Jampi Wasi, la casa della salute
le periferie delle periferie. A Corona, Pradera e in altri «insediamenti umani»
le persone arrivano dalle zone intee del Perù per cercare un nuovo inizio. Si
installano su una terra desertica, dove manca tutto. Vi trovano però anche
Gianni Vaccaro e Nancy Ortiz, una coppia che, attraverso una associazione solidale,
li aiuterà con servizi per la salute, l’educazione e il lavoro. Rifuggendo ogni
patealismo.
Tablada de Lurín. Il taxi cholo1 è scomodo,
traballante e rumorosissimo, ma per muoversi a Tablada – città di 60 mila
abitanti – è perfetto. Ci facciamo lasciare ai piedi del Cerro de las
conchitas, la «Collina delle conchiglie», un nome poetico per un luogo che
poetico certamente non è. Percorreremo a piedi un paio di chilometri fino alla
sommità. La via è una ripida strada di sassi e sabbia che s’inerpica lungo la
collina. Le abitazioni sono abbarbicate sul pendio polveroso. La maggior parte
sono costruite con materiali poveri: tavole di legno di recupero, onduline di
eternit, cartoni, teloni di plastica, pareti di esteras2. Tuttavia,
oggi – sono ormai molti anni che frequentiamo questo luogo – un numero
crescente, benché ancora esiguo, di case (pur rimanendo molto umili) è in
mattoni, cemento e finestre dotate di vetri.
Corona Santa Rosa – questo il nome dell’insediamento
umano (asentamiento humano) – si è sviluppato sopra e sotto la strada
sterrata. Vi abitano oltre 1.500 persone, discendenti di quelle che, negli anni
Settanta3, invasero queste terre desertiche in cerca di
un’esistenza più dignitosa.
Nonostante i dati del Perù da anni evidenzino una
crescita economica importante, una parte rilevante della popolazione continua a
vivere in povertà, nell’interno del paese o in periferie come questa. Mancanza
di un lavoro stabile, cattiva alimentazione, assenza di controlli sanitari
regolari, violenza intrafamiliare, bambini e adolescenti che crescono senza una
normale istruzione scolastica, ragazze che rimangono incinte in età
adolescenziale, questi sono i principali problemi che ancora oggi affliggono la
popolazione.
Le persone che incrociamo lungo la strada
salutano la nostra guida con un amichevole «professor Gianni…». Gianni
Vaccaro, sposato con Nancy Ortiz, quattro figli maschi, qui è una vera
istituzione. Nel settembre 2001 ha fondato l’Asociación de Desarrollo
Solidario Yachay Wasi, un’associazione che a Corona si occupa di salute,
educazione, microcredito ed ecologia. Negli ultimi 13 anni la condizione degli
abitanti di Corona è migliorata soprattutto per merito suo. Oggi infatti essi
possono usufruire di un centro di salute, un centro educativo, un laboratorio
tessile e servizi altrimenti inimmaginabili in luoghi come questo.
Ecco la sede di Jampi Wasi, la «Casa della
salute». Il nome è in quechua, perché questa è la lingua madre della
maggior parte degli adulti. Ma esso serve anche a chi è nato qui e parla
soltanto spagnolo. «È un modo semplice – spiega Gianni – per ricordare alle
nuove generazioni la cultura di provenienza».
Un portone in ferro introduce in una stanza
che è un poliambulatorio in miniatura: c’è una piccola farmacia, un banco con
prodotti naturali e la reception dove si pagano, tra l’altro, i 5 soles4 della
visita (un costo dimezzato rispetto ai centri più economici). E poi ci sono due
stanze: in una si pratica l’agopuntura, nell’altra si fanno le visite.
Spiega Gianni: «A Villa María del Triunfo, il
distretto urbano di appartenenza, abbiamo solo un ospedale del ministero della
Salute e quindi un centro medico come il nostro è necessario per creare una
rete d’assistenza che possa filtrare i casi non gravissimi. Inoltre, noi
cerchiamo di lavorare molto per formare una cultura della salute in persone
che, per povertà e per ritrosia, vanno
in un centro medico soltanto se stanno estremamente male».
Le pareti sono piene di manifesti: per
riconoscere i farmaci contraffatti, per difendersi dal dengue, in favore
dell’allattamento al seno, per incentivare la donazione di sangue e altro
ancora. L’informazione serve per far crescere una cultura della salute e quindi
della prevenzione.
