Celle senza finestre
Riflessioni e fatti sulla libertà religiosa
nel mondo – 09
Il tema della libertà religiosa è al centro delle preoccupazioni
della Chiesa. Lo ha ribadito mons. Mamberti, segretario vaticano per i Rapporti
con gli Stati, alla XXII Sessione del Consiglio dei Diritti dell’Uomo delle
Nazioni Unite. E intanto in diverse zone del mondo le violazioni di questo
diritto fondamentale proseguono con medesima se non aumentata forza, come
testimoniano le situazioni di alcuni paesi asiatici tra cui India, Pakistan,
Vietnam e Cina.
La situazione della libertà religiosa nel mondo è un fenomeno da
monitorare costantemente. Il quadro descritto dagli ultimi rapporti delle
organizzazioni che si dedicano allo studio delle violazioni delle libertà dei
credenti in tutto il pianeta è a tratti sconfortante, anche se non mancano
segnali di speranza.
È passato inosservato, in questo tempo eccezionale di cambiamenti
pontifici, un intervento della diplomazia della Santa Sede in seno alle Nazioni
Unite. «La Santa Sede continuerà a dare il suo contributo ai dibattiti in sede
internazionale, per proporre una riflessione essenzialmente etica ai processi
decisionali, e per aiutare a tutelare la dignità della persona umana». È quanto
affermato a Ginevra da monsignor Dominique Mamberti, segretario vaticano per i
Rapporti con gli Stati, alla XXII Sessione del Consiglio dei Diritti dell’Uomo
delle Nazioni Unite. Mamberti ha citato le parole della Caritas in veritate
(n. 43) di Benedetto XVI riguardo ai diritti individuali: «Si è spesso notata
una relazione tra la rivendicazione del diritto al superfluo o addirittura alla
trasgressione e al vizio, nelle società opulente, e la mancanza di cibo, di
acqua potabile, di istruzione di base o di cure sanitarie elementari in certe
regioni del mondo del sottosviluppo e anche nelle periferie di grandi metropoli»,
e ha esortato gli Stati a lavorare insieme, in uno spirito di dialogo e
apertura, per adottare le risoluzioni in modo consensuale, auspicando che «l’imposizione
di nuovi diritti e principi [venga] rimpiazzata dal rispetto e dal
rafforzamento di quelli già approvati». Tra le preoccupazioni della Santa Sede
al primo posto si colloca il destino delle minoranze religiose e in generale la
libertà di credo. «Il diritto internazionale – ha detto Mamberti – è piuttosto
sostanzioso a questo riguardo. Allora perché continua a essere uno dei diritti
più frequentemente e più diffusamente negati, limitati nel mondo?». Tra le
cause delle violazioni Mamberti elenca «una legislazione statale carente, la
mancanza di volontà politica, il pregiudizio culturale, l’odio e l’intolleranza»,
e infine sostiene che la chiave fondamentale per promuovere la libertà di
religione è riconoscerla come radicata nella dimensione trascendente della
dignità umana: la libertà di religione promuove l’idea di una libertà che non
si riduce all’esclusiva dimensione politica o civile, ma si pone al di là di
essa, in quanto mette un limite allo stesso stato e costituisce una protezione
della coscienza dell’individuo dal potere statale. «Quando uno stato la tutela
in modo adeguato, la libertà di religione diventa una delle fonti della sua
legittimità, e un indicatore primario di democrazia».
Pakistan, India e Cina, ma anche paesi meno rappresentati sui
media inteazionali come Birmania, Myanmar, Vietnam e Cambogia, presentano
limitazioni molto pesanti alla libertà di religione.
Alessandro Speciale di vaticaninsider.lastampa.it ci
informa che «in India, continuano a crescere le leggi anticonversione, con una
lunghissima lista di attacchi alle minoranze, spesso perpetrati da gruppi
appartenenti al movimento nazionalista indù del Sangh Parivar», mentre
leggendo il rapporto 2012 di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) constata che «per
il Pakistan, il 2011 è stato un “anno terribile”, cominciato con l’omicidio a
gennaio del governatore del Punjab, Salman Taseer, proseguito il 2 marzo con
l’uccisione del ministro federale per le Minoranze, il cattolico Shahbaz
Bhatti, e passato per l’incriminazione di 160 persone in base alla famigerata
legge antiblasfemia, con casi antichi come quello di Asia Bibi […], e nuovi
come quello di Rimsha Masih che sono saliti tristemente all’onore delle
cronache mondiali».
