell’età predispone alla
possibile insorgenza di qualche forma tumorale per via del naturale
abbassamento delle difese immunitarie.

Un’altra causa sono gli ormoni sessuali
maschili, cioè il testosterone ed il suo metabolita diidro-testosterone. La
prostata è una ghiandola dell’apparato riproduttore maschile situata sotto la
vescica urinaria, con la funzione di produrre il liquido prostatico, che
unitamente a quello prodotto dalle vescicole seminali, dalle ghiandole
bulbo-uretrali e dai testicoli, forma il liquido seminale. La prostata inoltre è
androgeno-dipendente, cioè si sviluppa ed è mantenuta normofunzionale dai
livelli plasmatici del testosterone. Verosimilmente questo ormone ed il suo
metabolita hanno un ruolo importante, anche se non esclusivo, nello sviluppo
del tumore prostatico, poiché questa neoplasia non si trova negli eunuchi, non
si sviluppa in ghiandole atrofiche e tende a regredire somministrando
antagonisti del testosterone, cioè estrogeni, farmaci Lhrh (che bloccano la
produzione dell’ormone da parte dei testicoli) e antiandrogeni (che impediscono
il legame del testosterone sulle cellule prostatiche).

Di
sicuro rilievo nell’eziologia del tumore prostatico sono gli inquinanti
ambientali e l’alimentazione
, come si evince osservando le variazioni nei tassi
d’incidenza nelle popolazioni migrate, tassi che in breve diventano
sovrapponibili a quelle del Paese ospitante. Per quanto riguarda gli inquinanti
ambientali, ricordiamo il cadmio, teratogeno e cancerogeno e lo zinco, capace
di determinare un indebolimento del sistema immunitario.

L’alimentazione può favorire l’insorgenza del tumore
prostatico, se particolarmente ricca di grassi e di cai rosse, che portano ad
un aumento del testosterone. Anche un consumo elevato di calcio può fare
aumentare il rischio. Al contrario, tra i fattori protettivi, oltre al consumo
di vegetali è importante inserire nella dieta la vitamina E, il selenio e
l’estratto di pomodoro che contiene il licopene, capace di ridurre i livelli
ematici di Igf-1, proteina che stimola la crescita delle cellule del cancro
prostatico .

Gli studi sul possibile ruolo di agenti infettivi quali
batteri e virus come causa del tumore prostatico hanno portato a risultati
contrastanti, poiché al momento non ci sono prove certe, sebbene sia stata
osservata la presenza di Herpes virus (trasmissibile con i rapporti sessuali)
in alcune cellule di tumore prostatico2.

La
prostata può essere interessata da una patologia benigna, premaligna o maligna
.
Tra le patologie benigne ci sono la prostatite, cioè l’infiammazione/infezione
(che può essere acuta con episodi anche in giovane età e cronica) e l’«ipertrofia
prostatica benigna», un ingrossamento della parte di prostata più vicina
all’uretra legato all’età del paziente. Si tratta di una patologia progressiva,
che comincia verso i 50-60 anni e si presenta con un aumento volumetrico della
prostata, che comprime e rende meno elastica l’uretra, determinando difficoltà
di svuotamento completo della vescica con rischio di complicanze legate alla
parziale ritenzione dell’urina.

Tra le lesioni premaligne della prostata ci sono la «iperplasia
adenomatosa atipica» (Iaa) e la «neoplasia intraepiteliale prostatica» (Pin)3. La prevalenza delle
lesioni preneoplastiche aumenta con l’età del paziente e precede di circa 5
anni l’insorgenza dell’adenocarcinoma.

Le patologie maligne della prostata (cioè le varie forme
di cancro) sono: l’adenocarcinoma dei dotti (che è sicuramente l’istotipo più
frequente, rappresentando il 95% dei casi), il carcinoma anaplastico a piccole
cellule, il carcinoma spinocellulare ed il carcinosarcoma. 

I
soggetti più a rischio
e che necessitano di un maggiore controllo sono gli
uomini a partire dai 50 anni d’età e coloro che presentano familiarità per il
cancro prostatico, per i quali è consigliabile effettuare i controlli a partire
dai 40 anni. È bene tenere presente che la presenza o l’assenza di sintomi non è
un criterio discriminatorio, perché questo tumore – in fase iniziale -non dà
una sintomatologia clinica. La diagnosi precoce si basa essenzialmente sulla
visita urologica, sull’ecografia transrettale e sulla valutazione di alcuni
parametri del sangue, in particolare del Psa4. Va detto che per porre la
diagnosi di carcinoma prostatico è sempre necessaria la biopsia prostatica, la
cui esecuzione viene decisa sulla base della visita urologica e sull’esame di
specifici parametri.

