Studi e fatti sulla libertà religiosa nel mondo – 02
Il 70% della popolazione mondiale vive in paesi con forti limitazioni di credo e di culto.
Dal Laos al Kazakistan, dal Pakistan all’Egitto, dalla Nigeria a Cipro, nel mondo gli episodi di vessazioni nei confronti di individui o gruppi religiosi sono numerosi. La libertà di religione è limitata da restrizioni governative e ostilità sociali crescenti. E neppure l’Europa ne è immune. Regno Unito e Francia, ad esempio, vedono aumentare pregiudizi, atti discriminatori e misure illiberali.
L’11 maggio scorso due sacerdoti cristiani si sono presentati in questura, convocati per un interrogatorio dalle autorità distrettuali di Phin, nella provincia di Savannakhet, nel Sud Est del Laos. Le autorità hanno contestato ai due l’utilizzo di case private come luoghi di culto. Dopo un’ora d’interrogatorio i sacerdoti sono stati rilasciati con l’ordine di staccare le croci dalle pareti estee di quegli edifici e di non divulgare il messaggio cristiano che stava portando alla conversione diversi laotiani di quelle zone.
L’episodio raccontato da Human Rights Watch for Lao Religious Freedom è emblematico della situazione descritta dal rapporto dell’United States Commission on Inteational Religious Freedom (Uscirf): «Il governo laotiano limita la pratica religiosa attraverso atti giuridici e impunità […]. I funzionari provinciali violano la libertà di religione con detenzioni, sorveglianza, molestie, confische di proprietà, spostamenti e rinunce forzate alla fede».
KAZAKISTAN
Negli ultimi mesi diversi lanci dell’agenzia «AsiaNews» hanno raccontato di ripetuti atti istituzionali volti a restringere la libertà di religione in Kazakistan. Solo tra febbraio e fine aprile 2012, in tre diverse regioni del paese, la polizia ha fermato Testimoni di Geova, Battisti e Hare Krishna, minacciandoli di punizioni esemplari per le manifestazioni pubbliche della loro fede. A fine aprile le autorità hanno chiuso l’ultimo luogo di culto della minoranza musulmana ahmadi ad Almaty, capitale commerciale del paese. I cristiani metodisti sono stati al centro di una serie d’ispezioni da parte di funzionari amministrativi. Un decreto emanato a marzo dal governo stabilisce regole ferree per l’introduzione nel paese di libri e materiali religiosi, e assegna alla pubblica sicurezza il potere di controlli, sequestri e arresti.
CIPRO
Era la fine di aprile quando a un vescovo e a un sacerdote della chiesa ortodossa di Cipro è stato negato il permesso di recarsi a celebrare la messa nei territori del Nord amministrati dai turchi-ciprioti. L’ambasciata di Cipro a Roma – secondo «Vatican Insider» – ha dichiarato che «ridurre la libertà religiosa dei cristiani residenti nei territori occupati da parte delle forze armate turche rientra nel disegno strategico di Ankara di completare la “pulizia etnica” iniziata nel 1974». Alcuni gruppi religiosi del Nord hanno riferito il monitoraggio delle loro attività da parte delle autorità cipriote turche, percependolo come atto intimidatorio. Anche nella parte sud dell’isola tuttavia si registrano episodi di restrizione della libertà religiosa. I turchi ciprioti non possono accedere ad alcuni cimiteri e moschee, la comunità buddista ha difficoltà a ottenere i permessi per la costruzione di un luogo di culto proprio, i Bahai devono seppellire i propri morti nei cimiteri per stranieri perché gli altri sono generalmente destinati ai soli gruppi religiosi riconosciuti, la comunità ebraica non riesce a ottenere l’allacciamento all’acqua per il proprio cimitero da parte del comune di Laaca, né un terreno per la costruzione di una sinagoga.
CRISI IGNORATA
Quelle descritte sono solo tre delle molte situazioni in cui la libertà religiosa viene limitata in giro per il mondo.