«Prega il Signore e scrivi al presidente del Pakistan per
chiedergli che mi faccia ritornare dai miei familiari»: Asia Bibi, detenuta da
oltre mille giorni nel carcere pakistano di Sheikhupura perché cristiana, ha
scritto una lunga lettera dalla sua cella «senza finestre». Pubblicata
integralmente da «Avvenire» nel dicembre scorso, essa ha dato il via a una
campagna di raccolta firme per chiedere al presidente del Pakistan, Asif Ali
Zardari, la liberazione della donna. «Un appello – ci informa Ilaria Sesana di “Avvenire”
– cui, in queste settimane, hanno aderito più di 30mila persone. Un risultato
straordinario – prosegue Ilaria Sesana -, che ha visto coinvolti uomini e donne
di ogni età e di ogni ceto sociale. Dal Nord al Sud dell’Italia (e persino
dall’estero) sono arrivati migliaia e migliaia di messaggi per chiedere al
presidente Zardari di intervenire in favore di Asia Bibi […]. Intere famiglie
si sono mobilitate per questa iniziativa, con raccolte di firme tra amici,
familiari, nelle scuole e sul luogo di lavoro. Un grande contributo è stato
dato da decine di parroci che, oltre a impegnarsi nella raccolta di firme al
termine delle funzioni religiose, hanno portato avanti un’attenta opera di
sensibilizzazione tra i fedeli».
Raccogliendo testimonianze tra la folla di piazza San Pietro il
giorno prima delle dimissioni di papa Ratzinger Asianews ha riportato le
parole di alcuni sacerdoti asiatici, tra cui quelle di p. Giuseppe, originario
di Hue, nel Vietnam centrale: «”La Chiesa del Vietnam ha bisogno di
testimonianze di vita e di fede” e Benedetto XVI è stato “un modello
e una guida” in una nazione governata da un “regime comunista che
ancora oggi limita la libertà religiosa”. È questo il primo pensiero di un
sacerdote vietnamita, confuso fra la folla che gremisce piazza San Pietro in
attesa di salutare per l’ultima volta il suo “amato Papa” che da
domani lascerà il soglio pontificio. […] “Nella nostra società –
aggiunge il sacerdote – la fede non è ancora così radicata e sviluppata, per
questo è importante promuoverla e diffonderla con l’opera di annuncio”. Il
sacerdote ricorda inoltre il notevole contributo fornito dal papa per la
ripresa dei rapporti diplomatici fra Santa Sede e Hanoi, ma resta ancora molto
da fare e “guardiamo al futuro speranzosi, mettendoci nelle mani di
Dio”».
Da un focus di Porte Aperte sul paese indocinese apprendiamo che «dal
gennaio 2013 il Vietnam ha aggiornato la propria legislazione in materia di
libertà religiosa attraverso il Decreto sulla Religione ND-92 lanciando un
messaggio molto chiaro: lo Stato ha intenzione di controllare da vicino la
diffusione della religione, in particolare del cristianesimo. Questo decreto di
fatto completa quello emesso nel 2005 e – sostiene Porte Aperte – […] se
applicato interamente […] potrebbe criminalizzare il movimento di comunità
cristiane familiari (o chiese in casa, house church), una rete di chiese
che esiste da oltre 25 anni. Anche se venisse applicato irregolarmente comunque
potrebbe rappresentare una minaccia per l’esistenza di questa importante rete
di cristiani vietnamiti». Inoltre «il decreto giustifica la pesante burocrazia
relativa alle pratiche religiose, che di fatto dimostra di considerare la
religione come una minaccia alla sicurezza nazionale e culturale».