L’aggressività del tumore viene definita dal referto
istologico della biopsia, in base alla classificazione secondo Gleason (5
livelli), mentre la sua estensione viene valutata con la scintigrafia ossea, la
Tac o la Pet-Tac e la risonanza magnetica.

Le
opzioni di trattamento di un tumore prostatico allo stadio iniziale sono
: la
sorveglianza attiva o monitoraggio attivo, l’intervento chirurgico, la
radioterapia a fasci estei o la brachiterapia, la terapia ormonale e l’attesa
sorvegliata. Ciascuna di queste opzioni presenta pro e contro, quindi la scelta
va fatta valutando le rispettive conseguenze e l’età del paziente.

La sorveglianza attiva prevede regolari controlli del
Psa e biopsie della prostata, per stabilire se il cancro è stabile o in
crescita, in modo da trattare chirurgicamente o con radioterapia solo chi ne ha
davvero bisogno, poiché le forme di cancro non sono tutte aggressive allo
stesso modo. È una metodica applicata agli uomini giovani e con tumore allo
stadio iniziale, che permette loro di vivere normalmente, ma con l’incognita di
un possibile aggravamento e con il fastidio delle biopsie ripetute.

L’intervento chirurgico sulla prostata («prostatectomia»)
e sugli annessi è indicato quando il tumore è allo stadio iniziale e limitato
all’interno della capsula prostatica. È riservato alle persone che abbiano
un’aspettativa di vita di almeno 10 anni, quindi non viene eseguito in età
avanzata.

È radicale, quindi libera dal tumore completamente
(salvo eventuali future recidive), ma il paziente va purtroppo incontro al
rischio di incontinenza urinaria (20-40% dei casi) e di impotenza (80% dei
casi). Da alcuni anni, per limitare il rischio d’impotenza, diversi urologi
praticano la chirurgia nerve sparing, che conserva l’innervazione.
Tuttavia esistono limitazioni alla sua applicazione, poiché potrebbe esporre il
paziente ad un più elevato rischio di recidive. Sicuramente questo tipo di
chirurgia non può essere praticato, se il tumore supera la capsula prostatica,
perché delle cellule neoplastiche potrebbero rimanere vicino ai nervi, causando
successivamente una recidiva. La radioterapia a fasci estei o la
brachiterapia, praticata inserendo diverse fonti radioattive direttamente nella
prostata, sostituisce a tutti gli effetti l’intervento chirurgico, non presenta
i rischi di decesso correlati all’intervento, ma implica la comparsa di cistiti
durante e dopo il trattamento, possibili danni alla vescica ed al retto e,
anche in questo caso, rischio d’impotenza (30-50% dei casi).

La terapia ormonale con antagonisti del testosterone
praticata da sola non sconfigge tutte le cellule tumorali, ma può tenere sotto
controllo la malattia per mesi o anni, finché il tumore resta
androgeno-dipendente e può inoltre essere addizionata alla chirurgia e alla
radioterapia. A seconda della terapia usata ci sono effetti collaterali
variabili, che possono comprendere ginecomastia, vampate di calore, impotenza e
mancanza di desiderio sessuale. Quando il tumore non risponde più alla terapia
ormonale è ancora possibile passare alla chemioterapia. L’attesa sorvegliata
consiste nel monitoraggio con Psa dei pazienti più anziani o che hanno altri
problemi di salute per cui chirurgia o radioterapia sono controindicate. Va
detto che spesso il cancro della prostata cresce molto lentamente, al punto da
non creare problemi in un paziente già avanti negli anni. Nonostante la sua
diffusione, il tumore prostatico non è un big killer, come può essere ad
esempio il melanoma, che può uccidere in 6 mesi.

