4_Schiavitù: Vergogna del XXI secolo

Dalla Mostra «spezziamo le catene»  



A 125 anni dalla famosa campagna antischiavista del cardinal
Lavigerie con l’obiettivo di fermare l’ignobile «commercio dei negri»,
nonostante la tratta sia bandita in tutti gli stati del mondo, la schiavitù
continua in altre forme più sottili e più inumane, costituendo uno degli affari
più redditizi. Per ravvivare la denuncia di tale fenomeno, riportiamo alcuni
episodi e forme di schiavitù illustrate dalla mostra «Spezziamo le catene»
organizzata dai Missionari d’Africa e Missionarie di N.S. d’Africa, con la
collaborazione della redazione di Africa, rivista dei Padri Bianchi.

I NUOVI TRAFFICANTI

Una barca stipata di migranti, intercettata da una
motovedetta della Gardia di Finanza a Lampedusa. La crisi economica che
flagella l’Europa meridionale non frena il flusso di gommoni e imbarcazioni
provenienti dalle coste nordafricane. Solo nel 2012 oltre 1400 persone – in
fuga da guerre e povertà – sono giunte via mare in Italia. Almeno 200 sono
morte o rimaste disperse durante la traversata. Le rotte dell’immigrazione
illegale sono controllate da scafisti criminali – i modei trafficanti di
esseri umani – che vendono i «viaggi della speranza» per non meno di 2.500
dollari.

MERCANTI DI BAMBINI

Un camion carico di baby-schiavi, scoperto e bloccato
dalla polizia di frontiera nigeriana. In Africa occidentale prospera ancora
oggi un traffico clandestino di bambini e bambine – provenienti soprattutto da
Togo, Benin e Camerun – che vengono rapiti o acquistati da bande criminali, per
essere smerciati all’estero come servi domestici, operai tuttofare, schiavi
sessuali. Di recente le autorità governative hanno smascherato alcune cliniche
clandestine in cui decine di povere donne mettevano alla luce figli con lo
scopo di venderli ai trafficanti per poche decine di dollari.

BABY-SOLDATI

Nelle guerre civili in Liberia (1989 e 1999) hanno
combattuto circa 20 mila bambini. Anche nel recente conflitto in Sierra Leone
sono stati utilizzati migliaia di minori in divisa. Negli ultimi 30 anni almeno
200 mila baby-soldati hanno combattuto in Angola, Sudan e Uganda. Ancora oggi
miriadi di bambini sono forzatamente arruolati da gruppi ribelli nella
Repubblica democratica del Congo e in Centrafrica. In tutto il mondo sono più
di 250 mila i minori di 18 anni coinvolti nei conflitti armati. La metà si
trova in Africa.

MAURITANIA!

Una famiglia di discendenti haratin,
nella sua baracca a El-Mina, periferia di Nouakchott. In Mauritania la schiavitù
è stata abolita almeno tre volte nel secolo scorso; ma solo sulla carta;
nell’agosto del 2007, fu dichiarata nuovamente illegale e criminalizzato il
possesso di schiavi. Ma i leader politici non hanno mai agevolato i gruppi
inteazionali che cercano di portare alla luce tale pratica. Per cui ancora
oggi migliaia di neri africani – chiamati haratin – sono sfruttati e
maltrattati dai loro padroni di origine araba o berbera. La condizione di
schiavo viene trasmessa per via ereditaria… finché qualcuno non trova il
coraggio di spezzare le catene.

«SPOSE DI DIO»

Un sacerdote tradizionale del Ghana circondato da due
schiave trokosi (spose di Dio). Nei villaggi del popolo ewé
centinaia di bambine e ragazze vergini vengono sacrificate dai genitori e
affidate ai dignitari religiosi. Il motivo? Devono espiare una colpa compiuta
da un familiare e placare le ire del dio Troxovi, una divinità potente e severa
che si aggira lungo le rive del fiume Volta. Le donne ridotte in schiavitù sono
condannate a lavorare tutta la vita come serve per i «preti» locali: obbligate
a soddisfare i loro desideri sessuali, segregate all’interno dei templi sacri e
costrette a procreare il maggior numero possibile di figli (destinati anch’essi
a vivere come schiavi).