Organizzare assemblee religiose pacifiche, parlare del proprio credo, o cambiarlo, possedere e distribuire letteratura religiosa, inclusa la Bibbia e altre scritture sacre, educare i propri figli secondo gli insegnamenti e le pratiche della propria fede sono atti spesso vessati, proibiti e puniti.
I governi violano la libertà religiosa con restrizioni di vario genere e con l’omissione di prevenzione o di repressione delle discriminazioni e delle violenze sociali.
Cristiani, Musulmani, Induisti, Buddisti, Ebrei, e i membri di tutti i gruppi religiosi, non solo quando sono una minoranza nel proprio paese, si trovano a subire ingiustizie e limitazioni.
«L’anno scorso, mentre la crisi economica riempiva i giornali, un’altra crisi di portata equivalente passava inosservata – denuncia l’Uscirf nel suo rapporto riguardante il periodo aprile 2011-febbraio 2012 -. Nel paesaggio globale il fondamentale diritto umano alla libertà di religione ha subito crescenti attacchi. In misura allarmante, le libertà di pensiero, coscienza, religione o credo sono state ridotte, spesso tramite minacce alla sicurezza e sopravvivenza di persone innocenti».
CRESCENTI ATTACCHI
Lo scenario descritto dall’Uscirf, le notizie apprese dai mezzi d’informazione e dalle organizzazioni che nel mondo monitorano la situazione della libertà religiosa, confermano il trend di crescita delle restrizioni descritto in modo articolato e approfondito da un altro studio pubblicato nella seconda metà del 2011.
Il rapporto, intitolato Rising Restriction on Religion (Crescenti restrizioni sulla religione) del Pew Research Center’s Forum on Religion & Public Life, prende in considerazione il triennio 2006-2009 mettendo in confronto i dati dei diversi anni per valutare l’evoluzione della libertà religiosa nel tempo, attraverso l’uso di due indicatori: le restrizioni governative, quindi le politiche istituzionali dei diversi paesi, e il livello di ostilità sociale nei confronti delle diverse espressioni religiose.
I risultati dello studio indicano che circa il 70% della popolazione mondiale vive in paesi con forti limitazioni di credo e di culto.
Le restrizioni religiose tra il 2006 e il 2009 sono aumentate in 23 paesi (12%) sui 198 indagati, diminuite in 12 (6%), e sostanzialmente stabili nei restanti 163. Poiché parecchi dei paesi in cui si è registrato un aumento delle restrizioni sono molto popolosi, esse hanno colpito una percentuale di popolazione mondiale più larga rispetto alla percentuale del numero di paesi: oltre 2,2 miliardi di persone, circa una persona su tre al mondo (il 32%). Solo l’1% della popolazione mondiale vive in paesi nei quali le condizioni sono migliorate. Tra i 25 paesi più popolosi del mondo (che complessivamente contano il 75% della popolazione globale) le restrizioni sono cresciute in 8: in Cina, Nigeria, Russia, Thailandia, Regno Unito e Vietnam l’aumento è dovuto primariamente all’accresciuta ostilità sociale, mentre in Francia ed Egitto l’aumento è dovuto principalmente a misure restrittive prese dai rispettivi governi.
Delle 5 regioni geografiche del mondo, quella comprendente Medio Oriente e Nord Africa è la regione con la più alta proporzione di paesi (il 30%) che hanno registrato un incremento delle restrizioni. Tra questi l’Egitto, insieme all’Indonesia, è il paese con punteggi più alti per entrambi gli indicatori (restrizioni governative e ostilità sociale).
L’Europa è invece l’area geografica con la più alta proporzione di paesi che hanno visto aumentare in modo significativo l’ostilità sociale. Cinque dei dieci paesi che ne hanno registrato l’aumento sono europei (Bulgaria, Danimarca, Russia, Svezia, Regno Unito), 4 asiatici (Cina, Mongolia, Thailandia e Vietnam), 1 africano (Nigeria).
