Acqua, Pane & Olio

Quaresima. Con marzo entriamo ancora una volta in un tempo
speciale di grazia che ci offre l’opportunità di riflettere, approfondire e
cambiare in meglio la nostra vita di fede. è
un pellegrinaggio di quaranta giorni per il quale non sono necessarie molte
cose. Anzi, più il bagaglio è ridotto ai minimi termini, più il viaggio è
spedito. Cosa mettere allora nello zaino per questi quaranta giorni? Mi
permetto di suggerire tre cose: acqua, olio e pane.

Acqua. Nasciamo nell’acqua,
viviamo d’acqua, siamo fatti d’acqua. Il vino è giornioso, il vino fa festa, ma
senza vino si vive, senz’acqua no. Allora in questo tempo via il vino, le
bibite, gli aperitivi, i succhi e tutte quelle altre cose inventate per far
bene prima di tutto a chi le produce. Toiamo all’acqua, alle «chiare,
fresche, dolci acque», alla «sor’Acqua, la quale è multo utile et humile et
pretiosa et casta». No, non l’acqua della pubblicità. Piuttosto quella del
digiuno, della sobrietà ed essenzialità. Viviamo giorni in cui molti digiunano
non per scelta ma per necessità. Quello non è digiuno, è povertà. Occorre fare
del digiuno una scelta, non un’imposizione. Una scelta di libertà dal
consumismo, dallo spreco, dall’accumulo di cose inutili. Un impegno di
giustizia: sprecare, usare male dei beni di questo mondo, accumulare più del
necessario, vivere sopra le proprie possibilità, è un grande atto di
ingiustizia verso i poveri, gli sfrutatti e gli schiavizzati del mondo.

Pane. Quante volte ho desiderato il nostro buon pane quando ero in Kenya:
profumato, saporito, nutriente. Non c’è biscotto o torta che tenga di fronte al
buon pane fresco di foo. Ma non è questo il pane da mettere nel nostro zaino
per il viaggio quaresimale. è piuttosto
il pane della Parola e dell’Eucarestia, il pane della preghiera come incontro
giornioso col Padre. Il pane che ci rende commensali di Dio e ci fa riconosecre
la presenza di Gesù in mezzo a noi, il vero pane spezzato che nutre la nostra
vita. Mangiare la Parola: dare tempo all’ascolto, alla meditazione, al
silenzio.
Siamo circondati di parole, fino alla nausea: voci, rumori, musica, sussurri e
provocazioni, immagini e suoni, una cacofonia incessante. Non hai né spazio né
tempo per pensare, capire, interiorizzare. Un bombardamento. Per questo diventa
essenziale lo slow-food servito nella preghiera, nel silenzio,
nell’adorazione, nella celebrazione dell’Eucarestia. Occorre sbocconcellare il
Pane della Vita per non correre il rischio di essere come i discepoli che sulla
barca nella tempesta «non avevano ancora capito il fatto dei pani» (Mc 6,52;
8,17-18).

Olio. Di oliva naturalmente. Quello biblico, quello che anche Gesù
conosceva e usava. L’olio dà sapore al cibo, bellezza alle donne e forza agli
atleti. L’olio è consacrazione per i preti, segno dello Spirito per i
battezzati e balsamo per le piaghe dei feriti. Si consuma nelle lampade per
dare luce nella notte e cacciare oscurità e paure. L’olio è segno della carità
e dell’amore vigilante. Carità che è condivisione ed elemosina (cioè «atto di pietas»,
amore concreto per l’altro fondato sull’imitazione e restituzione dell’amore di
Dio), gratuità e dono, accoglienza e perdono, impegno e giustizia. E tanto di
più, perché la misura dell’amore si trova solo in Dio.

Non c’è niente di nuovo in quanto vi ho scritto.
La liturgia ci ricorda questa trilogia (preghiera, elemosina e digiuno) fin dal
primo giorno di Quaresima con la lettura di Matteo 6. A tutti un buon cammino
quaresimale. Viaggiamo leggeri, portiamo l’essenziale.

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Gigi Anataloni