Gli obiettivi per lo
sviluppo sono in scadenza. In 14 anni hanno tenuto alta l’attenzione su temi
cruciali. Alcuni indicatori sono pure migliorati. Ma non basta. Occorre
mantenere viva l’attenzione collettiva e attivare le coscienze.
Il 2015 sarà un anno cruciale perché forse, il punto di domanda è d’obbligo in una situazione mondiale tanto turbolenta e densa di incertezze, le Nazioni Unite toeranno a essere un luogo dove ragionare e decidere sui veri problemi del mondo. L’occasione sarà data dalla nuova Agenda per lo sviluppo che i governi dovranno discutere e approvare dopo la scadenza degli Obiettivi del Millennio.
Come molti ricordano, gli Obiettivi sono stati individuati nell’Assemblea generale del 2000, quando la tragedia delle torri gemelle non si era ancora compiuta e l’Onu era considerata, dopo il crollo dell’impero comunista e la fine del bipolarismo, un luogo di rappresentanza e di negoziato in grado di dare una risposta ai bisogni vecchi e nuovi dell’umanità.
L’allora Segretario generale Kofi Annan aveva chiesto ai governi di passare dalle parole ai fatti individuando, tra i molti documenti dei summit per lo sviluppo celebrati nel decennio precedente, otto obiettivi concreti, chiari, misurabili, da raggiungere entro una scadenza prestabilita: il 2015 appunto.
Nel 2002, non appena si sono smorzati gli echi della tragedia dell’11 settembre che in quel periodo aveva completamente catalizzato l’attenzione e occupato l’agenda politica, Annan ha cercato l’avallo e il sostegno dell’opinione pubblica, chiamando i cittadini alla mobilitazione. Così migliaia di organizzazioni, Ong, sindacati, gruppi giovanili, scuole, amministrazioni locali e, per il loro tramite, milioni di uomini, donne e ragazzi hanno manifestato, sottoscritto petizioni, promosso iniziative di pressione a favore degli Obiettivi.
Tutti i paesi, dai più poveri ai più ricchi, sono stati attraversati da questo fermento: possiamo considerare quella sui Millennium Goals, la più grande campagna di opinione mai realizzata. All’iniziativa intitolata «Stand Up» (alzati in piedi contro la povertà), organizzata una volta all’anno, hanno partecipato milioni di persone (si calcola che nel 2009 siano stati 44 milioni).
Oltre a essere diventati il principale quadro di riferimento per politiche e programmi di cooperazione, gli Obiettivi sono stati il primo tentativo di riassumere in un documento unitario le molteplici componenti dello sviluppo umano, coniugando istruzione e salute, tutela dell’ambiente e parità di genere, trasferimento delle tecnologie e commercio internazionale.
Ben prima della crisi economica, la campagna ha evidenziato il carattere globale dei problemi: la povertà e la fame non riguardano solo i paesi del Sud del mondo, ma richiedono uno sforzo congiunto, le pandemie come l’Aids, la tubercolosi o le altre malattie contagiose non si fermano alle frontiere, ma possono colpire gli abitanti del mondo intero; l’emergenza climatica e l’esaurimento delle fonti energetiche non minacciano solo i paesi industrializzati, ma accrescono le difficoltà economiche dei paesi produttori di materie prime.
Nonostante la drammatica battuta d’arresto negli sforzi per combattere fame e povertà causata dalla crisi economica del 2008, gli Obiettivi del Millennio hanno prodotto effetti positivi. Secondo l’ultimo rapporto Onu di verifica, mezzo miliardo di persone è uscito dalla povertà assoluta, l’88% dei bambini e delle bambine viene oggi iscritto alla scuola primaria, con tassi di incremento del 15% in Africa e dell’11% in Asia. Il tasso di frequenza scolastica delle bambine nei paesi emergenti è salito dal 60% al 79%; 4 bambini su 5 vengono vaccinati, anche se il totale dei bambini sotto i cinque anni che muoiono ogni anno di malaria e altre malattie curabili è di 9 milioni; le morti delle partorienti sono diminuite del 47% anche se sono ancora 287mila ogni anno, e di queste 50mila hanno meno di 19 anni. Grazie alla prevenzione e ai farmaci antiretrovirali, diminuisce il numero delle persone che contraggono il virus Hiv e muoiono di Aids, mentre i morti per la malaria sono diminuiti di un quarto.
Questi passi avanti sono il risultato dell’azione combinata di crescita economica, politiche governative, impegno della società civile e sforzo globale in favore degli Obiettivi del Millennio, dimostrando che, se gli obiettivi sono condivisi e si mettono in campo le risorse necessarie, i risultati arrivano.
Nel 2015 gli Obiettivi scadono e si rischia un vuoto di iniziativa. Per questo le Nazioni Unite hanno promosso il processo Beyond2015 (oltre il 2015), individuando i 12 Nuovi Obiettivi, a cui vale la pena di riservare la nostra attenzione nei prossimi mesi.