Nel cuore dell’Africa 

Doruma: non solo Mission


Piccolo villaggio
vicino a un confine triplo nel centro dell’Africa. Isolato dal mondo per le
pessime strade. In una zona di incursioni da parte di milizie e popoli in
transito. Prossimo a campi di sfollati nei quali manca tutto. E reso famoso (o
quasi) dal reality show «Mission». Racconto
di un missionario originario di Doruma, tornato a casa per delle brevi vacanze.

Se si guarda la cartina del continente africano e
si cerca un ipotetico baricentro, si cade su un confine triplo, a Sud Ovest
della Repubblica Centrafricana (Rca), Nord della Repubblica Democratica del
Congo (Rdc) e Sud del Sud Sudan.

Proprio
qui, un puntino segnato sulla carta porta a fianco il nome di «Doruma». Ci
troviamo nella provincia Orientale del Congo, distretto Haut-Uélé (Alto Uélé) a
una decina di chilometri dal confine con il Sud Sudan e circa cinquanta, in
linea d’aria, con la Rca.

L’omonima
parrocchia si estende su una superficie di 14.046 chilometri quadrati
(superficie di una media regione italiana, ndr) e
conta 55.713 abitanti. Il clima è tropicale. Doruma fu la prima parrocchia dei
missionari della Consolata in questa zona nel Nord Est della Rdc. I primi ad
arrivarci furono i domenicani nel 1917 mentre la presenza dei missionari della
Consolata risale al 1973. Nel 2001 la parrocchia divenne diocesana.

La
stragrande maggioranza della popolazione è dedita a un’agricoltura di
sussistenza e all’allevamento di animali di piccola taglia (galline, capre).
Nella zona non esistono industrie. Più del 50% è analfabeta. La gente, così
come gli impiegati statali, si alimenta di ciò che coltiva. Le magre entrate
provengono dalla vendita dei prodotti agricoli nei mercati locali e sono
destinate all’acquisto di beni di prima necessità e per la scolarizzazione dei
bambini.

Da
anni il villaggio è isolato a causa dell’avanzato stato di degrado delle strade
e dell’insicurezza provocata dagli scontri armati. Gli scambi commerciali sono
quindi molto difficili. Solo nei momenti di tregua, in bicicletta o in moto, si
percorrono 500 – 700 km per l’approvvigionamento di petrolio (per le lampade),
sale, sapone, vestiti e altri manufatti. Ci sono scambi commerciali regolari
con le città sudsudanesi di Ezo, Yambio, e ugandesi Ariwara, Arua. Fino a
spingersi a Kampala, capitale dell’Uganda. Il Sud Sudan è diventato il luogo più
vicino per questi rifoimenti.

I cristiani a Doruma

La
parrocchia di Doruma appartiene alla diocesi di Dungu-Doruma ed è gestita da
due sacerdoti diocesani locali, appoggiati dalle suore agostiniane, anche loro
congolesi, impegnate nel campo della pastorale, della salute, dell’educazione e
promozione sociale. Oltre il 90% della popolazione è costituita da cristiani
cattolici. Sono inoltre presenti anche altre confessioni cristiane, in
particolare le Eglises du réveil
(chiese del risveglio) d’ispirazione evangelica.

La pratica della vita cristiana non è così diversa da
altre parrocchie della diocesi. È diffusa, anche da parte dei cristiani, la
pratica di ricorrere a elementi di religioni tradizionali, quali feticci e
stregoneria. La pastorale è organizzata e animata, secondo le indicazioni
diocesane, dalle varie commissioni parrocchiali e dai gruppi apostolici che
annunciano e insegnano la parola di Dio ai fedeli. Ogni giorno è prevista la
celebrazione delle messe anche se l’affluenza infrasettimanale è molto bassa.
La partecipazione è invece massiva in occasione delle grandi feste.

L’edificio
della chiesa è quasi centenario: risale al 1920. Il suo stato fatiscente non
passa inosservato e il pericolo che crolli sulla testa dei fedeli è reale. Da
tempo, a livello parrocchiale, è stata lanciata l’iniziativa di una raccolta
fondi per costruire una nuova chiesa e ciascuno dà il suo piccolo contributo.
Ma data la situazione in cui versa il paese e la povertà economica della gente
diventa molto difficile riuscire nell’impresa.

Ribelli, assalitori e
profughi

Dal mese di settembre del 2008 tutta l’area del Nord Est
della Rdc è zona di incursioni dei ribelli fanatici ugandesi della Lord Resistance Army, (Lra,
si veda MC giugno 2012, ndr).
Il territorio di Doruma ne è particolarmente toccato.