Nati con le catene

Alcune donne del Niger attingono acqua da un pozzo
scavato nel deserto. Alla miseria causata dalla situazione del deserto, nel
Niger si aggiunge la pratica secolare della schiavitù. Su una popolazione di
oltre 13 milioni di abitanti si calcola che 900 mila di essi vivano in stato di
schiavitù, 8% della popolazione totale. Una legge del 2003 è tornata a proibire
la riduzione in schiavitù e ai lavori forzati, ma gli schiavi non lo sanno e
nessuno ha interesse a istruirli sui loro diritti alla libertà. Essi nascono
con le catene in testa e se qualche associazione cerca di toglierle loro,
governo e poteri interessati cercano di impedirlo. Tale genere di schiavitù è
diffusa in altre regioni desertiche del Sahel.

SULLA STRADA

Prostitute africane in attesa di clienti. Si stima che
nel mondo circa un milione di esseri umani siano vittime di sfruttamento
sessuale. La metà di esse si trova in Europa. In Italia, dove le prostitute
straniere sono circa 25.000, la mafia nigeriana controlla il traffico
clandestino delle donne (rapite o attirate con l’inganno) provenienti
dall’Africa. Le ragazze vengono obbligate a svendere il proprio corpo per meno
di 30 euro. Devono lavorare anche quando sono malate e avere rapporti sessuali
non protetti; se rimangono incinte sono costrette ad  abortire o vengono sottratti loro i figli e
usati come strumenti di ricatto.

SCHIAVE DEL VUDÙ

Cerimonia di iniziazione nella città di Ouidah, Benin,
culla spirituale del vudù e storico porto d’imbarco delle navi negriere. La
religione vudù, originaria dell’Africa occidentale, si è diffusa durante i
secoli dello schiavismo anche in Brasile e nelle isole caraibiche. Ancora oggi
in Benin e Togo è l’invisibile architrave della società che permea e condiziona
la vita della gente. Talvolta però degenera in pratiche deleterie. Alcuni
sacerdoti vudù complici di trafficanti di esseri umani, sottopongono delle
ragazze a un rito tradizionale – chiamato ju-ju – per assoggettarle ai
loro sfruttatori che le obbligano alla prostituzione sotto la minaccia di
ritorsioni e oscure maledizioni.

LAVORO INFERNALE

Nella regione del Katanga, cassaforte delle ricchezze
congolesi, si trovano i più colossali giacimenti di metalli strategici al
mondo. Ogni giorno migliaia di disperati scavano a mani nude nelle miniere di
questo sperduto Eldorado: armati di picconi e scalpelli, scendono nelle
voragini delle cave, strisciano nei cunicoli di pericolanti gallerie e spaccano
le pietre a martellate. Cercano minerali preziosi per l’Occidente: oro,
diamanti, rame, cobalto, coltan… Ricchezze che grondano sangue. E che riducono
in schiavitù i minatori congolesi.

NULLA DI NUOVO

Nelle miniere del Congo migliaia di bambini setacciano
ogni giorno la terra, immersi in pozze di acqua 
fetida, alla ricerca di pietre preziose. L’Africa continua a rimanere un
territorio di saccheggio come nel passato. Un tempo le potenze coloniali
europee bramavano il controllo di prodotti come la gomma, l’avorio, gli
schiavi. Oggi sono cambiate le materie prime, ma il meccanismo di sfruttamento è
sempre spietato. Scrive il giornalista Raffaele Masto: «Se fra qualche secolo
uno storico dovrà raccontare i nostri tempi, sarà costretto a scrivere che la
schiavitù – ufficialmente abolita nell’Ottocento – è proseguita, in forme più
nascoste e senza la copertura della legge, almeno fino ai primi decenni del
Duemila».

VERGOGNA ITALIANA

Braccianti africani al lavoro nelle campagne pugliesi.
La raccolta stagionale dei pomodori richiama ogni anno migliaia di immigrati,
costretti a lavorare in condizioni di schiavitù sotto i cosiddetti «caporali»,
modei negrieri che assumono i braccianti e ne sfruttano il lavoro. Le paghe
sono da fame: tre euro e mezzo per raccogliere un cassone di pomodori da 300
chili. Due euro a mezzo se si è clandestini. Quattordici ore al giorno di
lavoro sotto il sole. E baracche sovraffollate per dormire. Le stesse
condizioni sono imposte, in varie regioni italiane, ai raccoglitori di meloni,
angurie, agrumi, mele…

FERITE INDELEBILI

Nancy, 16 anni, fu sequestrata da bambina in un
villaggio del nord Uganda dal famigerato Esercito di Resistenza del Signore.
Dal 1987 questo gruppo terroristico, guidato dal sanguinario Joseph Kony, ha
rapito e ridotto in servitù oltre 15.000 bambini per fae dei soldati o
costringerli alla schiavitù sessuale. Nancy è stata fortunata: dopo anni di
prigionia e abusi, è stata liberata dall’esercito ugandese. Sul suo volto resta
la cicatrice di una ferita inflitta dai ribelli. E nei suoi occhi la sofferenza
di un incubo impossibile da dimenticare.

