Nei paesi ricchi si sta diffondendo la chirurgia plastica per
recuperare l’aspetto fisico antecedente la gravidanza. Il mercato impone i suoi
diktat estetici, facendo passare l’idea che il non bello e il non giovane siano
errori da riparare. Correlato a questo fenomeno ce n’è un altro, anch’esso in
rapidissima crescita: quello del turismo medico. Così, mentre in troppi paesi
mancano medici e ospedali pubblici, in altri si profila una nuova vittoria
dell’«apparire» sull’«essere».
Anche i media ritenuti – a torto o a
ragione – più seri, sempre più spesso ci propongono immagini e servizi sulle
neomamme vip che – trascorso pochissimo tempo dal parto e dall’allattamento –
tornano in una forma fisica smagliante. Di solito vengono riportate le
dichiarazioni delle dirette interessate che dicono di passare ore e ore in
palestra e di seguire diete ferree. Non viene invece detto che molte di loro
fanno ricorso al cosiddetto Mommy
makeover («rifacimento della mamma»), una combinazione di
interventi chirurgici per rimediare ad alcuni difetti lasciati dal parto e
dall’allattamento.
Il
fenomeno del Mommy makeover è
nato negli Stati Uniti, ma sta diffondendosi anche in Europa, Italia compresa.
Secondo un’indagine compiuta dall’American
Society of Plastic Surgeons su 1.000 neomamme il 62% si
sottoporrebbe volentieri a qualche intervento di chirurgia plastica per
recuperare l’aspetto fisico antecedente la gravidanza se i costi fossero meno
elevati. Tra gli interventi più richiesti figurano la mastoplastica additiva
(aumento del seno), la mastopessi (sollevamento del seno), la liposuzione
(rimozione del grasso in eccesso) unita all’addominoplastica (tensione della
parete addominale), e sempre più spesso la chirurgia estetica intima, la cui
richiesta è raddoppiata negli ultimi cinque anni. La pratica di quest’ultima si
è diffusa a tal punto che l’American College of
Obstetricians and Gynecologist è intervenuto indicando tali procedure
come raramente appropriate sul piano medico, e potenzialmente dannose per la
salute. Questo fenomeno rientra nella estrema diffusione, a livello mondiale,
della chirurgia plastica e della medicina estetica. Ovviamente si deve
riconoscere a questa branca della chirurgia il grande merito di permettere il
recupero estetico a persone che hanno subito gravi traumi o interventi
chirurgici distruttivi per curare tumori, o che sono state colpite da patologie
deturpanti. Tuttavia ormai ci troviamo di fronte sempre di più alla
medicalizzazione consumistica della salute, con il mercato globale che si pone
come difensore dei valori della bellezza e della giovinezza, e impone i suoi
diktat estetici. Viene fatta passare l’idea che il non bello, il non giovane ed
efficiente siano assimilabili al male, quindi da correggere. Ecco allora il
boom della elective surgery, cioè
dell’insieme degli interventi chirurgici non necessari in senso clinico, di cui
è soprattutto il paziente a sentire la necessità, e la sostituzione del
rapporto medico-malato con quello medico-persona sana. È presente in questo
fenomeno il rischio di sfruttamento del disagio psichico e sociale delle
persone più fragili, con scarso equilibrio interiore, che spesso trasferiscono
sul corpo un malessere di origine diversa. È stata infatti osservata un’elevata
rilevanza statistica di disordini mentali fra i candidati alla chirurgia
estetica, colpiti spesso da dismorfofobia corporea: malattia psichiatrica
consistente in una sensazione soggettiva di deformità fisica. Questa patologia,
secondo uno studio condotto da Hodgkinson nel 2005, viene riscontrata nel 20%
delle persone che si rivolgono a un chirurgo estetico e si manifesta con una
vera e propria dipendenza da chirurgia plastica. Secondo un altro studio
condotto da A. Napoleon su un gruppo di pazienti della Carolina del Sud,
ricoverati per un intervento di chirurgia plastica, il 25% di loro soffriva di
disturbo narcisistico, il 12% di disturbo dipendente, il 9,75% di disturbo
istrionico, il 9% di disturbo borderline
della personalità, il 4% di disturbo ossessivo-compulsivo, il 3% di altri
disturbi della personalità (antisociale, paranoide, schizotipico, ecc.). Solo
il 29% non presentava alcun disturbo della personalità. Secondo il DSM-IV (Diagnostic
and Statistical Manual of Mental Disorders), il disturbo narcisistico
di personalità si presenta con un quadro di grandiosità, mancanza di empatia,
richiesta di ammirazione, fantasie illimitate di successo, potere, bellezza e
con un comportamento arrogante e superbo. Tra le maggiori preoccupazioni di
questi pazienti ci sono i difetti legati all’avanzare dell’età e questo li
porta spesso a richiedere interventi di lifting.