L’area
è anche soggetta alle invasioni di mbororo,
pastori nomadi provenienti da Camerun, Rca e altri paesi in continuo movimento
e ricerca di pascoli. Le tensioni tra mbororo e
comunità locali sono frequenti perché gli allevatori occupano i campi degli
agricoltori congolesi per dare pascolo alle mandrie. Il governo ha smesso di
ricacciarli oltre confine e permette loro di installarsi in territorio
congolese. Così anche nella periferia di Doruma vive una loro comunità.

Ma il
vero flagello sono stati i sedicenti «ribelli» dell’Lra, ogni passaggio dei
quali ha lasciato dietro di sé desolazione, morti violente, distruzione di
scuole e strutture medico sanitarie, saccheggio di coltivazioni, mercati,
cappelle, strutture parrocchiali. La gente è stata costretta a spostarsi in
massa. Le donne, senza distinzione d’età, sono state violentate. Gruppi di
persone sono stati sequestrati e obbligati a trasportare il bottino rubato. I
giovani sono stati costretti ad arruolarsi al servizio di questi gruppi armati.

È difficile
porre rimedio a questa situazione che porta al tragico smarrimento della
popolazione.

Negli
ultimi mesi – un ultimo attacco si è verificato lo scorso dicembre – nella
regione è subentrata una calma relativa che ha permesso ad alcune organizzazioni
inteazionali di intervenire in diverse forme a favore degli sfollati e dei
rimpatriati della zona (Unhcr, l’organizzazione delle Nazioni Unite per i
rifugiati e alcune Ong inteazionali e italiane).


Le cappelle

Prima
dell’arrivo dell’Lra, la parrocchia era suddivisa in sei settori nei quali
erano presenti più di 60 cappelle. L’arrivo dei ribelli ha spinto la
popolazione a concentrarsi nei centri più grandi per difendersi, e alcune
cappelle sono state abbandonate dai cattolici. Una volta tornata la calma,
alcuni fedeli sono rientrati nelle loro comunità di origine. Attualmente nei
sei settori della parrocchia hanno ripreso vita 42 cappelle.

Ma
per poter visitare e animare con regolarità queste cappelle i sacerdoti
incontrano enormi difficoltà, non disponendo di grandi mezzi di trasporto per
raggiungerle. L’unico mezzo della parrocchia è una motocicletta vecchia e
malandata, e far fronte ai suoi continui guasti diventa una spesa proibitiva.

Gli sfollati di
Doruma

Fin
dal dicembre del 2008, a causa delle cruente incursioni di elementi della Lra,
un movimento massiccio della popolazione aveva cambiato l’ubicazione dei
villaggi in tutta la zona. Nel territorio circostante si sono creati almeno
nove centri di raccolta per gli sfollati, sei nel villaggio di Doruma (chiamati
Combattant, Bitabi, Banga, Nambili, Zigbi, Manvugo, Diangele), poi a 20 km i
siti di Gangala, Masombo (60 km a Nord ) e un sito a Naparka (60 km a Ovest).
In tutti i centri gli sfollati convivono con le popolazioni del posto. Dal 2009
al 2011, gli sfollati hanno ricevuto aiuti d’emergenza in termini di cibo,
ripari temporanei e cure mediche gratuite da varie organizzazioni
inteazionali. In questo momento invece gli sfollati interni e i rimpatriati
sono abbandonati a se stessi, senza alcun soccorso. Sul posto operano ancora
alcune Ong inteazionali, che intervengono su problematiche specifiche. Come
Medici Senza Frontiere, incaricata della lotta contro la tripanosomiasi
africana e Intersos (sostenuta dalla Conferenza Episcopale Italiana) impegnata
nella costruzione o il ripristino di alcune scuole elementari (a Masombo,
Diabakpa e Gangala).

Intersos
segue e assiste pure 400 bambini vulnerabili di nove scuole primarie,
distribuendo materiali scolastici e uniformi, pagando tasse scolastiche, creando
club per bambini in ogni scuola, provvedendo alla realizzazione di latrine e
pozzi d’acqua potabile per tre scuole elementari. Intersos offre anche un
appoggio psicosociale alle vittime di violenze sessuali, promuovendo piccoli
progetti per attività generatrici di reddito per il reinserimento socio
economico delle famiglie fatte oggetto di aggressioni e saccheggi.

Anche
le Nazioni Unite sono presenti con l’Unhcr, che ha l’incarico di monitorare il
territorio e la situazione in termini di sicurezza delle popolazioni e dei loro
spostamenti, individuare le emergenze umanitarie ed elaborare programmi di
sensibilizzazione e di accompagnamento su temi particolari quali le violenze
sessuali e i diritti umani.

Acqua, igiene e
salute

Sfollati
e rimpatriati vivono in condizioni molto difficili.

Nelle
strutture sanitarie (dispensari e centri di salute) mancano spazi per
accogliere i pazienti. La stessa sala ospita i neonati e gli ammalati colpiti
da diverse patologie. È il caso dei dispensari di Manyugo, Bakudangba, Gangala,
Masombo, Naparka, Nambili e Diebio. Tutte queste strutture sono a disposizione
degli sfollati e dei rimpatriati, anche se tutte mancano le sale parto e le
latrine.