I MENDICANTI DI ALLAH

Un bambino-mendicante. A Dakar se ne vedono tanti:
appostati ai semafori, alle stazioni, nei mercati, davanti alle moschee. Non
hanno più di dieci, dodici anni. Fin dall’alba sono in strada per raccogliere
nelle loro ciotole qualche moneta, un pezzo di pane, qualcosa che possa
sfamarli. Li chiamano talibé (a Bamako, nel confinante Mali, garibus).
Sono i piccoli alunni delle scuole coraniche, obbligati a elemosinare sotto
minaccia da guide spirituali disoneste che sfruttano i bimbi per arricchirsi.
Secondo l’Unicef il loro numero – in preoccupante aumento – supera le centomila
unità: un esercito di piccoli schiavi.

LA MALEDIZIONE DEL CACAO

São Tomé e Príncipe: due operai in pausa in un vecchio
magazzino per il cacao. Il tempo sembra essersi fermato, in questo minuscolo
arcipelago trasformato per quattro secoli dai portoghesi in centro di raccolta
e smistamento per la tratta degli schiavi. Nel periodo coloniale i
conquistadores importarono qui dal Brasile la coltura del cacao, e dall’Angola
migliaia di schiavi per sfruttarli nelle piantagioni. Oggi la recessione in
Occidente ha fatto precipitare il prezzo del cacao, mettendo in ginocchio i
discendenti degli schiavi che lavorano nelle antiche fattorie.

SCHIAVI DEI DEBITI

Un bambino costretto a lavorare sulla strada. Dopo
decenni di guerra civile, l’Angola sta vivendo una stagione di sviluppo, ma i
profitti dei diamanti e del petrolio finiscono nelle tasche della nomenclatura
locale, lasciando nella miseria il 70 per cento della popolazione. Per
sopravvivere molte famiglie sono obbligate a chiedere prestiti, a cui spesso
sono applicati tassi d’interesse da usura. I creditori possono esigere di
essere rimborsati sfruttando il lavoro gratuito di uno o più membri della
famiglia. Oggi in tutto il mondo sono 20 milioni le persone schiave per debiti,
la maggior parte si trova nelle campagne in Africa.

SENZA DIRITTI

Uno dei centri di detenzione di migranti stranieri a
Tripoli. Negli ultimi cinquant’anni in Libia si sono riversati due milioni di
immigrati provenienti dall’Africa nera, costretti a lavorare sottopagati e
senza diritti, alla stregua dei vecchi schiavi. Anche nel resto del Nord
Africa, e in larga parte del Sahel, le oligarchie arabe e berbere hanno imposto
per lungo tempo condizioni di sfruttamento su base etnica alle minoranze nere
originarie dell’Africa subsahariana. In alcune nazioni queste ignobili
condizioni permangono ancora oggi.

NELLE VISCERE DELLA TERRA

Un minatore si cala in una galleria sotterranea per
cercare e raccogliere frammenti di una pietra preziosa conosciuta col nome di
tanzanite. Muniti di una torcia sulla fronte, senza alcuna protezione, anche i
baby- lavoratori riescono a infilarsi nei budelli più stretti e arrivano a
spingersi fino a trecento metri di profondità all’interno di cunicoli che
potrebbero crollare da un momento all’altro. Non di rado restano vittime di
incidenti o di malori: drammi destinati a restare sepolti nelle viscere
profonde dell’Africa.

IL TESORO MALEDETTO

Bambini impegnati a setacciare il terreno alla ricerca
della zoisite, conosciuta anche come tanzanite, una gemma rara e pregiata molto
richiesta dalle giorniellerie occidentali. Nella cava di Mererani (Tanzania) sono
impiegati centinaia di baby-minatori, tra gli otto e i tredici anni, che
lavorano anche dodici ore al giorno per una manciata di soldi. Secondo l’Unicef
oggi nel mondo sono costretti a lavorare 215 milioni di bambini e bambine,
spesso in condizioni disumane e sotto le minacce di un padrone. La gran parte
si trova nelle miniere dell’Africa.

Padri e Suore