«ChinaAid, una grande organizzazione statunitense di
sostegno ai cristiani perseguitati – ci informa Marco Tosatti di vaticaninsider.lastampa.it
-, ha reso noto [di recente] il suo rapporto annuale sulla situazione della
libertà religiosa nelle terre governate da Pechino. E la conclusione è che la
situazione si sta deteriorando per il settimo anno di seguito. Il rapporto [sul
2012] si basa su 132 casi di persecuzione, cha hanno coinvolto 4.919 persone.
Il numero degli individui giudicati in tribunale è cresciuto del 125 per cento,
rispetto all’anno precedente; e il “tasso” di persecuzione, secondo quanto
sostengono a ChinaAid è cresciuto del 41.9 per cento se paragonato al
2011. Come è ormai triste tradizione, sono soprattutto le “chiese domestiche”,
meno controllabili, a essere nel mirino delle autorità cinesi. Ma c’è anche un
fattore congiunturale, che ha reso più dura la situazione, e cioè una volontà
precisa da parte del governo e del Partito».
«ChinaAid – prosegue Marco Tosatti – prende in esame sei
elementi: il totale delle cifre sulla persecuzione, il numero delle persone
colpite, il numero degli arrestati, il numero dei condannati, il numero dei
casi di violazioni dei diritti e il numero delle vittime di questi abusi.
Rispetto al 2011, il totale delle cifre relative alle sei categorie è cresciuto
del 13.1 per cento. E se si considerano i sette anni precedenti, si osserva che
il trend di peggioramento persiste, sulla base di un incremento annuale del
24.5 per cento per tutte e sei le categorie considerate. Secondo gli analisti
di ChinaAid, la persecuzione del 2012 non è stata solo una prosecuzione
della pratica, presente nel 2008 e nel 2009 di “prendere a bersaglio le chiese
domestiche e i loro leaders nelle aree urbane”, o di quella del 2010 di “attaccare
i gruppi di legali difensori dei diritti umani cristiani, e di usare
maltrattamenti, tortura e tattiche mafiose”, e neanche della strategia del 2011
di aumentare di intensità gli attacchi contro i cristiani e le chiese
domestiche che hanno un impatto sulla società. C’è stato un cambiamento di
strategia, e la sua ragione può essere trovata in un documento emanato dai
Ministeri della Sicurezza Pubblica e degli Affari Civili, che affrontava il
tema del completo sradicamento delle Chiese domestiche. Il documento, curato
dall’amministrazione statale per gli Affari Religiosi, indica grosso modo tre
fasi dell’operazione. La prima, dal gennaio al giugno del 2012, prevedeva
intense, complete e segrete indagini sulle chiese domestiche, in tutto il
paese, e la creazione di archivi su di esse. La seconda fase dovrebbe durare
dai due ai tre anni, e basarsi sull’eliminazione graduale delle Chiese
domestiche che sono state schedate, per giungere, in un periodo decennale, alla
completa cancellazione del fenomeno. E in effetti a questo scopo sono stati
usati vari sistemi di bastone e carota; chiusura delle chiese, invio nei campi
di lavoro dei leaders, e nello stesso tempo tentativo di convincerli a
entrare nel sistema di chiese controllato dallo Stato e dal Partito».
«Il rapporto – conclude Tosatti – si chiude però su toni
lievemente ottimistici. Il 18mo Congresso nazionale avrebbe chiuso un’epoca di
ideologia di estrema sinistra. “ChinaAid è prudentemente ottimista,
scrive il Rapporto, perché a dispetto della crescente persecuzione e dei
cambiamenti politici del 2012, la Chiesa rimane ferma, e fiorente come i cedri
del Libano e gli alberi piantati vicini alle correnti, che al tempo stabilito
danno frutti abbondanti”».
Non a caso uno degli ultimi appelli di Benedetto XVI prima della
sua rinuncia è stato in favore della Chiesa cattolica in Cina: «Raccomando alle
preghiere vostre e dei cattolici di tutto il mondo la Chiesa in Cina, che come
sapete, sta vivendo momenti particolarmente difficili».
Luca Rolandi