Tra il 2008 e il 2009 il numero di paesi i cui governi hanno compiuto uccisioni, violenze fisiche, incarcerazioni, allontanamenti da casa, danneggiamenti o distruzioni di abitazioni o luoghi di culto è salito da 91 a 101. Sono 142, circa tre quarti del totale, i paesi in cui uccisioni, atti di violenza, diffamazione, conversioni forzate, sparizioni, sono stati perpetrati da privati cittadini singoli o organizzati.
Gruppi terroristici legati alla religione sono stati attivi nel 2009 in 74 paesi.
Tra il 2006 e il 2009 si sono registrate vessazioni a livello sociale o governativo ai danni di cristiani in 130 paesi, e di musulmani in 117. In 75 paesi sono stati segnalati atti vessatori nei confronti di Ebrei, nonostante essi rappresentino meno dell’1% della popolazione mondiale. Ai danni di Buddisti in 16 paesi e di Induisti in 27. Questi due gruppi religiosi si trovano però molto più concentrati in determinate aree, molto popolose, del pianeta. In 84 paesi si sono verificati attacchi nei confronti di altri gruppi quali Sikh, Zoroastriani, Bahai, Rastafariani e tribali.
Dallo studio sembra emergere che i paesi in cui esistono restrizioni alte alla libertà religiosa tendano con più facilità ad aumentarle, mentre viceversa alcuni paesi con restrizioni basse tendono a diminuirle.
DA EST A OVEST, DA NORD A SUD, E VICEVERSA
In Egitto, uno degli epicentri della primavera araba, le autorità continuano a perseguitare e carcerare i cittadini accusati di blasfemia e permettono ai media ufficiali di esortare alla violenza contro i membri di minoranze religiose. Nel paese vige un clima d’impunità riguardo agli attacchi contro i Cristiani copti e le loro chiese.
Altri attori governativi negli ultimi mesi – quelli presi in esame dall’ultimo rapporto dell’Uscirf – hanno represso il diritto alla libertà religiosa. La teocrazia iraniana ha perseguitato tramite diversi mezzi, tra cui l’imprigionamento, le minoranze bahai, cristiane, zoroastriane e musulmane sufi. In Cina, l’anno passato è stato il peggiore degli ultimi 10 per i Buddisti tibetani e i Musulmani della regione autonoma Xinjiang Uygur.
L’assenza di prevenzione e l’omissione di punizione della violenza sulle minoranze religiose è uno degli strumenti che gli stati utilizzano per reprimere la libertà religiosa. In Nigeria, paese con un tasso elevato d’impunità, la violenza ha raggiunto il picco di 800 morti, 65.000 sfollati, chiese e moschee distrutte nei soli tre giorni successivi alle elezioni presidenziali. Almeno altre 35 vittime si sono contate in una serie di bombardamenti cornordinati di chiese durante il giorno di Natale. Nel Pakistan, le leggi sulla blasfemia e altre misure discriminatorie, quali le disposizioni anti Ahmadi, hanno creato un’atmosfera tendente alla violenza cronica, peggiorata dall’omissione del governo di portare davanti alla giustizia i responsabili dell’assassinio di Shahbaz Bhatti, ministro federale cristiano per le minoranze e attivista da lungo tempo in favore della libertà religiosa.
Assieme alla circolazione di materiali di propaganda dell’estremismo religioso che partendo dall’Arabia Saudita interessa Medio Oriente, diverse zone di Africa, Asia ed Europa, la cultura dell’impunità ha rinforzato gruppi terroristi come Boko Haram in Nigeria e i Taliban in Afghanistan e Pakistan.
In gran parte del Medio Oriente le comunità cristiane presenti in quei territori da 20 secoli hanno iniziato a diminuire di numero.
I più vessati sono generalmente i membri di minoranze religiose, ma non sono rari i casi di restrizioni subite dai membri dei gruppi maggioritari.
Quando le violazioni non sono esercitate direttamente con la violenza, intervengono intricate reti di leggi, norme e regolamenti discriminatori che impongono carichi insostenibili alle comunità e ai loro aderenti, rendendo assai difficile, e a volte minacciando, la loro esistenza.
Luca Lorusso