CARI MISSIONARI

Colombia, viaggio di Vita

Sono
Alberto Cancian, un ventisettenne che abita in provincia di Pordenone. A marzo
del 2012 sono andato in Colombia, a trovare per alcune settimane lo
stimatissimo p. Bruno Del Piero, mio compaesano e da cinquant’anni missionario
della Consolata in Colombia, attualmente a Florencia, nel Caquetà. L’esperienza
è stata molto forte e formativa. Ad ottobre, sempre del 2012, il nostro paese,
Roveredo in Piano, ha celebrato i 100 anni di dedicazione della Chiesa
Parrocchiale, p. Bruno era presente ed in questa occasione è stato pubblicato,
con il contributo della parrocchia e di alcuni enti del luogo ed il patrocinio
del comune, il libro «Colombia. Viaggio di Vita». è un piccolo diario di viaggio con testi e foto che parlano
della mia esperienza ma soprattutto dell’impronta che p. Bruno ha lasciato in
quelle terre nelle quali è smisuratamente amato in cinquant’anni di missione.

L’occasione
ha quindi fatto sì che in paese e un po’ più in là, si sia potuta toccare con
mano l’opera di questo missionario amato dalla nostra gente e nominato per
l’occasione Cittadino Benemerito. Sia le presentazioni che ho fatto in
questi mesi che le vendite del libro hanno avuto un successo davvero
soddisfacente (vedi qui sopra il volantino promozionale per Natale).
Tutto il ricavato della vendita è devoluto a p. Bruno per la sua missione.

Ho
pensato che sarebbe bello, soprattutto per lui e per il nostro paese che questo
venisse menzionato nella vostra ricchissima rivista. Ringraziandovi
anticipatamente

Alberto Cancian
Email 09/01/2013

Grazie, Don Paolo

Carissimi,

dopo aver letto l’ultima puntata del «racconto
delle nozze di Cana» del magistrale don Paolo Farinella, non ho potuto che
mettermi al computer e scrivervi queste poche righe per ringraziare voi
tutti della redazione per la scelta stupenda di voler tradurre, spiegare anche
ai lontani (inteso come lontananza chilometrica) il profondo significato nascosto
nella Parola di Dio, ma soprattutto per ringraziare l’estensore.

Ho
iniziato a leggere quasi per caso il primo articolo a commento della parabola
del figliol prodigo, e non sono più riuscito a staccarmi. Attendevo e attendo
quasi con ansia la rivista per attingere a quegli articoli quasi fossero una
sorgente d’acqua limpida. Il procedere ossessivamente lento, la disamina
estrema di ogni singola parola alla ricerca di quanto in essa era celato dallo
Spirito ispiratore, la metodica analisi del vero e originale significato
delle parole del testo a noi pervenuto, il costante raffronto con brani
dell’Antico Testamento, hanno fatto sì che queste pagine riuscissero
ad aprire orizzonti mai finora osservati (almeno da me!).

Spesso
ci si accontenta, noi poveri mortali indaffarati, di rincorrere le fatuità che
la modea cultura ci propina, di quello che una lettura superficiale,
mediocre e ripetitiva ci trasmette senza che nemmeno un dubbio ci oscuri
le certezze interpretative antiche. Ma basta, almeno a me è capitato,
che qualcuno ti indichi dove mettere il piede, ti mostri quale sentirnero
percorrere, per trovarti a camminare in un paesaggio diverso, mai
esplorato, ma affascinante.

Grazie
a voi quindi e un particolare grazie a don Paolo Farinella per il suo prezioso
apporto e per la sua instancabile ricerca del cuore inscrutabile e profondo che
Dio Padre ci ha voluto mostrare.

Giacomo Fanetti 
11/01/2013

Qualcuno
ha già telefonato per sapere quando le 38 puntate su Cana diventeranno un
libro. Per ora non ci sono notizie a riguardo. Se don Paolo deciderà di fae
un libro, vi informeremo tempestivamente.

Tutto o niente?