Il
disturbo dipendente di personalità si presenta con una eccessiva necessità di
essere accuditi, con un comportamento sottomesso e dipendente, timore della
separazione, percezione di sé stessi come incapaci di realizzare qualcosa senza
l’aiuto degli altri. Pazienti di questo tipo ricorrono più frequentemente di
altri alla mastoplastica additiva.
Nel
disturbo istrionico è presente emotività eccessiva con ricerca di attenzione,
comportamenti seducenti, teatralità, autodrammatizzazione ed espressione
esagerata delle emozioni. Questi pazienti richiedono interventi di
mastoplastica additiva, di ingrossamento delle labbra e rimodellamento degli
occhi per allontanare la possibilità di un rifiuto.
Il disturbo borderline della personalità è
caratterizzato da instabilità delle relazioni interpersonali e dell’umore,
dall’alternanza tra gli estremi dell’idealizzazione e della svalutazione, da
un’immagine di sé perennemente instabile, da rabbia immotivata e ricorrenti
minacce, da comportamenti automutilanti. Questi pazienti separano le parti del
proprio corpo in buone e cattive, attribuendo al chirurgo il compito di
rimuovere queste ultime. Il disturbo ossessivo-compulsivo si presenta con una
eccessiva preoccupazione per l’ordine, il perfezionismo, il controllo mentale e
interpersonale, con un’attenzione estrema ai dettagli, alle regole, agli
schemi, e un’organizzazione così elevata da mettere quasi in secondo piano il
fine delle proprie azioni. Inoltre sono presenti esagerata coscienziosità,
scrupolosità e inflessibilità in tema di moralità, etica e valori. Questi
pazienti concentrano le loro richieste di interventi estetici su labbra, seno e
occhi.
Sulla
base dei dati scientifici è possibile affermare che tra i pazienti della
chirurgia estetica, quelli con qualche disturbo della personalità sono compresi
tra il 30% e il 70%. Questi dati dimostrano la necessità di una stretta
collaborazione tra chirurghi estetici e psicologi o psicoterapeuti.
La chirurgia estetica ha dimostrato di avere
effetti positivi sull’autostima dei pazienti ansiosi, mentre è risultata
inefficace nel caso dei pazienti depressi. Ed è addirittura stato riscontrato
un aumento del rischio di suicidio, soprattutto tra donne che richiedono la
mastoplastica additiva (rischio 2 o 3 volte maggiore della norma). Oltre a
questo è stato rilevato un maggior numero di casi di cancro del polmone
rispetto alla norma.
Secondo
uno studio di Koot, Peters e altri, apparso sul British
Medical Joual, che valutava il tasso di mortalità nelle donne
svedesi operate di mastoplastica additiva tra il 1965 e il 1993, le donne che
scelgono questo tipo d’intervento sembrerebbero differire dalla popolazione
generale, o dalle donne che si sottopongono ad altri interventi estetici, per
alcune caratteristiche quali lo stile di vita, l’uso o l’abuso di alcornol, il
fumo e lo stato civile, elementi che potrebbero influire sia sul rischio di
suicidio che sul cancro polmonare.
Accettare
di operare soggetti con qualche disturbo della personalità è rischioso per i
chirurghi, perché, a prescindere dal risultato ottenuto, l’intervento può
generare insoddisfazione nel paziente che non ha una percezione corretta del
proprio aspetto fisico. Non sono pochi i casi di azioni legali contro i chirurghi
che hanno effettuato gli interventi. Secondo i dati delle compagnie di
assicurazione, le richieste di risarcimento nei confronti dei chirurghi
estetici, con scarsa o nulla motivazione relativa all’esito dell’opeazione
chirurgica eseguita, si aggirano intorno al 30% degli interventi, un dato in
linea con quello relativo alla porzione di pazienti emotivi. Considerando che
in Italia, a eccezione della mastoplastica riduttiva nei casi in cui l’eccesso
di seno genera gravi difetti posturali, nessuno dei più diffusi interventi
chirurgici estetici è coperto dal sistema sanitario nazionale, se i pazienti
problematici venissero rifiutati dai chirurghi, il fatturato della chirurgia
estetica si ridurrebbe notevolmente. Si calcola che ci sarebbero mancate
entrate comprese tra i 215 ed i 502 milioni di euro all’anno solo per
interventi di addominoplastica, liposuzione e mastoplastica additiva e
riduttiva.
