Spiritualità e pragmatismo

A 20 anni dalla morte, a Spezzano la mostra «a tutti e a
ciascuno: vita e opere di p. Giuseppe Richetti».
Il 12 gennaio è stata inaugurata presso casa Corsini a Spezzano
(Modena) la mostra in memoria di p. Giuseppe Richetti in occasione del 20°
anniversario della sua morte. Nella chiesa parrocchiale si è tenuta una
celebrazione in sua memoria, con partecipazione di tutta la grande famiglia del
missionario, e autorità e popolazione. P. Mario Barbero per i missionari della
Consolata ha ricordato la figura di p. Giuseppe e ha offerto testimonianze
dall’Africa.

Un pioniere della fede e dell’evangelizzazione.

È nitido il ritratto che restituisce il profilo di padre Giuseppe Richetti,
missionario della Consolata, di cui abbiamo ricordato i vent’anni dalla morte
lo scorso 12 gennaio. Nato a Spezzano di Fiorano il 14 marzo 1933 è morto a
Nairobi (Kenya) il 12 gennaio 1993, alla soglia dei sessant’anni; formatosi
presso il seminario di Modena-Nonantola, p. Giuseppe ha dedicato tutta la sua
vita alla missione in Africa. Thomson’s Falls (ora Nyahururu), Kerugoya, Tuthu,
Sagana e Karuri sono le tappe del suo impegno in Kenya. In quelle missioni p.
Giuseppe ha profondamente innovato, nella scia del Vaticano II, la presenza
cristiana nelle comunità africane: dal coinvolgimento dei laici nella
catechesi, alla traduzione di tutta la liturgia delle ore e della Parola in
kikuyu, la lingua maggiormente diffusa tra i locali, fino alla costruzione di
chiese, scuole, asili, oratori e luoghi di formazione. Una sintesi
straordinaria di pragmatismo e spiritualità.

Era un uomo di fede e un amante della liturgia, ma sapeva
diventare geometra, ragioniere e architetto di fronte alle esigenze delle
comunità che era chiamato a servire. E in ogni impresa era in grado di
coinvolgere, anche a distanza, i fratelli, gli amici e i parenti di Spezzano e
del modenese, in una relazione con il territorio delle sue origini che passava
dal continuo scambio epistolare ai container riempiti di materiali utili alle
missioni. In tanti sono stati coinvolti nei suoi harambee, ovvero quei
momenti contagiosi di solidarietà in cui tutti erano chiamati a dare quanto
potevano per il successo delle opere intraprese.

Padre Giuseppe è riuscito a far diventare tutti un po’ missionari.
E gli spezzanesi hanno deciso di non dimenticare quanto accaduto. Lo racconta
Francesco Richetti, fratello di p. Giuseppe, che, insieme ai familiari, ha
curato l’organizzazione della mostra «A tutti e a ciascuno, opere pensieri e
frutti di p. Giuseppe Richetti». «Insieme all’Amministrazione comunale, alla
parrocchia di Spezzano e ai missionari della Consolata, che ringrazio per la
disponibilità, abbiamo voluto offrire un momento che non fosse solo di ricordo
o commemorazione, ma che servisse ad avvicinare la figura di p. Giuseppe alla
comunità di Spezzano, soprattutto ai più giovani. Mio fratello è scomparso
venti anni fa. Il tempo passa, ma ciò che ha fatto rimane ancora oggi vivo tra
le comunità che ha servito in Africa. Conoscere le sue opere, i suoi pensieri,
i suoi scritti e condividere i frutti della sua azione è il modo migliore per
ricordarlo e allo stesso tempo per “restituire” alla sua Spezzano
consapevolezza e orgoglio per ciò che ha prodotto».

«Penso tra l’altro – continua Francesco Richetti – che nel profilo
di p. Giuseppe ci siano tante indicazioni utili per superare le difficoltà di
questo tempo di crisi. A chiunque gli ponesse una domanda, anche il solito “come
va?” rispondeva sempre “benone!”. Anche di fronte alle difficoltà, alla povertà
di mezzi e risorse, ai suoi acciacchi che non l’hanno mai abbandonato, la
profonda fede e la convinzione che insieme si può far fronte a ogni impedimento
hanno caratterizzato una vita durante la quale ha infuso speranza e amicizia
cristiana a tante persone».