Cari
Missionari,
sperando di fare cosa non sgradita, vorrei cogliere questa occasione per dirvi
che la scelta di privilegiare le testimonianze dei missionari, dei volontari e
di coloro che si recano fisicamente nelle terre di missione, lasciando da parte
la politica e la polemica politica, è apprezzabile. Certi argomenti o non si
toccano per niente oppure vanno approfonditi con un po’ di ragionevolezza
sentendo tutte le campane, quelle dei simpatici e quelle dei meno simpatici…

Se
si tirano in ballo questioni come l’Ici, l’Imu, lo spread, il decreto
salva Italia, il contributo dato dal governo Monti e segnatamente dal ministro
Riccardi al rilancio della cooperazione con i paesi dell’Asia, dell’ America
Latina e dell’Africa, bisogna considerare i risvolti comodi ma anche quelli
scomodi, imbarazzanti, bisogna avere l’onestà di riconoscere le novità positive
ma anche quelle negative… Bisogna soprattutto avere la delicatezza e la
cortesia di chiamare le cose con il loro vero nome, altrimenti si rischia di
diventare complici di chi vuol continuare a simulare, a camuffare a frodare.

Per
esempio, quando si parla di Ici o di Imu, non ci si può limitare a qualche
fugace allusione polemica contro chi vorrebbe imporre queste tasse alla Chiesa
cattolica e alle sue attività di evangelizzazione e di promozione umana. Non
bisogna vergognarsi di definire l’Ici e
l’Imu per quello che sono realmente, ovvero macchine divora-stipendi e
divora-pensioni, non imposte comunali, non imposte municipali, non imposte
sugli immobili, non imposte federaliste.

Leggendo
certi vostri articoli, sembrerebbe di capire che anche per voi Monti e Riccardi
hanno giovato all’Italia e alla sua immagine in Europa e nel mondo (a
cominciare da quello povero), facendo cose che i precedenti governi non avevano
fatto. A me invece risulta che l’ultima legge di stabilità assicura 8,5
miliardi di euro a Finmeccanica, la più grande produttrice ed esportatrice
(anche nel mondo povero, quello con cui si cerca di migliorare la cooperazione)
di armi e sistemi d’arma made in Italy e 2,5 miliardi alla TAV. Risulta
anche che l’anno di Monti e della cura Monti si è concluso con la retrocessione
dell’Italia dal 69° al 72° posto nella classifica di Transparency
Inteational
. Per oggi mi fermo qui ma penso che, in un modo o nell’altro,
ci risentiremo.

Francesco Rondina
Fano, 27/12/2012

Egregio
sig. Francesco,
grazie del suo scritto. Gli argomenti che lei affronta nella sua lettera sono
particolarmente scottanti in questa nostra Italia d’inizio 2013. Probabilmente
quando lei leggerà questa risposta, sapremo già chi è il nuovo premier,
mentre al momento in cui scrivo siamo ancora completamente nella nebbia.


C’è
un insegnamento che mi è stato inculcato fin da bambino, glielo scrivo in
dialetto bresciano, il mio: «fa miò l’öff fôrò de l’öferò» (non fare l’uovo
fuori della cesta). Era una calda raccomandazione a non fare le cose a
sproposito o nel posto sbagliato.


Su
questa rivista facciamo ovviamente degli accenni alla politica e alle faccende
italiane. Come potremmo evitarlo, soprattutto quando le scelte politiche hanno
delle conseguenze su argomenti che ci appassionano, come sviluppo, giustizia,
pace, cooperazione, libertà religiosa e toccano direttamente o indirettamente
il mondo missionario? Ma non trattiamo specificamente di politica, come lei ha
giustamente notato. La Chiesa cattolica ha altre pubblicazioni più competenti
in materia.


Che
abbiamo simpatia per Monti o Riccardi e meno per altri, può essere vero o no.
Certamente, come persone e cittadini, abbiamo la nostra opinione ed è
inevitabile che a volte traspaia. Cerchiamo di non cadere nella trappola del «far
politica», per mantenere viva la libertà di giudizio e la capacità critica di
chi cerca di leggere la realtà con gli occhi del sud del mondo, dalla parte
degli impoveriti.


Continueremo
a scrivere su temi che toccano anche la politica ed economia italiana. Lo
faremo anche in collaborazione con le altre riviste missionarie della Fesmi.
Questo non per schierarci pro o contro qualcuno, ma perché certi argomenti
sfidano la responsabilità di tutti, sempre, e non solo in questi mesi di
emergenza economica.