Secondo il più recente rapporto della «Società
internazionale di chirurgia plastica estetica» (Isaps), i paesi in cui viene
realizzato il più alto numero d’interventi di chirurgia estetica all’anno sono:
Stati Uniti (3,31 milioni), Brasile (2,52 milioni), Cina (1,27 milioni),
Giappone (1,18 milioni) e India (1,15 milioni). Tuttavia, se il numero
d’interventi viene calcolato non come valore assoluto, ma in rapporto alla
popolazione, tra i primi quattro paesi troviamo la Corea del Sud, la Grecia,
l’Italia ed il Brasile, mentre Cina ed India finiscono nelle ultime posizioni.
Gli interventi chirurgici in Asia restano i più economici in assoluto. Per una
mastoplastica additiva nel 2011 si spendevano 3.600 dollari negli Stati Uniti,
2.900 in Brasile, 2.800 in Giappone, 2.660 in Cina e 2.400 in India. Un lifting
al viso costava 3.690 dollari a New Delhi, 4.000 a Pechino, 4.700 a Brasilia e
6.450 a Washington. I paesi asiatici detengono il record delle rinoplastiche.
Tutto questo ha generato una forte espansione del turismo medico, favorito
anche dai voli low cost. A partire dal 2008,
gli incassi dei chirurghi estetici italiani hanno subito una flessione legata
non solo alla crisi economica attuale, ma anche alla tendenza sempre maggiore
degli italiani, come anche di altri pazienti europei e di quelli statunitensi,
di recarsi all’estero per sottoporsi agli interventi chirurgici più svariati,
tra cui quelli di tipo estetico e odontorniatrico. I paesi più gettonati per il
turismo medico sono Tunisia, Slovenia, Ucraina, Ungheria, Brasile, Polonia,
Romania, Argentina, Indonesia, Colombia e Repubblica Ceca. In questi paesi il
costo degli interventi chirurgici è molto ridotto, rispetto a quello di casa
nostra e si può arrivare a risparmiare fino a 2.500 euro. Spesso le cliniche
del posto contattano le agenzie di viaggio dei paesi europei più ricchi e degli
Stati Uniti per organizzare pacchetti-vacanza all
inclusive, che prevedono il volo, il soggiorno in albergo (solitamente di una
settimana) e l’intervento chirurgico. Ad esempio, nel 2011 un pacchetto
comprendente una mastoplastica additiva effettuata in Tunisia, il volo e il
soggiorno per una settimana costava 2.600 euro. Attualmente in Italia un
intervento del genere ha un costo compreso tra i 4.500 e i 6.500 euro. La
scelta di recarsi all’estero per subire interventi chirurgici estetici,
tuttavia non è sempre sicura perché, sebbene le cliniche del settore
pubblicizzino i loro interventi come privi di complicazioni, nella realtà
queste possono verificarsi, come in qualsiasi operazione chirurgica. In tal
caso è necessario un pronto intervento, che diventa difficile effettuare, se la
clinica di riferimento è all’estero e il paziente è già rientrato nel proprio
paese. E intervenire con ritardo può pregiudicare l’esito dell’operazione. Non
bisogna dimenticare che in chirurgia estetica il 50% di un intervento è
rappresentato dal post-operatorio, in cui le medicazioni sono essenziali. Le
corse al ribasso nella medicina e chirurgia estetica possono essere molto
pericolose, perché nelle offerte non si risparmia sulla parcella del medico che
esegue l’intervento, ma sulla struttura e sulle attrezzature utilizzate. Può
capitare ad esempio che certi interventi, che necessiterebbero della sala
operatoria, vengano eseguiti in ambulatori non chirurgici. Attualmente
purtroppo tre interventi su dieci in chirurgia estetica sono eseguiti per
rimediare a interventi estetici precedenti (patologia secondaria alla chirurgia
estetica).
Negli ultimi anni è cresciuto in modo esponenziale
anche il numero di persone che acquistano i cosiddetti coupon di offerte
per interventi di chirurgia estetica a prezzi scontati, i quali si trovano
solitamente sui siti di acquisti on line. Oltre a questo tipo di offerte, sul
web si trovano sempre più facilmente fiale di filler
(sostanze usate come riempitivo) e di tossina botulinica a prezzi stracciati e
del tutto prive di controlli. Queste sostanze dovrebbero sempre essere
controllate e inoculate da uno specialista nel settore, invece chi le acquista
on line ricorre spesso al fai da te con gravi rischi sia per la propria salute,
sia per il risultato estetico.
