L’Italia è uno dei primi paesi
al mondo per i giochi d’azzardo, addirittura il primo in assoluto per quelli on
line. Nel 2012, la spesa pro-capite è stata di 1.450 euro. Le entrate per le
esangui casse pubbliche sono elevate, ma – una volta sottratti i costi diretti
e indiretti dovuti ai pesanti effetti collaterali per la collettività – lo
Stato-biscazziere non è un buon affare. Nel frattempo, i malati a causa del
gioco sono in costante aumento, e sempre di più giovani.
Qualche settimana fa, mentre ero
ferma al rosso, l’occhio mi è caduto su una sala giochi, a pochi metri
dall’incrocio. Curiosamente accanto alla sala, c’era l’ufficio di una
finanziaria. Mi è venuto da pensare che quella vicinanza fosse tutt’altro che
casuale. Voltando lo sguardo ho pure notato un cartello pubblicitario che
reclamizzava una sala scommesse. Facendo un giro per la città, mi sono resa
conto che locali come questi sono sempre più diffusi e soprattutto molto
frequentati. Poi, entrata in una tabaccheria con terminale della Lottomatica,
per pagare il bollo dell’auto, mi sono ritrovata a fare la coda dietro a
diverse persone, tra cui alcuni anziani. Questi stavano scommettendo su dei
numeri (a loro dire sicuri) e poi – per non lasciare alcunché d’intentato –
prima di uscire hanno comprato anche alcuni «Gratta e Vinci». Scene sempre più
frequenti in un’Italia, che – nel giro di pochi anni – è diventata uno dei
paesi al mondo in cui si gioca di più. Basti pensare che in Europa ci
contendiamo il primato con l’Inghilterra per le giocate di tutti i tipi, mentre
siamo terzi al mondo tra i paesi dove si gioca di più e addirittura primi per i
nuovi giochi d’azzardo on line, quelli che chiunque sia dotato di un cellulare,
un computer o un tablet può fare.
Bastano una connessione ad internet, una carta di credito e la maggiore età, ma
attenzione: per attestare quest’ultima è sufficiente l’autocertificazione. Ciò
significa che qualunque minorenne può accedere a questo tipo di giochi,
dichiarando di avere 18 anni e magari usando la carta dei genitori.
Secondo un dossier sul gioco d’azzardo del mensile Valori
(febbraio 2013), nel 2012 il fatturato legale (raccolta) del gioco d’azzardo è
stato di quasi 90 miliardi di euro, con una spesa pro capite, neonati compresi,
di 1.450 euro. Si stima che in Italia circa l’80% della popolazione adulta
partecipi saltuariamente a lotterie ed a scommesse, mentre il 13% degli
italiani gioca alle lotterie ed alle slot machine quasi ogni settimana
ed il 5% due o tre volte alla settimana. Il gioco d’azzardo è diventato la
terza industria in Italia, con 5.000
aziende e 120.000 persone che vi lavorano. Visto che il gioco d’azzardo è stato
legalizzato dal governo italiano nel 1992 per risanare le casse dello Stato,
poi nel 2006 con la legge Bersani-Visco è stato concesso alle agenzie straniere
di entrare liberamente nel mercato italiano del gioco e che infine nel 2011 il
governo Berlusconi ha liberalizzato il gioco d’azzardo on line, si
potrebbe pensare che, con un fatturato del genere, ogni anno gli introiti in
tasse sui giochi siano per lo Stato una vera e propria panacea, ma non è così.
Negli ultimi otto anni infatti, il fatturato da gioco d’azzardo è
quadruplicato, mentre le entrate fiscali sono rimaste per lo più stabili, se
non addirittura in leggera flessione. Ciò è dovuto al fatto che la tassazione è
molto diversa per i vari giochi. Si va dal 44,7% per il superenalotto e dal 27%
per il classico lotto al 3% per le videolottery e allo 0,6% per i casinò
on line. Nel 2012 le entrate fiscali legate al gioco sono state di circa
8 miliardi. Nel 2004 a fronte di un fatturato di 24,8 miliardi (rispetto ai 90
attuali), le entrate fiscali da gioco furono di 7,3 miliardi. Questo fatto, se
da un lato si può spiegare con l’enorme diffusione dei giochi d’azzardo on
line, favorita da una tassazione veramente esigua, dall’altro si può spiegare
con un megabusiness legato alle macchinette dei videopoker delle
sale giochi e dei bar, che non sempre vengono collegate via modem con la Sogei
(la «Società generale di informatica», che presiede ai controlli sul pagamento
delle imposte), favorendo così i guadagni della criminalità organizzata.