Dall’Albania alla RD Congo

Cari
amici di MC,
è da tempo che avevo in mente di scrivervi. Sono un giovane laico della diocesi
di Nardò-Gallipoli in missione in Albania con una comunità della diocesi di
Reggio Emilia. Siamo a Gomsiqe, un piccolo villaggio in provincia di Scutari,
siamo senza tv, la radio funziona a malapena, come del resto i telefoni
cellulari e l’internet. Tutte queste sono decisamente delle fortune!
Personalmente mi sento in fase di disintossicazione dalla dipendenza da
notiziole e talk show piccoli piccoli, in cui si parla e non si
capiscono i veri problemi e non si cercano soluzioni, in cui si dettano le
preoccupazioni più urgenti della nazione, a seconda di quelle che sono le
priorità immediate di 4 o 5 leader politici.

L’esperienza
di missione in questa terra bellissima (a cui spesso anche il vostro giornale
si è interessato) e MC mi hanno aiutato ad aprire gli occhi sul mondo, a
rendermi conto di quanto siano piccole e drogate le piccole beghe di paese che
in Italia sono chiamate notizie e di quanto i grandi fenomeni di questo tempo,
le grandi ingiustizie, quello che davvero succede nel mondo, semplicemente ci è
estraneo.

Grazie,
anche a nome della piccola comunità di cui faccio parte, a tutti voi, che siete
come un buon amico, intelligente e attento, che appena tornato da un viaggio ci
racconta quello che ha visto, aiutandoci a capire cosa c’è dietro e un po’
anche cosa possiamo fare noi, con i nostri stili di vita, con il nostro piccolo
ma prezioso impegno.

Finita
questa premessa, arrivo ad una richiesta di approfondimento: su un giornale
italiano abbiamo letto un interessante reportage sul Movimento M23 in Congo e
un’intervista a mons. Rugero Runiga guida spirituale del movimento.

Proprio
in quei giorni ci è arrivato anche il numero di Novembre di MC, in cui c’era
l’articolo sul Rwanda e l’approfondimento sugli interessi ruandesi nella RDC.
Mi chiedevo se la Chiesa congolese e quella ruandese abbiano una posizione
ufficiale su questo movimento e soprattutto qual è la situazione di mons.
Runiga?

Enrico Giuranno e comunità di
Gomsiqe (Albania) 29/12/2012

Enrico,
grazie delle tue parole incoraggianti. Per quanto riguarda Jean-Marie Runiga
Lugerero, il vescovo presidente del movimento M23, posso solo dirti che non è
un vescovo cattolico. Ho cercato di capire quale sia la sua chiesa, ma
non ci sono riuscito. Ci sono migliaia di chiese evangeliche diverse in Africa.


L’Agenzia
Fides scrive: «Jean-Marie Runiga Rugerero (o Lugerero), sedicente leader
dell’ala politica dell’M23, il movimento ribelle che agisce nel Nord Kivu, (est
della Repubblica Democratica del Congo), non è un vescovo cattolico, come
invece è stato presentato da alcuni organi di stampa inteazionali» (Fides
2/1/2013).


Quanto
alla Conferenza Episcopale del Congo, così scrive Fides: «“No alla
balcanizzazione del Congo. No alla divisione del Paese”, affermano i Vescovi
della Repubblica Democratica del Congo, in un messaggio reso pubblico al
termine della loro Assemblea Plenaria che si è tenuta a Kinshasa dal 2 al 6
luglio 2012. Si tratta di un riferimento esplicito alla situazione dei due
Kivu, nell’est del paese, dove l’M23, movimento ribelle formato da soldati
disertori e appoggiato dal Rwanda, come afferma un rapporto dell’Onu, sta
seminando morte e distruzione, costringendo la popolazione alla fuga.


«Di
fronte a questo ennesimo tentativo di dividere la RDC, che mira a impossessarsi
delle sue ricchezze naturali, i Vescovi congolesi denunciano “l’occupazione irregolare
del nostro territorio”, e riaffermano l’unità del paese secondo le frontiere
stabilite nel 1960, anno dell’indipendenza nazionale. “L’integrità del
territorio nazionale non è negoziabile” affermano i presuli. I Vescovi invitano
i responsabili politici e i cittadini congolesi ad un “sussulto patriottico per
non essere complici di questo macabro piano di disintegrazione e di occupazione
territoriale del nostro paese”. La Conferenza Episcopale Congolese (Cenco) si
rivolge a tutti i congolesi in patria e all’estero, perché si mobilitino per
bloccare il piano di divisione del paese. A questo fine la Cenco intende
promuovere “azioni concomitanti in tutte le parrocchie della RDC e nelle
cappellanie dei congolesi all’estero, per esprimere il nostro rifiuto
categorico a questo piano e implorare la grazia della pace”» (Agenzia Fides
10/7/2012).