Spesso
le cure seguite per il tumore della prostata hanno quindi gravi ripercussioni
sulla vita sociale e di coppia del paziente, oltre che a livello psicologico.
In particolare, per quanto riguarda la vita di coppia dopo una diagnosi di
tumore o di altra grave patologia, è stato recentemente pubblicato uno studio
su Cancer (che ha preso in esame tumori cerebrali e sclerosi multipla),
riguardante 515 pazienti da cui è emerso che il 12% delle coppie va incontro a
separazione o divorzio, se ad uno dei coniugi viene diagnosticato un cancro. In
particolare tende a separarsi il 21% delle coppie se ad ammalarsi gravemente
(quindi non solo di cancro) è lei, contro il 3% se il malato è lui e si tratta
prevalentemente di coppie di giovani. Il cancro, da malattia della persona,
diventa quindi malattia della coppia e della famiglia, per il trauma che esso
comporta ed i gravi disagi fisici e psicologici sia del paziente, sia di chi
gli sta accanto. Purtroppo i pazienti lasciati dal coniuge vanno più facilmente
incontro a recidive, perché meno motivati a seguire le cure e i controlli con
costanza e forse perché più indeboliti a livello immunitario, a causa della
sofferenza psicologica. Va detto che, nel caso del tumore della prostata,
attualmente, dopo la terapia, è possibile fare ricorso a protesi impiantate chirurgicamente
o a trattamenti farmacologici per ovviare al problema dell’impotenza, che
purtroppo spesso mina l’autostima del paziente (inducendo talora al suicidio) e
il rapporto di coppia. Tuttavia, forse sarebbe meglio aiutare le persone a
comprendere un rapporto si basa su cose diverse dalla sessualità, che
sicuramente è importante, ma non essenziale. Quando esistono amore vero,
affetto reciproco e interessi comuni, la limitazione della sessualità è un
problema superabile, soprattutto grazie alla consolazione che c’è ancora del
tempo da trascorrere insieme, nonostante la malattia. È altrettanto importante
essere consapevoli che il proprio valore come persona è immutato, nonostante la
malattia, anzi è maggiore proprio per il coraggio dimostrato nell’affrontarla.

Rosanna Novara
Topino

Glossario
 

Adenocarcinoma / adenoma:
adenocarcinoma è un tumore maligno del tessuto epiteliale, che prende
origine dall’epitelio ghiandolare. Se il tessuto ghiandolare è anormale, ma il
tumore è benigno, si parla invece di adenoma.

Antigene: sostanza
di provenienza ambientale o formatasi all’interno dell’organismo, che può
essere riconosciuta dal sistema immunitario. Viene definita immunogena quando
stimola il sistema immunitario a produrre anticorpi contro di essa. Il sistema immunitario
elimina o neutralizza qualsiasi antigene riconosciuto come estraneo o
potenzialmente dannoso.

Eziologia: in
medicina è lo studio delle cause di malattia.

Ginecomastia: anomalo
ingrossamento delle mammelle maschili. Può essere vera, quando vi sia una
eccessiva conversione del testosterone in estrogeni, o iperprolattinemia, o a
seguito di ormoni femminili, o per incapacità del fegato di smaltire gli
estrogeni in eccesso. È invece falsa, quando è semplicemente dovuta a un accumulo
di grasso: in questo caso si parla di lipomastia.

Incidenza: numero
di nuovi casi diagnosticati in una popolazione di riferimento (ad esempio,
100.000 persone) in un arco di tempo, solitamente un anno.

Licopene: appartiene
al gruppo dei carotenoidi ed è abbondante nel pomodoro. È una sostanza
lipofila, quindi viene assorbito dai grassi e ha elevate proprietà
antiossidanti. È una molecola scavenger, cioè spazzina di radicali liberi,
molecole implicate nell’insorgenza dei tumori.

Macrofagi: detti
anche istiociti, sono cellule della difesa immunitaria aspecifica, con proprietà
di fagocitosi, cioè capacità di inglobare nel proprio citoplasma detriti
cellulari e particelle estranee. Ricoprono il ruolo di cellule spazzine
dell’organismo.

Melanoma: è il
più aggressivo dei tumori della pelle, poiché utilizza sia la via ematica, che
quella linfatica per diffondere le metastasi. Può prendere origine da un neo
cutaneo, ma non necessariamente, e può formarsi ovunque. Negli ultimi anni la
sua frequenza è notevolmente aumentata rispetto al passato anche a causa della
tendenza a esporsi a lungo al sole e alle lampade abbronzanti.

Per-Tac: tomografia
assiale computerizzata a emissione di positroni.

Psa (valori e rischio tumore):
il Psa –
antigene prostatico specifico – è un «marcatore» del tumore prostatico. Si
misura attraverso un’analisi del sangue: •
0-2,5 ng/ml: rischio basso; • 2,6-10
ng/ml: rischio moderato; • oltre 10 ng/ml: rischi
elevato.