Secondo il dossier «Azzardopoli» di Libera, l’associazione contro le mafie
fondata da don Luigi Ciotti, il fatturato illegale da gioco d’azzardo del 2011 è
stato di circa 10 miliardi di euro ed è stato spartito da 41 clan mafiosi.
Consideriamo inoltre che, se da un lato l’erario ha incassato 8
miliardi nel 2012, si stima che, tra costi sanitari diretti ed indiretti e
costi legati alla perdita della qualità della vita, la collettività nello
stesso anno abbia subito un danno compreso tra i 5,5 ed i 6,6 miliardi di euro,
a cui vanno aggiunti 3,8 miliardi circa per mancati versamenti dell’Iva.
IL GIOCO,
UNA DROGA SOTTOVALUTATA
È chiaro quindi che la legalizzazione del gioco d’azzardo non è
riuscita a contribuire al risanamento delle casse dello Stato. È invece
riuscita a fare aumentare enormemente i casi di ludopatia o «Gioco d’azzardo
patologico» (Gap), che colpiscono fasce sempre più estese della popolazione,
con punte di spicco soprattutto tra quelle più deboli e meno istruite. Sono
sempre più numerosi i casi di persone, che non riescono più a staccarsi dal
gioco e che arrivano a distruggere i rapporti familiari e di lavoro, perdendo
tutti i loro averi e finendo spesso col diventare vittime di usurai. Sempre più
spesso tra i malati di gioco d’azzardo si trovano persone anziane e giovani,
anche minorenni sebbene ad essi il gioco sia vietato. A questo proposito è
possibile vedere su Youtube un video del Secolo XIX, in cui è filmato un
ragazzino di 14 anni, che entra in diverse tabaccherie di Genova acquistando
dei «Gratta e Vinci» da 5 euro e sigarette, senza che i titolari delle
tabaccherie battano ciglio sulla sua minore età. Solo in un esercizio su 5 il
ragazzo non viene servito perché minorenne. Il ragazzo entra poi in una sala
giochi e riesce a giocare alle slot machine ed ai videopoker senza problemi.
Quanto visto a Genova non è certamente un caso isolato. La situazione è la
stessa in ogni angolo del nostro paese. I giovani rappresentano una categoria
particolarmente a rischio di cadere nella ludopatia, poiché tendono a misurarsi
con il mondo degli adulti per evadere dal proprio. L’opinione pubblica e i
genitori soprattutto sembrano non essersi resi ancora conto di questo nuovo
rischio, probabilmente perché pensano che i maggiori pericoli di dipendenza
possano derivare solo dal consumo di droghe, di alcolici e di tabacco. In realtà,
siamo di fronte ad un tipo di dipendenza senza droga e nel giro di pochi anni
l’aumento del gioco patologico tra i giovani ha assunto caratteristiche
allarmanti. La Polizia postale segnala un aumento delle scommesse on line
soprattutto tra i giovanissimi, tra i quali la comparsa di un comportamento
patologico nei confronti del gioco è favorita dalla facilità di accesso a
questo tipo di giochi in assoluta segretezza, dalla pubblicità che ne viene
fatta ormai su buona parte dei mass media e dalla fragilità insita nella
giovane età. Secondo Mark Griffiths della Nottingham Trent University,
la media europea dei giovanissimi giocatori è superiore a quella degli adulti
di circa 4 volte. Il motivo dell’aumento del gioco patologico tra i giovani è,
secondo Paolo Bagnare, psicologo e consulente del Tribunale di Milano,
un’espressione di disagio. Per gli adolescenti, che non si sono ancora lasciati
completamente alle spalle il pensiero infantile, la vincita facile ha effettivamente un aspetto magico. L’adolescenza è
un periodo di transizione caratterizzato da una forte fragilità, durante il
quale i giovani tendono a cercare un appoggio esterno, per supplire alla
carenza di definizione e di forza interiore. Inoltre, in questo periodo, i
giovani sono particolarmente inclini a sfidare il mondo degli adulti, ma non
sempre sono completamente consapevoli delle loro azioni. Purtroppo, in questo
caso, i giochi on line, che si trovano in internet consentono di entrare in
contatto con un’attività da adulti, che trasmette forte eccitazione e permette
di dimenticare i problemi della quotidianità, facendo entrare i giovani in una
dimensione illusoria. Scivolare nella dipendenza diventa perciò facilissimo.