L’American
Society for Aestetich Plastic Surgery ha rilevato un aumento dal
2002 a oggi del 12% del ricorso alla chirurgia estetica e del 22% dell’uso
della medicina estetica. Tra gli interventi in aumento ci sono la mastoplastica
additiva (+17%), la blefaroplastica, cioè il lifting delle palpebre (+17%), la
rinoplastica o rimodellamento del naso (+10%) e la mastoplastica riduttiva
(+17%). Secondo i dati Eurispes, in Italia sono aumentati gli interventi
di blefaroplastica (+22%), di mastoplastica additiva (+42%), anche se è molto
diffusa pure quella riduttiva, e del 31% i trattamenti di medicina estetica, i
più diffusi dei quali sono a base di acido ialuronico, e il lipofilling
(trapianto autologo del proprio grasso).
Nel mondo l’intervento più richiesto è la liposuzione (19,9% di tutti
gli interventi chirurgici estetici), seguito dalla mastoplastica additiva
(18,9%) e dalla blefaroplastica (11%). Mentre, per quanto riguarda la medicina
estetica, al primo posto c’è l’iniezione di tossina botulinica (38,1%), seguita
dall’acido ialuronico (23,2%) e dalla epilazione con laser (10,9%).
L’età
delle giovani, che si sottopongono alla chirurgia estetica si abbassa
progressivamente, tanto che in Italia, nel giugno 2012, la Commissione affari
sociali del Senato ha approvato un disegno di legge che vieta gli interventi al
seno per motivi estetici su minorenni, e multa i chirurghi che non rispettano
la legge con una sanzione fino a 20.000 euro e la sospensione dalla professione
per 3 mesi.
In
tempi di crisi economica, secondo la «Società italiana di chirurgia plastica
estetica», nel 2011 in Italia, nonostante l’aumento di alcune tipologie
d’interventi chirurgici estetici di cui si è detto, c’è stato un calo
complessivo del 40% rispetto ai due anni precedenti. Sono invece aumentati i
meno costosi trattamenti di medicina estetica, oltre alle richieste di
finanziamenti per rifarsi il seno o il naso da parte di persone con scarsa
disponibilità economica che probabilmente ripongono grandi attese nel loro
aspetto esteriore.
Se il
settore della chirurgia estetica tradizionale pare avere subito una contrazione
legata alla crisi economica, non conosce crisi il settore degli interventi
chirurgici intimi, tra cui la ricostruzione dell’imene per il recupero della
verginità (1.200-2.500 euro). Questo tipo di chirurgia plastica è in costante
aumento.
Mentre nel Sud del mondo mancano medici e medicine
per curare malattie che falcidiano intere popolazioni, nel Nord del mondo si
spendono fiumi di denaro per ricostruirsi. Sorge spontanea la domanda se sia
così dignitoso apparire piuttosto che essere. Come se la vita fosse solo una
recita.
A ricorrere agli interventi di chirurgia plastica sono
sempre più spesso anche gli uomini. È in aumento la richiesta per interventi
contro la ginecomastia (l’eccessivo sviluppo delle mammelle del maschio, ndr),
che è spesso causata da fattori estei alteranti l’equilibrio ormonale, come i
farmaci antidepressivi o a base di digitale, la cannabis, le sostanze dopanti e
certi integratori alimentari, o che è legata a problemi di sovrappeso e di
obesità. In Italia sono inoltre richiesti anche dagli uomini interventi di
chirurgia estetica intima. Il 25% delle operazioni richieste è collegato a un
cambiamento del proprio stato civile, che si tratti di matrimonio, separazione
o divorzio. Inoltre il settore della medicina e della chirurgia estetiche è
molto soggetto a mode e tendenze passeggere capaci di condizionare l’aspetto
fisico dei pazienti, che spesso chiedono interventi per assomigliare a qualche
personaggio pubblico. Il problema di questo tipo di pazienti è che non vogliono
solo assomigliare al loro idolo, ma ne vorrebbero lo stesso stile di vita,
desiderio quasi impossibile da realizzarsi, da cui la conseguente frustrazione.
Già da alcuni anni è aumentata in tutto il mondo la
chirurgia estetica «etnica» per modificare i tratti esteriori distintivi e
caratterizzanti l’etnia di origine. Queste esigenze estetiche, che si rifanno
sempre al modello occidentale, non sono sentite solo dai ceti sociali più
elevati, ma anche da quelli meno abbienti, in particolare da persone che
intendono inserirsi in un paese diverso da quello di origine. Gli interventi più
richiesti sono la cantoplastica (rimodellamento degli occhi a mandorla), la
rinoplastica (la tecnica detta slump implant mira a rimpicciolire la base del
naso ed affinae la punta), la cheiloplastica (riduzione del volume delle
labbra) e le liposuzioni per il rimodellamento corporeo. Questi soggetti
purtroppo dopo l’intervento rischiano di ritrovarsi in un limbo culturale: non
riescono a inserirsi appieno nel nuovo paese e nel contempo vengono rifiutati
dalle persone della loro etnia, a cui sembrano non volere più appartenere.
Rosanna Novara Topino