Cooperazione per l’acqua

Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2013 anno internazionale
della cooperazione per l’acqua e hanno incaricato l’Unesco, la loro agenzia più
multidisciplinare, di cornordinare le iniziative legate a questo tema che tocca
in modo trasversale ambiti diversi, dalle scienze naturali e sociali,
all’istruzione, alla cultura, alla comunicazione.

Obiettivo dell’Anno Internazionale, si legge
nel sito dell’agenzia Onu che si occupa dell’acqua, Un Water, è quello
di accrescere la consapevolezza sia delle aumentate possibilità di cooperazione
su questo tema sia delle sfide relative alla gestione dell’acqua. Sarà anche
un’occasione, conclude Un Water, per sfruttare il momentum, lo slancio
generato dalla Conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile, nota come Rio+20
poiché si è svolta vent’anni dopo una precedente conferenza organizzata proprio
a Rio de Janeiro, in Brasile, sullo stesso tema.

A
quale momentum le Nazioni Unite si riferiscano rimane piuttosto dubbio,
visto che molti degli esponenti della società civile internazionale intervenuti
a Rio+20 hanno giudicato l’evento un flop e il documento conclusivo, intitolato
Il futuro che vorremmo, una semplice raccolta di buoni propositi priva
di qualunque rilevanza operativa e concreta. Non sono state date risposte
efficaci a gridi d’aiuto come quello di una donna mozambicana riportato da p.
Alex Zanotelli su Nigrizia nei suoi articoli da Rio: «La multinazionale
brasiliana Vale do Rio Doce – ha urlato la donna al microfono – sta costruendo
una diga nel mio paese, derubandoci delle nostre terre e delocalizzando la
nostra gente».

L’importanza
dell’acqua per la vita umana è di un’evidenza che non richiede dimostrazioni,
ma è interessante citare alcuni esempi di come la sua gestione crei diatribe
che si trasformano molto spesso in veri e propri conflitti armati. World
Water
, un progetto del pluripremiato istituto di ricerca Pacific
Institute
di Oakland, Califoia, ha stilato una lista che conta 225
conflitti legati all’acqua dal 3.000 a.C. al 2010. Il sito del Centro di
Documentazione dei conflitti ambientali
, con sede a Roma, fornisce i
dettagli di oltre sessanta conflitti in corso che riguardano la gestione
dell’acqua: deviazione di fiumi, costruzione di dighe, fumigazione di
coltivazioni illegali e altri interventi simili stanno pesantemente inquinando
le acque del globo e mettendo in discussione l’esistenza di interi popoli.

Avere a disposizione acqua pulita fa la differenza fra
vivere e morire in moltissimi contesti. Secondo Un Water, la diarrea
rimane la principale causa di malattia e morte nel mondo e nove casi di decesso
su dieci, tra quelli causati da malattie intestinali, sono dovuti alla mancanza
di acqua potabile e di igiene. Ogni venti secondi un bambino muore a causa
delle condizioni igieniche insufficienti. Lavarsi le mani con il sapone e acqua
pulita potrebbe ridurre di quasi la metà queste morti.

Altro esempio: il tracoma, infezione agli occhi diffusa
nel sud del mondo, colpisce circa quaranta milioni di persone; circa sei
milioni sono gli abitanti del pianeta oggi privi della vista a causa di questa
malattia, che si diffonde principalmente dove le condizioni igieniche sono
insufficienti per la mancanza di acqua e di sanificazione. Secondo l’Unicef,
intervenire per migliorare l’accesso a fonti idriche adeguate potrebbe ridurre
del 25% l’infezione.

Unicef ricorda poi che anche nella lotta all’HIV l’acqua
ha un ruolo cruciale: i pazienti affetti da Aids sono più suscettibili alle
malattie legate all’acqua di quanto lo siano gli individui sani e si ammalano
più gravemente per questo tipo di infezioni rispetto a persone il cui sistema
immunitario non è compromesso. Per questo è ancora più importante garantire
loro accesso ad acqua adeguata.

Molti
sarebbero gli esempi da citare per illustrare il peso decisivo dell’acqua nel
salvare vite umane o anche solo nel garantire standard di vita accettabili;
altrettanti, però, sono gli esempi di abuso delle risorse idriche che minaccia
la piena fruizione di questo bene fondamentale. Questa rivista si occupa da
anni di segnalare tali abusi, che vanno dal prosciugamento delle falde
acquifere del Kerala (India) da parte di Coca Cola Company (vedi Moiola,
Acqua del rubinetto? Sì, grazie!
, MC 6/2006) all’utilizzo di acqua nella
coltivazione di fiori per i mercati europei in paesi, come il Kenya (ma non
solo), pur afflitti con cadenza annuale da ondate devastanti di siccità
(Anataloni, La vergogna della fame, MC 9/2011).