Come il programma denominato Cred – «Crecimiento
y Desarrollo» (crescita e sviluppo) -, dedicato a bambini da 0 a 5 anni per
prevenire eventuali problemi di salute. Spiega Gianni: «Controllando per tempo
psicomotricità, vista, udito, linguaggio, possiamo scoprire eventuali problemi
e curarli con maggiori possibilità di successo».
Entriamo nell’ambulatorio di Luz Arevalo, una
medico giovane e timida con lunghi capelli neri e un bellissimo sorriso.
Scambiamo qualche parola, anche se le sottili pareti di compensato non agevolano
la conversazione. «Molti dei miei pazienti sono vicini di casa – racconta la
dottoressa -. Questo mi piace molto». Le chiediamo quali siano i problemi
principali che si trova ad affrontare. «Sono le patologie respiratorie. E poi
anemia e denutrizione, soprattutto con riferimento ai bambini». Domandiamo cosa
pensi di una sanità pubblica che è a pagamento o per persone assicurate. «Per
fortuna – ricorda Luz – esiste il Sis5, che offre cure mediche gratuite ai più
poveri. Certamente, se potessi fare una richiesta ai politici, direi loro che
sarebbe importante ampliare l’offerta medica nei confronti della popolazione.
Troppe persone non vedono mai un dottore». In Perú ci sono abbastanza medici,
ma mancano gli specialisti. Per questo Luz lascerà (temporaneamente) il centro
per dedicarsi agli studi specialistici. «Spero in chirurgia», ci dice al
momento dei saluti.
Adiacente alla prima, il centro medico
possiede una seconda, piccola sede, caratterizzata da scritte e disegni dai
colori sgargianti che vivacizzano un panorama generale dominato dal grigio.
Tramite i disegni si raccontano i diritti della persona e si mostra – con la
piramide alimentare – quale sia l’alimentazione più corretta per i bambini. Qui
vengono ospitati alcuni ambulatori e un piccolo laboratorio di analisi.
Il centro medico Jampi Wasi è frequentato da
una media di 450 persone al mese. «Ma in questo numero – precisa Gianni con una
punta di orgoglio – non sono incluse le persone raggiunte attraverso le nostre
campagne». Le campagne mediche sono visite che per un giorno, normalmente una
domenica, si offrono gratuitamente a tutta la popolazione, chiamando
specialisti in varie discipline (pediatria, ginecologia, nutrizione, ecc.).
Lasciamo le strutture di Jampi Wasi e ci
incamminiamo verso la sommità del Cerro de las conchitas, poche decine
di metri più in alto, dove l’associazione gestisce altre due strutture con
finalità diverse.
Nel piccolo laboratorio tessile di taglio e
cucito –Taller La Corona si chiama – lavorano una decina di signore del
posto. Progettano e confezionano maglie, tovaglie, borse. E soprattutto
insegnano ad altre una professione che non sia quella – consueta per gran parte
di queste donne – di venditrice ambulante.
Sul costone più alto della collina, al
termine della strada, c’è l’edificio delle attività educative: Yachay Wasi,
ancora un’espressione quechua per indicare la casa (wasi) del sapere,
della cultura, della saggezza (yachay). Ospita un frequentatissimo asilo e un
doposcuola per bambini e ragazzi delle scuole primarie e secondarie. Qui
lavorano 16 persone tra insegnanti ed educatori.
Come si paga tutto questo?, chiediamo,
scusandoci con Gianni per l’arida concretezza della domanda. «Siamo finanziati
– ci spiega – da strutture laiche (come alcune Ong italiane) e da alcune entità
religiose (come la Conferenza episcopale italiana). E poi ci sono gruppi di
amici che si autotassano mensilmente, a dispetto della crisi».
Salute, lavoro, educazione: l’Associazione di
sviluppo solidale opera a 360 gradi, perché l’obiettivo – molto ambizioso – è
lo «sviluppo integrale della persona».
Cosa spinge una persona con moglie e figli a
dedicare la propria esistenza agli emarginati? Gianni Vaccaro, che ha una
giovinezza da seminarista, è molto legato alla teologia della liberazione (nata
proprio in Perú).
«Nel nostro lavoro la applichiamo con la
scelta preferenziale dei poveri, nella lotta contro una povertà ingiusta,
escludente, che uccide di morte lenta. Sono per una Chiesa dove la missione
religiosa non possa essere disgiunta dalla missione sociale urgente. Secondo
me, essa è chiamata a mettersi al lato dei deboli e degli oppressi, lottando –
appunto – per la loro liberazione. Se Giovanni Paolo II pensava l’appartenenza
cattolica come identità contro il comunismo, papa Francesco sembra voler
privilegiare la problematica sociale come contesto per l’evangelizzazione».