Popolare la terra

Cari
Missionari,
premetto che da anni sostengo le missioni con denaro destinato «alla fame nel
mondo», e con questa mia desidero aprire un serio e pubblico dibattito sulle
nascite e sulla fame sul nostro giornale. Non è ora che si elevi forte la voce
di limitare le nascite? Il Buon Dio ci disse di popolare la terra e a questo
fine nella sua magnificenza ci ha donato il cervello per capire che ciò non significava
sovrappopolarla; forse noi uomini abbiamo interpretato in maniera distorta la
sua parola. Guardiamo in giro nel nostro cortile e nei cortili del mondo quanta
sofferenza e povertà vi sono sulla terra: è proprio necessario nascere per vivere e morire di fame, stenti,
malattie e di chissà quante altre calamità? Si fa in fretta dire che il
cristiano ha il dovere di aiutare il prossimo; ma questo prossimo che aumenta
ogni anno è diventato sterminato e i denari e le risorse per vivere sono sempre
meno e non bastano mai come si constata chiaramente. Nostro Signore ha fatto un
mondo bello e ce l’ha donato affinché godessimo della Sua creazione (bellezze
naturali e spirituali). Ma gli infelici bimbi africani che nascono e muoiono
cosa godono del dono della creazione di nostro Signore? E anche se ricevessero
quel poco, godrebbero della magnificenza del creato a noi donata? La
popolazione mondiale è aumentata a dismisura e ci stiamo mangiando suolo e
risorse del mondo tanto che si ipotizza un’altra terra per sopperire a ciò che
il numero enorme di uomini necessita: a quanti miliardi di popolazione umana
vogliamo arrivare? E che risorse lasceremo ai nostri nipoti se consumiamo
tutto ora noi?

Il
mio parroco mi ha sempre giustamente detto che la pateità e la mateità
devono essere responsabili, ma parlando del Sud Italia, per esempio, che
prolifera sapendo che la disoccupazione e la mancanza di industrie è endemica e
che la tendenza è ben lungi da essere invertita, è proprio necessario avere
quasi trenta milioni di cittadini in quella terra? Loro sono purtroppo
destinati alla mancanza di lavoro per decenni, dato che il lavoro non si
inventa domani con la bacchetta magica né si compra al supermercato dopodomani.
E che dire dei tantissimi extracomunitari che ormai dilagano per Milano, e non
solo, a chiedere elemosine, a mangiare alla mensa dei poveri, a chiedere aiuto
alle parrocchie? è vita quella di
non avere di che vivere sentendo la propria dignità venir meno e non aver
speranza per un futuro migliore? Ripeto quanto detto prima, sono ormai
tantissimi e non si può dare qualcosa a tutti.

Concludo
ribadendo che il rapporto fra popolazione e risorse deve avere un giusto
equilibrio, in mancanza del quale inevitabilmente queste due entità entrano in
sofferenza e che il contenimento della crescita umana deve essere aumentato e
soprattutto pubblicizzato. Un atto d’amore fra un uomo ed una donna (quello
vero) non deve sfociare per forza in una vita, infatti nel Vangelo non mi
pare ci sia alcunché, contrariamente a quello che per tanto
tempo ci è stato inculcato in testa. Non si può rimandare la soluzione di
questo problema al Buon Dio, perché così facendo si metterebbe in dubbio la sua
volontà nell’averci voluti e creati diversi dagli animali foendoci cervello,
intelligenza, capacità di risolvere i problemi di quella umanità che è venuto a
salvare con tanto prezzo ed Amore. Cordialmente

Luigi Palumbo
Collegno, 26/12/2012

Egregio
sig. Palumbo, grazie del lungo scritto. Provo a essere sintetico nella mia
risposta.

Sovrappopolazione.

La
inviterei a leggere l’articolo di Paolo Mastrolilli su La Stampa, 12 gennaio
2013, pag. 14
: «L’Onu ci ripensa, “Sempre meno figli, rischio crescita
zero”. – Le previsioni di catastrofe demografica sono state ribaltate. I
programmi per il controllo delle nascite hanno funzionato». In sostanza
l’articolo ricorda che se si continua così, gli europei come tali sono
destinati all’estinzione e, dopo il picco di fine secolo (10 miliardi nel
2100), la popolazione mondiale decrescerà drasticamente, e se ci si stabilizzerà
sul livello riproduttivo di 1,5 entro il 2300 ci sarà solo un miliardo di
persone sulla terra.

