Consumarsi fino all’ultimo 

«Famiglie». Questa è l’ultima parola
che ha scritto. Poi basta. Non aveva più niente da dare. Consumata fino all’ultimo.
Prima in Africa e poi in Italia, ha registrato pensieri, conferenze, prediche,
interventi, emozioni, critiche e arrabbiature, pensieri santi e programmi di
lavoro, numeri e parole. In quest’epoca digitale non capita spesso di assistere
a una fine così, dopo chilometri di parole scritte fino all’esaurimento totale.
La fine della mia penna biro. Gli ultimi giorni di carnevale, vigilia di
quaresima.

Quaresima, il tempo che si conclude con un
soffio: «Tutto è compiuto»! (Gv 19,30). Consummatum est! Le ultime
parole di Uno che ha dato tutto per amore. Non vogliatemene se oso mettere
vicini una vecchia biro e il Figlio di Dio in croce. Ma mi sento in buona
compagnia. «Io non sono che una piccola matita nelle mani di Dio», aveva
scritto Madre Teresa. La fine della mia penna, che ha servito fino all’ultimo,
mi ha un po’ emozionato e fatto pensare.

• All’Allamano, il beato che noi vorremmo presto
santo – come non lo fosse già -, che nel suo testamento ha scritto ai
missionari e alle missionarie: «Per voi ho dato tutto: impegno, salute, denaro,
vita. Spero, morendo di diventare vostro protettore in Cielo».

• Al mio compagno di noviziato, amico e fratello
in Italia e in Kenya, padre Giuseppe Ettorri, consumato dalla malattia a
sessant’anni, il 23 febbraio di quattro anni fa. Il tutto era esploso solo
pochi giorni prima, proprio il 16, giorno anniversario della morte del beato
Allamano.

• A suor Paolita, di cui a metà gennaio di
quest’anno ho benedetto il funerale, mia immancabile compagna di banco durante
la preghiera del mattino nella chiesa del beato Allamano, che è andata in cielo
a «esultare di gioia indicibile e gloriosa» avendo conseguito la Meta di tutta
una vita di fede e dedizione (cfr. 1 Pt 1,8-9 e Eb 12,2).

• A padre Giorda, di cui scriviamo questo mese, ripartito per il
Tanzania alla bella età di 87 anni, con in cuore un motto: «Punda afe, mizigo
afike!» (muoia l’asino, [purché] il carico [la Buona Notizia di Gesù] arrivi».

Pensieri arruffati. Molti i volti che
si affollano nel cuore. Persone che non hanno ancora finito di consumare il
loro inchiostro e persone che hanno dato tutto raggiungendo la Meta dopo una
corsa gagliarda, guardando in avanti. Questi ultimi mi ispirano una gioia
profonda perché sono giunti là dove avevano tanto desiderato arrivare, liberandosi
nel lungo viaggio di tutto il superfluo per acquistare il solo Tesoro (cfr. Mc
10, 21) per cui vale spendere la vita. Persone che nel loro cammino hanno
irradiato speranza, comunicato serenità, condiviso amore. Non «facce da
quaresima», ma piccole umili luci della Pasqua.

La Pasqua, memoriale dell’avvenimento centrale della nostra fede senza
il quale il Cristianesimo sarebbe solo una religione come tante, è ormai
imminente. Guardiamo a Colui che ha vinto la morte e il male consumandosi sino
all’ultimo per far trionfare la vita e l’amore. Ricarichiamoci di luce per
continuare a tracciare segni – seppur piccoli – di speranza, di coraggio, di
gratuità, di gioia e di frateità in un mondo avvolto dall’oscurità della
disperazione, della violenza, del sopruso e dell’avidità. Buona Pasqua.

Gigi Anataloni

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