I
villaggi di accoglienza degli sfollati non hanno pozzi e le fonti di acqua non
potabile si trovano nella boscaglia a un paio di chilometri dai centri abitati.
Quest’acqua però è la causa principale di molte malattie.

Sfollati
e rimpatriati non hanno accesso alle cure mediche per mancanza di mezzi
finanziari capaci di coprire i costi elevati delle medicine o dei ricoveri.
Questo obbliga la gente a ricorrere alle cure tradizionali. Alla lunga, le
malattie si aggravano e diventano un rischio per le comunità. Nella zona di
Doruma molti muoiono perché non sono curati. Anche i centri sanitari e i
dispensari mancano di una scorta di farmaci efficaci e adeguati per coprire il
fabbisogno della popolazione.

Aids, fame e case

L’Aids
è molto diffuso nella zona di Doruma. Ma per curarsi occorre andare
all’ospedale di Ezo in Sud Sudan (a 95 km) dove esiste un centro per la
prevenzione e il trattamento della malattia o in alternativa a Dungu in Rdc (a
210 km). Recarsi a Ezo significa sobbarcarsi anche le spese relative al visto
di entrata e di uscita. Alcuni ammalati di Aids hanno potuto trovare ospitalità
presso villaggi e famiglie sudsudanesi e usufruire di cure mediche gratuite.

L’assistenza psicosociale realizzata nel villaggio di
Doruma da organismi inteazionali dovrebbe includere un’attenzione
specifica agli ammalati di Aids con del personale specializzato, perché in
diversi casi si riscontra una forte aggressività.

Diversi
edifici scolastici usati per i bambini degli sfollati e dei rimpatriati sono
fatiscenti e pericolanti: è il caso delle scuole primarie di Ndolomo e Gurba.
Anche il liceo di Ndolomo è cadente. A Gangala e a Naparka le aule scolastiche
sono insufficienti per accogliere tutti i bambini delle elementari. Inoltre le
foiture scolastiche di base e i materiali didattici sono inesistenti. Un
altro grosso problema per i profughi è mangiare. Nei villaggi della zona manca
il cibo necessario e soprattutto i bambini patiscono la fame. La maggioranza
degli adulti coltiva dei piccoli orti nella boscaglia, lontano dai centri
abitati per il timore di nuovi attacchi.

Gran
parte degli sfollati trascorre la notte in cattive condizioni, riparandosi
dagli agenti atmosferici con materiali di scarto.

Il
problema è quello di aggiungere in sicurezza le zone più lontane della
boscaglia e reperire tronchi e rami necessari per realizzare capanne solide e
capaci di proteggere tutta la famiglia.

Inoltre,
gli sfollati sono stati costretti a spostarsi molte volte per sfuggire agli
attacchi violenti degli aggressori, perdendo di volta in  volta i raccolti, i propri beni e persino il
necessario per cucinare.

L’Italia e Mission

Nel
luglio 2013 la Rai ha realizzato a Doruma alcune riprese per il controverso reality
show
Mission, che poi è andato in onda nel gennaio di quest’anno. Ma
la gente del villaggio e le autorità non sono state interpellate, in
particolare oggi si lamentano di non aver visto le immagini prima che fossero
utilizzate nel programma e mandate in onda (e neppure dopo peraltro).

 

Dopo quattro anni di assenza ho trovato la situazione
socio-economica ancora difficile, nonostante un generale miglioramento della
sicurezza. Grazie allo stato di pace, anche se precaria, la popolazione può
lavorare nei campi e riesce a sopravvivere. Un grosso problema sono le strade
di accesso, completamente dissestate per cui la zona rimane isolata. Sulle
infrastrutture il governo dovrebbe prendersi le sue responsabilità.
Per
la gente di Doruma, nonostante i drammatici e disumani avvenimenti del recente
passato, il fatto di essere ancora vivi, di poter coltivare la terra o di
partire alla caccia, e soprattutto di rientrare e ritrovarsi in famiglia dopo i
lunghi spostamenti del giorno, sono giornie che aiutano a superare la paura di
nuovi attacchi e i traumi lasciati dalle vessazioni subite. Nei discorsi degli
abitanti di Doruma c’è la speranza che finiranno le incursioni e che si potrà
lavorare tranquilli, assicurare un’educazione ai figli e la salute per tutti,
mangiare in santa pace il frutto del proprio sudore.

David Moke*
 

*Padre
David Bambilikpinga-Moke è missionario della Consolata originario di Doruma,
svolge il suo servizio a Roraima in Brasile ed è tornato per le vacanze al suo
villaggio tra dicembre 2013 e gennaio 2014

David Moke

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