Sfruttamento della terra e mancanza di cibo.

C’è
un altro interessante articolo apparso sullo stesso quotidiano: «Quasi metà del
cibo del mondo gettato senza riciclo»

(http://www.lastampa.it/2013/01/10/scienza/ambiente/ambiente-quasi-la-meta-del-cibo-del-mondo-gettato-senza-riciclo-arAYbhu2WlMGvPNM7nhwCO/pagina.html).

L’Ansa
sintetizzava così: «La metà del cibo che viene prodotto nel mondo, circa due
miliardi di tonnellate, finisce nella spazzatura, benché sia in gran parte
commestibile. Il dato sconcertante emerge da un rapporto dell’Institution of
Mechanical Engineers
, associazione degli ingegneri meccanici britannici.
Fra le cause di questo spreco di massa, ci sono le cattive abitudini di milioni
di persone, che non conservano i prodotti in modo adeguato. Ma anche le date di
scadenza troppo rigide apposte sugli alimenti e le promozioni che spingono i consumatori
a comprare più cibo del necessario».

(http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2013/01/10/Meta-cito-mondo-finisce-spazzatura_8053030.html).

Carità e giustizia.

Quanto
fanno le organizzazioni umanitarie e la carità della comunità cristiana, di cui
i missionari sono gli agenti di frontiera, è indispensabile, perché risponde a
dei bisogni reali con tempestività ed efficacia. Ma la carità da sola non può
risolvere i problemi: tampona i sintomi e gli effetti immediati della malattia
ma non cura le cause. Occorrono soluzioni politiche ed economiche che
riguardino tutto il pianeta. Sono
necessari interventi che tocchino le cause originanti del problema, che
costruiscano pace, giustizia, equità, che creino rapporti nuovi tra i popoli e
una cultura nuova più responsabile nell’uso delle risorse.

Ci sono molti altri temi che lei tocca nella sua
lettera. Se altri lettori volessero intervenire, sono i benvenuti. La mia
opinione è chiara: questi problemi non si risolvono con il controllo delle
nascite, ma con giustizia ed equità (cf. MC1-2/2013 p.7), con
investimenti sullo sviluppo integrale delle persone e con la coscienza che in
questo mondo o ci salviamo tutti insieme o insieme periremo.

A mio zio

Caro
Padre Gigi,
mi
permetto di chiedere la pubblicazione del seguente scritto in ricordo del mio
carissimo zio materno Flaviano Scapin, mancato il 25 novembre scorso.
Ringraziando lei e tutti i collaboratori di MC.

UN ANGELO PIUTTOSTO INQUIETO

Zio
Flaviano carissimo,
ci hai lasciati in punta di piedi domenica 25 novembre 2012 all’ospedale di
Treviso, per la nuova vita, quella piena e magnifica che non avrà più fine. C’è
tanto sgomento e c’è tanta confusione in me perché eri un «presidio» importante
e inespugnabile contro la provvisorietà dei sentimenti, le ingiustizie
perpetrate nella vita e nel lavoro, l’approssimazione e lo sfruttamento nella
coltivazione dei prodotti della terra, i dubbi nell’esercizio della fede. La
tua esistenza intessuta di dignità e di grandezza umana è stata caratterizzata,
infatti, dall’affetto sempre più profondo per le persone a te vicine; è stata
animata dalle indignazioni nei confronti dei potenti, politici e proprietari,
per i soprusi verso i deboli e in particolare i lavoratori, con un riferimento
frequente agli operai delle industrie chimiche di Marghera; è stata connotata
dalle ire riguardo lo sfruttamento eccessivo delle coltivazioni con il
conseguente impoverimento di quella risorsa naturale che è la terra, quale
custode e nutrimento dei semi, tesori di valore inestimabile e scrigni preziosi
di vita nuova; è stata, infine, esaltata dal costante rapporto con Dio, vissuto
attraverso l’appuntamento settimanale con la celebrazione eucaristica,
appuntamento che mai hai interrotto nel corso dei diversi cambiamenti di
abitazione. Hai onorato nel modo più sublime il nome Flaviano, appartenente a
diversi martiri del IV secolo d.C., che mio nonno aveva scelto proprio per te,
terzogenito di quattro figli. Ora che il tuo essere «presidio» con la presenza
fisica è venuto meno mi sento defraudata di difese, più sguaita di solidi
puntelli, più esposta agli assalti della precarietà, della superficialità,
dell’«usa e getta». Sono certa, in ogni caso, che ancora continui e continuerai
ad essere «presidio», invisibile ma reale, sicuro ed inviolabile, accanto a
tutti coloro ai quali hai voluto bene, a me in modo speciale. Abbiamo ed ho
ancora e sempre bisogno di te; conto quindi su di te per onorare al meglio
possibile quanto ci hai dato e quanto sei stato per noi!