Nelle attività di aiuto ai meno fortunati il
pericolo si nasconde soprattutto nel patealismo, ma anche nella
sopravvalutazione di sentimenti quali la compassione e la carità. Gianni e
Nancy hanno evitato di cadere in questi errori agendo sempre nel solco di tre
concetti forti: solidarietà, dignità, responsabilità. Questa filosofia ha una
traduzione concreta: ogni struttura costruita dall’associazione di Gianni e
Nancy è proprietà dell’insediamento umano Corona Santa Rosa, entità
giuridicamente riconosciuta. Inoltre, la gestione delle stesse avviene in forma
comunitaria, coinvolgendo il personale e i dirigenti dell’asentamiento. «Soltanto
in questo modo – chiosa Gianni – i poveri possono assumere il ruolo di soggetto
attivo della trasformazione sociale».
Siamo in cima alla collina pietrosa di
Corona. In lontananza, sul fondovalle, s’intravvede la grande fabbrica di cemento
(accusata di arrecare seri danni alla salute dei residenti)6. A destra,
sulle aride pendici si vedono le prime umili abitazioni di Pradera,
insediamento più giovane e più povero. Poco sotto di noi c’è un campetto di
cemento dove stanno giocando un gruppo di ragazzi. Un venticello rinfrescante
ma inevitabilmente polveroso (considerato che siamo in un deserto) porta
sollievo. Mentre la luce del tardo pomeriggio rende meno aspro il paesaggio
circostante.
Vengono chiamati popolarmente «taxi cholo» perché sono usati soprattutto dai cholos, i migranti di origine
andina e amazzonica.
3 – In particolare negli anni 1968-1975, durante il governo di Juan
Velasco Alvarado.
5 – Sis, «Seguro integral de salud». Ne abbiamo parlato nella prima
puntata.
6 – Cementos Lima (gruppo Unacem). La fabbrica nega qualsiasi
inquinamento. Secondo il Copdes (www.copdes.org), l’inquinamento dell’aria
prodotto dall’attività è invece molto grave.
Quando lo stato è assente o troppo debole, quando le risorse
private sono insufficienti, per molte persone l’esistenza diventa ancora più
precaria. A Tablada de Lurín la locale parrocchia offre servizi – medici,
giuridici,
Tablada de Lurín.
Se non fosse per il nome che campeggia sul muro – Parroquia San Francisco de Asis (Parrocchia San Francesco d’Assisi) – , si potrebbe
pensare che l’edificio sia un centro civico che ospita una serie di servizi:
medici, giuridici, assistenziali. L’entrata della chiesa omonima si affaccia
sulla piazza, recentemente sistemata, di Tablada de Lurín, nella parte
conosciuta come «zona antica». I molteplici uffici si trovano invece sulla via
laterale. A guidare la parrocchia è padre Stuart Flores, ma il lavoro è portato
avanti da laici e volontari, soprattutto donne. Come Ines Villanueva che
indossa una maglietta contro la violenza sulle donne, fenomeno molto diffuso: «Ferma
la mano – recita la scritta -. Il maschilismo uccide e maltratta la donna» (Para la mano. El machismo mata y maltrata a la mujer). O come Rosa Pajares che, entusiasta, ci vuole
mostrare il centro medico, di cui è cornordinatrice.
L’ingresso è poco appariscente,
segnalato da una piccola targa che ricorda soltanto gli orari di apertura. Ma
dietro quella porta si scopre – con sorpresa del cronista – un piccolo mondo
fatto di ambulatori, medici, infermieri e naturalmente di pazienti. Sulle
pareti ci sono una pluralità di manifesti che pubblicizzano le vaccinazioni per
i bambini, ma anche per gli adulti: antipolio, antitetanica, quelle contro
epatite B, febbre gialla, morbillo, papilloma virus e altre ancora. Vicino alla
cassa, un avviso ricorda che le visite mediche costano 10 soles. Il centro
medico offre servizi di medicina generale, ostetricia, odontorniatria,
psicologia.
Rosa
ci apre le porte di alcuni ambulatori. Ecco le infermiere con un camice bianco
su cui è ricamato un San Francesco. Ecco il dentista che – impegnato su un
paziente – ci fa con la testa un segno di saluto.
Il
centro medico della parrocchia di San Francesco funziona e merita parole
d’elogio. Tuttavia, l’inadeguatezza, se non l’assenza, dello stato fanno
riflettere. Per troppi peruviani le cure mediche non sono un diritto acquisito
ma una conquista individuale da strappare ogni giorno. Con i denti, le unghie e
una buona dose di fortuna.
Paolo Moiola