Alcune associazioni cominciano a muoversi verso questa nuova forma
di dipendenza giovanile. Tra queste ci sono l’«Associazione And» di Varese,
rivolta ai giovani tra i 17 ed i 25 anni, la cornoperativa sociale «Pars» di
Civitanova Marche, per giovani maggiorenni e, nel torinese, la comunità
terapeutica «Lucignolo & Co.», struttura pubblica del Dipartimento di
Patologia delle dipendenze dell’Asl To3 di Torino.
Per valutare la diffusione del gioco d’azzardo tra i giovani in
Italia, è stato fatto uno studio esplorativo a livello nazionale secondo gli
standard adottati dall’indagine europea Espad1 (The European School Survey Project On Alcohol And Other Drugs), che
prevedeva la compilazione in forma anonima di un questionario distribuito nelle
classi di alcune scuole superiori selezionate casualmente. Nel 2000 i giovani
che hanno dichiarato di giocare con una frequenza tra «poche volte all’anno» e «quasi
ogni giorno» sono stati il 39% degli studenti italiani, ma la percentuale è
drasticamente salita nel 2009, raggiungendo il 51,6%. In generale sono i maschi
ad essere più dediti al gioco; nell’indagine condotta, pur essendo i
maggiorenni a giocare di più, tra i minorenni che giocano, quelli che hanno
riferito di avere giocato denaro almeno una volta nell’ultimo anno sono il
55,5% maschi ed il 34,6% femmine. Tra i giochi preferiti dai giovani di
entrambi i generi in pole position c’è
il «Gratta e Vinci», seguito dalle scommesse sportive e dal
lotto/superenalotto. Molto più diffuse tra i maschi sono le macchine da gioco
elettroniche. A differenza dei giocatori adulti, per i quali il denaro è quasi
sempre la molla, che spinge a giocare, per i giovani esso non è il fine ultimo
del gioco, ma il mezzo per potere continuare a giocare.
All’inizio del 2012, i Monopoli di Stato hanno intrapreso la
campagna «Giovani e Gioco», che prevedeva la distribuzione di un Dvd a 70.000
studenti, a partire da quelli della Campania, Puglia, Sicilia, Abruzzo e
Lombardia, per estendersi
successivamente alle altre regioni italiane ed agli studenti di età
minore. Secondo diverse associazioni, tra cui Assoutenti, Libera,
l’associazione Giovanni XXIII, il Conagga (Coordinamento Nazionale Gruppi per i
Giocatori d’Azzardo), il Cnca (Coordinamento nazionale comunità d’accoglienza)
ed secondo il cardinale Bagnasco di Genova, sotto le mentite spoglie di una
campagna per insegnare ai giovani a giocare in modo responsabile, c’è una vera
e propria istigazione al gioco. In questo Dvd, un giovane – che non gioca, ma
anzi telefona all’Asl se il padre trascorre tutto il tempo alle slot – viene visto come un bacchettone.
Per non parlare della frase «Evolve chi si prende una giusta dose di rischio,
mentre è punito chi non rischia mai o chi rischia troppo» contenuta nel Dvd, la
quale lascia chiaramente intendere che, per essere Ok, bisogna giocare almeno
un poco.