I missionari della Consolata per l’acqua

L’accesso
all’acqua è uno dei temi portanti del lavoro dei missionari della Consolata nel
mondo e i progetti realizzati nelle missioni spaziano dai micro-interventi alle
iniziative di più ampia portata, dalla risposta alle emergenze all’ascolto
delle esigenze quotidiane delle comunità. Qui, per ragioni di spazio, ne
vediamo solo alcuni fra i più recenti e significativi.

Africa – Kenya


Il
più monumentale degli interventi legati all’acqua è probabilmente quello che da
quarant’anni fratel Giuseppe Argese porta avanti a Mukululu con il Tuuru
Water Scheme
. I numeri del sistema idrico messo in piedi da fratel Argese
con la diocesi di Meru fanno impressione: oltre un quarto di milione di persone
e oltre settantamila capi di bestiame della zona circostante la foresta di
Nyambene ricevono acqua grazie a questo enorme impianto che, con i suoi 250
chilometri di tubature, conta centinaia di punti di erogazione d’acqua e serve
dispensari, strutture sanitarie, scuole e privati. Ciò che vale la pena di
ricordare è che fratel Argese sta portando avanti i lavori – con tutte le
difficoltà connesse – per costruire la terza diga, che permetterebbe di
risolvere in maniera definitiva i problemi di siccità della zona (vedi
Anataloni, Mukululu: ricominciare, sempre, MC 1/2013). Su questo
progetto si è critto molto negli anni e c’è buona documentazione. L’iniziativa
di sponsorizzare i punti di distribuzione dell’acqua sta raccogliendo buoni
consensi. Il progetto si può sostenere anche online attraverso ilMiDono.

Meno noto è il grande lavoro delle diocesi di Marsabit e
di Maralal, perennemente alle prese con la mancanza di acqua o con la presenza
di acqua salata. Hanno scavato centinaia di pozzi, sistemato cistee per la
raccolta di acqua piovana vicino a ogni tetto di asili, scuole, centri sanitari
e missioni, piazzato mulini a vento, risanato sorgenti dividendo l’accesso del
bestiame da quello delle persone, aiutato la gente a costruire piccoli bacini
artificiali per la raccolta della pioggia, propagandato l’uso corretto
dell’acqua per vincere le malattie attraverso corsi di formazione per donne,
leader, operatori sanitari… una miriade di iniziative che hanno certo
contribuito al miglioramento della vita in una regione semi-desertica. L’enorme
diocesi di Marsabit, prima della divisione da Maralal, aveva un gruppo
specializzato per seguire esclusivamente i numerosissimi progetti sull’acqua su
tutto il territorio. Ora le due diocesi continuano l’impegno attraverso i
rispettivi Uffici dello Sviluppo.

Sempre
in Kenya, Missioni Consolata Onlus ha seguito l’anno scorso la realizzazione di
un progetto idrico – sostenuto con fondi messi a disposizione da Caritas
e da un’associazione calabrese amica – che ha premesso alla scuola secondaria
di Mukothima, nel Tharaka, di dotarsi di una fonte d’acqua per irrigare il
campo adiacente alla scuola. Grazie al campo e alla serra costruita accanto a
esso, è ora possibile coltivare frutta e verdura per la mensa della scuola e
abbattere così i costi di gestione.

RD Congo e Mozambico


In
Repubblica Democratica del Congo, presso l’ospedale Notre Dame della Consolata
di Neisu, è in corso un progetto finanziato dalla Water Right Foundation della
Toscana e da altri partner della zona dell’ATO3 Medio Valdao. Il
progetto prevede la costruzione di tre pozzi nei dispensari che fanno capo
all’ospedale e la formazione della popolazione locale sul corretto uso delle
risorse idriche e, in Italia, diverse iniziative di sensibilizzazione
sull’acqua (vedi MC 3/2013).

Ai progetti classici sull’acqua, che comprendono la
costruzione di pozzi (come quello ultimato l’anno scorso a Nseue, Mozambico), l’installazione
di cistee per le scuole e le risposte alle emergenze siccità come quella del
2012 nel nord del Kenya, i missionari affiancano ormai da diversi anni altre
iniziative che riguardano meno il fare, il costruire e si
concentrano invece più sulla formazione delle persone. Si stanno cioè
moltiplicando i progetti che, da un lato affiancano alla foitura dell’acqua i
corsi di formazione su come gestirla correttamente e, dall’altro mirano ad
aumentare nelle comunità la consapevolezza del proprio diritto all’acqua.