«Abbiamo voluto ripercorrere le tappe
salienti del suo impegno missionario, dalla partenza da casa al seminario di Modena-Nonantola,
dagli studi a Torino con i missionari della Consolata fino alla sua ragione di
vita: la missione in Kenya, il grande impegno nella liturgia e nella catechesi,
e la costruzione di tante strutture di accoglienza, le prime in muratura di quegli
anni».

Nella giornata del 12 gennaio è stata inaugurata alle ore 16 la
mostra presso casa Corsini a Spezzano e alle ore 18, presso la chiesa
parrocchiale di Spezzano si è tenuta una celebrazione in ricordo del
missionario. Sono intervenuti il Sindaco di Fiorano Claudio Pistoni, il parroco
di Spezzano don Paolo Orlandi, P. Mario Barbero per i missionari della
Consolata che ha ricordato la figura di padre Giuseppe e ha offerto
testimonianze dall’Africa, Annalisa Vandelli autrice del libro «Continuerà a sorridere»
sulla vita di padre Richetti, e Anna Richetti in rappresentanza della famiglia.

Matteo Richetti


Il mio ricordo

La notizia della morte di p.
Giuseppe Richetti mi colpì come un fulmine mentre ero negli Stati Uniti
d’America. Non potevo crederci perché solo qualche giorno prima avevo ricevuto
una sua lettera che mi augurava Buon Natale e mi ragguagliava sulla sua attività
nella parrocchia di Karuri.

Avevo conosciuto p. Richetti, almeno di vista, prima ancora che
fosse ordinato sacerdote nel 1956, ma fu soprattutto nei dodici anni trascorsi
in Kenya che lo frequentai ed ebbi modo di apprezzare le sue doti di
missionario vulcanico e carismatico: il suo spirito di preghiera, la sua
genialità e creatività, la sua passione nell’attuare il Concilio Vaticano II e
per la formazione dei catechisti, dei laici, delle persone consacrate, dei
sacerdoti.

Fui perciò molto contento quando, lo scorso 12 gennaio, i suoi
famigliari mi invitarono a partecipare al 20° anniversario della sua morte nel
suo paese nativo di Spezzano e a portare la mia testimonianza su di lui. A
Spezzano sono stato impressionato dalla massiccia partecipazione della gente a
questo evento: dalle autorità cittadine, alla parrocchia, a tante persone dei
paesi vicini, tutti hanno risposto all’appello.

Sono stato anzitutto ammirato della sua numerosa famiglia, dai
fratelli ai nipoti ai pronipoti, tutti impegnati non solo nell’organizzazione
dell’evento ma nel condividere l’impegno missionario di p. Giuseppe.

Incontrando tante persone venute per questo anniversario, mi è
sembrato che a distanza di vent’anni p. Richetti fosse vivo lì in mezzo alla
sua gente, a richiamare la realtà della Chiesa missionaria e della
responsabilità missionaria di ogni cristiano.

L’impressione dominante è stata rendermi conto che p. Richetti è
vivo. Ripercorrendo le tappe del suo servizio missionario in Kenya nei suoi
vari aspetti, è impressionante vedere come egli sia riuscito a «contagiare»
tante persone, famigliari e amici, nei suoi impegni missionari fosse pur la
costruzione di una chiesa o di una scuola o di un centro pastorale, o la
formazione del personale: catechisti, ministri della parola, laici, famiglie.
Come ha scritto suo nipote Matteo: «P. Richetti è una sintesi straordinaria tra
spiritualità e pragmatismo».

I suoi progetti missionari sono continuati dopo la sua morte e con
un’ampiezza imprevista. Sono nati dei gruppi che hanno realizzato centinaia di
adozioni a distanza aiutando così
migliaia di famiglie keniane che hanno potuto mandare a scuola i loro figli.
Sono state costruite delle scuole, dei dispensari; si sono realizzati degli
interscambi, molte persone dall’Italia sono andate in Kenya anche solo per
brevi periodi, rientrando entusiaste per quanto hanno visto e decise a vivere
in modo nuovo il proprio impegno cristiano.

P. Richetti continua a essere un «costruttore di chiese» non solo
perché ha costruito  edifici e formato
comunità in Kenya ove ha lavorato per 25 anni, ma anche in Italia ove molte
persone, attratte dal suo dinamismo missionario, hanno riscoperto cosa significhi
essere Chiesa e hanno adottato una nuova mentalità e un nuovo stile di vita.

Mario Barbero

Matteo Richetti e Mario Barbero

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