Prevalenza: la
prevalenza dei pazienti oncologici è il numero di persone che hanno
precedentemente avuto una diagnosi di tumore, nella popolazione generale. È
influenzata sia dalla frequenza con cui ci si ammala, sia dalla durata della
malattia (sopravvivenza). Tumori meno frequenti ma con buona prognosi tendono a
essere più rappresentati nella popolazione rispetto a tumori molto più
frequenti ma caratterizzati da bassa sopravvivenza.

Rna messaggero: acido
nucleico con la funzione di trasporto dell’informazione genetica dal Dna
contenuto nel nucleo cellulare ai ribosomi del citoplasma cellulare, dove si
effettua la sintesi proteica.

Scintigrafia: esame
di medicina nucleare effettuato dopo la somministrazione di un tracciante
radioattivo, che si accumula preferenzialmente nel tessuto che si intende
studiare. È utilizzata per evidenziare la presenza di metastasi tumorali
localizzate nelle ossa.

Testosterone: ormone
sessuale maschile del gruppo androgeno, prodotto principalmente dalle cellule
di Leydig dei testicoli e, in minima parte, dalle ovaie e dalla corteccia
surrenale. Nell’uomo è deputato allo sviluppo degli organi sessuali e di tutto
l’apparato genitale, nonché dei caratteri sessuali secondari come la barba, la
distribuzione dei peli, il timbro della voce e la muscolatura. Nella pubertà
interviene anche nello sviluppo scheletrico, limitando l’allungamento delle
ossa lunghe ed evitando una crescita sproporzionata degli arti.

R.N.T.

Note (tecniche)
esplicative

 

(1) In particolare, vi sarebbero tre geni coinvolti
nell’eziologia di questo tumore: il Rnasel (detto anche Hpc1), la cui mutazione
può predisporre a infezioni virali; l’Msr1, importante per la risposta che i
macrofagi possono dare agli antigeni estei e la cui mutazione predispone alle
infezioni, soprattutto batteriche; il Brca2, il cui prodotto normale è
coinvolto nella riparazione di tratti cromosomici danneggiati.

(2) Secondo un recente studio di
E. Platz pubblicato su Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention
dell’«American Association for Cancer Research», la presenza di infiammazione
cronica nel tessuto prostatico benigno è associabile a un aumentato rischio di
tumore prostatico più aggressivo, anche nel caso in cui il livello del Psa
(antigene prostatico specifico) sia basso. Lo studio che ha coinvolto 18.882
pazienti ha dimostrato che quelli con il tessuto prostatico benigno infiammato
hanno probabilità 1,78 volte maggiore di ammalarsi di tumore della prostata e
2,24 volte in più che si tratti di una forma più aggressiva.

(3) Nella Iaa è evidente una proliferazione
dell’epitelio prostatico con la formazione di gruppi di neoformazioni
ghiandolari ben delimitate, senza quadro d’infiltrazione. Nella Pin, che può
essere di basso e di alto grado, si osserva una proliferazione epiteliale senza
neoformazione ghiandolare, con formazione di più strati di cellule, che
presentano alterazioni nucleari e nucleolari sempre più marcate mano a mano che
si va verso il grado più elevato e che presentano notevoli analogie con il
quadro riscontrabile nell’adenocarcinoma prostatico, la varietà più diffusa di
cancro della prostata.

(4) I parametri principali sono:
il Psa ematico, il rapporto Psa libero/Psa totale, la Psa velocity, ovvero la
velocità con cui il Psa aumenta nel tempo, il Pca3, nuovo marcatore su base
genetica (Rna messaggero), il Psma (antigene di membrana prostatico specifico)
e il Psap (fosfatasi acida prostatica specifica). Per quanto riguarda il Psa,
il marcatore più ricercato per effettuare la diagnosi, si tratta di una
glicoproteina contenuta nelle cellule epiteliali prostatiche acinari e dei
dotti sia normali, che neoplastiche. Si ritiene che in presenza di un elevato
ricambio cellulare (come avviene nei tumori) ci sia una perdita di coesione tra
le cellule epiteliali e i lumi dei dotti ghiandolari, con conseguente
immissione del Psa nel sangue.

Tags:

patologie oncologiche, indice di sopravvivenza, prostata

Rosana Novara Topino