Obiettivo
di questa formazione è sostenere la popolazione locale nel suo tentativo di
relazionarsi con le istituzioni pubbliche locali per esigere dai propri
amministratori interventi incisivi che ampliino l’accesso all’acqua pulita.
Indicativo è stato l’esempio del Mozambico, al quale Mco ha dedicato la
campagna di Natale del 2012: i missionari della Consolata che operano nel
gigante lusofono dell’Africa meridionale hanno segnalato all’unisono e con
molta decisione l’urgenza di mettere le comunità locali in condizione di
partecipare alla crescita economica del paese, creando in esse competenze
professionali e conoscenze giuridiche attraverso le quali tentare di avere voce
in capitolo nella ripartizione delle risorse nazionali, fra cui l’acqua, che
rischiano oggi di essere invece alienate e svendute a multinazionali straniere.

America Latina


Mco
ha seguito lo scorso anno due progetti a Bahia (Regione Nordeste del
Brasile), a Monte Santo e Jaguararì. Le due municipalità si trovano nel
cosiddetto poligono della siccità, caratterizzato dal bioma della caatinga,
foresta grigia, nome che deriva dalla presenza di piante che sono per la
maggior parte dell’anno secche. Le precipitazioni sono cronicamente scarse e la
struttura geologica della zona rende molto difficile raccogliere e
immagazzinare acqua. I fiumi sono stagionali e nella maggior parte dei casi
l’acqua del sottosuolo è salina, utilizzabile per la pulizia e l’abbeveraggio
del bestiame ma inadatta al consumo umano. Nell’entroterra,
una grande parte della popolazione locale riceve acqua potabile attraverso il
cosiddetto carro-pipa (camion cisterna), un servizio fornito
dall’esercito, mentre le città sono alimentate dalla Empresa Baiana de Águas
e Saneamento
(Embasa), una società privata il cui maggior azionista è il
governo dello stato di Bahia. Il rifoimento di acqua avviene una volta al
mese.

Durante
l’estate 2012, quest’area ha sperimentato la peggiore siccità degli ultimi
quarantasette anni (vedi MC 7/2012). Per dodici mesi non ci sono state
precipitazioni e le dighe e i fiumi che, in condizioni normali, riescono a
rifoirsi di acqua durante le piogge, si sono completamente prosciugati. «La
gente di Monte Santo», scriveva all’epoca dell’emergenza p. Stanley Thinwa
Muriuki, «spende anche un’intera giornata a cercare fonti spostandosi a piedi o
a dorso d’asino per lunghe ore. I bambini, anche loro coinvolti in questo
sforzo, sono costretti a perdere le lezioni scolastiche per aiutare le famiglie
a procurarsi acqua. Gli animali, spesso unica fonte di sostentamento in una
zona dove coltivare è praticamente impossibile, sono sempre più debilitati».

Per
far fronte a questa emergenza P. Stanley e P. Vidal Moratelli hanno proposto
una serie di iniziative che Mco ha riunito in una campagna di raccolta fondi
lanciata nel corso dell’estate 2012: oltre alla risposta immediata, che
prevedeva il trasporto di acqua alle comunità attraverso camion cisterna e
taniche, i missionari hanno previsto anche la perforazione di pozzi e
l’installazione di cistee che possano, in futuro, mettere al riparo la
popolazione dai danni della siccità endemica nella zona.

Jaguararì, a circa 150 chilometri da Monte Santo,
condivide gli stessi problemi. Per questo, i padri Domingos Forte e Aquileo
Fiorentini si sono impegnati nella costruzione di cistee da installare presso
le abitazioni delle famiglie della zona in modo che possano immagazzinare acqua
durante la stagione delle piogge e far fronte così ai momenti più difficili.
Grazie al sostegno di diversi donatori, l’intervento procede in modo lento ma
costante e di recente otto nuove cistee sono state installate. «In un primo
momento sono state scelte le aree dove era più grave la mancanza di acqua»,
scriveva p. Aquileo lo scorso novembre raccontando lo svolgimento del progetto,
«per poi passare all’identificazione delle famiglie più bisognose, cioè quelle
più numerose e con presenza di bambini. Famiglie che vivono vicine hanno
accettato di condividere una cisterna. Un bel segno di condivisione». E di
cooperazione. Per l’acqua.

Chiara Giovetti
Alcuni articoli sull’acqua in MC:
C. Giovetti, Acqua per la salute, 3/2013.
J. Patias, Questione di vita o di morte, 7/2012.
L. Anataloni – S. Tavella, Come una goccia di rugiada, 9/2010.
U. Pozzoli, Acqua delle nostre brame, 5/2009.
L. Anataloni, Mukiri, l’uomo dell’acqua, 2/2008.
AA.VV., Le mani sull’acqua (dossier), 6/2006.

Chiara Giovetti

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