Tua nipote Milva
Collegno, 25/12/2012

Vieni, servo buono e fedele

Sono
le prime parole che mi sono passate per la mente quando, purtroppo con tanto
ritardo, ho appreso dell’improvvisa scomparsa di padre Lello Salutaris
da un amico missionario comboniano e l’ho verificata sull’ultimo numero di
Missioni Consolata, arrivato proprio pochi giorni fa.

Il
mio pensiero è andato al 1990, quando l’allora rettore del Seminario di Nairobi
(padre Masino Barbero) ce lo proponeva come seconda adozione con borsa di
studio durante gli anni della teologia fino all’ordinazione sacerdotale, la
prima adozione fu quella di padre Paskal Baylon Libana, ma con Lello fu tutta
un’altra esperienza perché conosceva la lingua italiana e così si iniziò una
corrispondenza che tuttora conservo. Andando a rileggere quelle lettere
emergono le caratteristiche della sua personalità: innamorato di Dio, la sua
apertura di carattere tale da metterti a tuo agio, la sua condivisione, ma,
come è stato rimarcato dai più, la sua gioia di abbracciarti perché ti
considerava un fratello e una sorella.

Dalla
sua missione in Etiopia ci perdemmo fino a quando arrivò nel 2003 una
telefonata in casa: «Sono Salutaris…». Si scusò del lungo silenzio: aveva
smarrito il numero telefonico e l’indirizzo e aveva chiesto a sua madre in
Tanzania di inviargli la sua agendina. Così ci si organizzò per incontrarci e
salutarci e da Montiano (un paesino vicino a Gambettola) organizzammo con mia
moglie Gabriella e nostra figlia Caterina, adottata dalla Colombia, un incontro
a Bevera.

Non
c’eravamo mai visti prima di allora e nonostante noi fossimo più adulti di lui
di nove anni, ricordo quell’abbraccio affettuoso, così carico di gratitudine
come a sdebitarsi dell’aiuto ricevuto durante gli studi e ci disse: «Sapete, io
provengo da una famiglia numerosa di nove figli e voi per me siete stati come
la seconda famiglia». Fu
quella l’occasione per iniziare una vera e propria direzione spirituale anche
se a distanza. Ci portava nel cuore anche per l’esperienza che stavamo vivendo
con la figlia adottata nel pieno della sua adolescenza. Lo visitammo spesso
anche a Vittorio Veneto fino al saluto ultimo a Nervesa nel giugno 2005, prima
del suo ritorno in Tanzania.

Ricordo
che nel luglio del 2004 venne a farci visita e lo portammo alla Vea. Si era
commosso per questa sorpresa e ci disse che si sentiva la persona più felice in
quel giorno. Come
dimenticarlo? L’unico rammarico è quello di non averlo più sentito da alcuni
anni. Avrei desiderato scrivergli, un padre della Consolata di Gambettola ci
consigliò di farlo attraverso fax. Non mi ero ancora organizzato. Ora, caro
Lello, non c’è più bisogno né di fax, né di internet, né di telefono; ci
possiamo parlare apertamente nella preghiera e così saprai che nostra figlia
Caterina, che portavi nel cuore, si è sposata la seconda domenica di settembre
ultimo scorso con un giovane in gamba ed ora sono catechisti in parrocchia.

Eh
sì caro Lello, la tua vicinanza si è sempre sentita e noi ringraziamo la  Madonna Consolata per questo grande dono:
l’averti conosciuto prima nell’adozione, poi direttamente nella tua professione
di missionario ed infine come fratello in Cristo!  Ciao
Lello, a presto!!!

I tuoi genitori adottivi  nello studio,
Ginaldo e Gabriella Torelli, Longiano (Fc) 17/12/2012.

a cura del Direttore

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