Come accennato, una delle cause che spingono verso la dipendenza
da gioco sia i giovani, che gli adulti è la pubblicità dei giochi d’azzardo
fatta ormai su quasi tutti i media. Si vedono spot e pubblicità di giochi
ovunque: al cinema, in Tv, in internet sotto forma di banner e di link,
sui giornali e nei cartelloni stradali, che sempre più spesso pubblicizzano i
casinò on line gestiti da aziende private. Il mondo del gioco d’azzardo
investe in pubblicità circa mezzo miliardo di euro all’anno. Per tentare di
porre un argine a questo fenomeno, il Consiglio nazionale degli utenti (Cnu),
organismo istituito presso l’Agcom (Autorità garante per le telecomunicazioni),
nel 2011 ha proposto al governo di equiparare la pubblicità dei giochi
d’azzardo a quella del fumo, da anni bandita da tutti i media per la sua
riconosciuta pericolosità sociale. Per tutta risposta l’8 novembre 2012 è stato
convertito nella legge n. 189 il decreto-legge n. 158 o decreto Balduzzi, che
proibisce gli spot dei giochi d’azzardo al cinema, durante la proiezione dei film
per i minori, sulla stampa per l’infanzia e durante le trasmissioni Tv per gli under 18 (anche mezz’ora prima e dopo).
Inoltre tale legge prevede l’obbligo per i gestori delle sale da gioco e di
tutti gli esercizi, in cui vi sia la possibilità di giocare d’azzardo, di
esporre all’ingresso ed all’interno dei locali il materiale informativo
predisposto dalle Asl, diretto ad evidenziare i rischi correlati al gioco ed a
segnalare la presenza sul territorio di servizi di assistenza pubblici e del
privato sociale per la cura e il reinserimento delle persone con patologie
correlate al gioco d’azzardo. È inoltre vietata la possibilità, in ogni
esercizio pubblico, di giocare d’azzardo nei casinò on line. È previsto
il raddoppio dei controlli annui (saranno 10.000) destinati al contrasto del
gioco minorile, negli esercizi dove sono presenti le slot machine.
Inoltre queste potranno essere collocate solo lontano da zone sensibili come
scuole, ospedali e luoghi di culto. La pubblicità dei giochi dovrà indicare le
probabilità di vincita. Questa legge ha inoltre riconosciuto la ludopatia come
una patologia da curare presso i servizi pubblici per le dipendenze. In realtà,
purtroppo l’inserimento della ludopatia nei livelli essenziali di assistenza
non è accompagnato da una copertura finanziaria. I limiti posti dalla legge
alla pubblicità dei giochi d’azzardo sono decisamente poco incisivi perché
riguardano solo i minorenni e solo determinate forme di comunicazione. Inoltre,
sotto la pressione delle lobby del
gioco, è stato anche diminuito il limite di distanza dai luoghi sensibili,
portato dai 500 metri previsti dal decreto Balduzzi ai 200 metri della legge.
Per non parlare del fatto che ora è possibile portarsi un casinò nel cellulare
o nell’Ipod, quindi in tasca.
A proposito di lobby, chi sono gli azionisti principali,
che alimentano il gioco d’azzardo in Italia e quindi guadagnano sulla pelle dei
giocatori? Ecco qualche nome: De Agostini, Mediobanca, Lottomatica, Snai,
Assicurazioni Generali, Toro Assicurazioni, Ina Assitalia, Intesa Vita,
Alleanza Assicurazioni, Generali Horizon, Fata Assicurazioni, Genertel, Banca
Generali ed Emilio Silvestrini. Dobbiamo ricordare che, in questi tempi di
crisi, i giocatori che arricchiscono queste compagnie sono sempre più spesso
disoccupati e pensionati, che sperano di migliorare la loro condizione
economica tentando la fortuna ma che invece si rovinano, perché è matematico
che «il banco vince sempre».
Nella prossima puntata cercheremo di capire chi è più a rischio di
diventare vittima di ludopatia, cioè quali caratteristiche biologiche e
psicologiche presentano i giocatori compulsivi.
Rosanna Novara Topino