Questione di vita o di morte
La lotta per l’acqua nel semiarido Nordeste brasiliano
Con il termine sertão viene indicata una vasta regione semiarida, estesa su molti stati del nordeste brasiliano, battuta da un sole feroce e siccità cronica. Per rispondere a tale emergenza, un missionario della Consolata, da 20 anni, scava pozzi e costruisce cistee, lottando contro la rassegnazione della gente e la corruzione dei politici.
Le previsioni dell’Istituto nazionale di ricerche spaziali (Inpe) già diversi anni fa non erano affatto incoraggianti per il Nordeste del Brasile: la regione sarebbe stata colpita da una grande siccità, che si sarebbe estesa dal 2006 al 2011. Purtroppo tali previsioni si sono avverate e il periodo è già passato: dei 400 municipi della Bahia, 186 hanno dichiarato lo stato di emergenza.
Padre Moratelli Vidal, missionario della Consolata, da 20 anni affronta la questione dell’acqua nei municipi di Jaguararí e Monte Santo, a 300 km da Salvador, capoluogo dello stato di Bahia; egli è convinto che, per convivere nel territorio semiarido, prima di tutto sia necessario superare la mentalità della dipendenza tanto religiosa che politica.
lotta alla rassegnazione
«Dopo tante sofferenze e tanti fallimenti nelle semine e nell’allevamento del bestiame, ingannata dalle promesse dei politici, la gente del sertão si è rassegnata a subire la situazione: un’attitudine che toglie la forza per organizzarsi e protestare», afferma il missionario e fa notare come l’espressione più frequente della gente sia: «Se Dio vuole, pioverà». E continua: «Sarebbe più conveniente dire: aiutati che Dio ti aiuta, nel senso che Dio manda la pioggia, ma la gente deve usare il proprio cervello per sviluppare progetti e rivendicare i propri diritti, spronando l’amministrazione pubblica a fare il suo dovere».
La situazione è grave, ma non tragica come era anticamente, quando molti contadini dovettero abbandonare la campagna. Oggi ci sono molte più risorse che in passato, come la pensione, il sussidio mensile del governo per le famiglie più povere per l’acquisto di prodotti alimentari di base (bolsa família) e per la scuola (bolsa escola), assicurazioni e microcredito bancario per fattorie a conduzione familiare (bolsa safra), costruzione di cistee per l’acqua, estensione della rete elettrica con il programma «luce per tutti» e altre forme di aiuto.
Grazie a tali benefici la gente si sente soddisfatta e magari non esige più riforme strutturali per una soluzione definitiva. E per quanto riguarda la siccità, gli specialisti dicono che è quasi impossibile eliminarla. Allora non rimane altro che darsi da fare e imparare a convivere con il clima semiarido, caratterizzato da 300-750 millimetri di pioggia l’anno.
Chiesa e siccità
Ne è un esempio la parrocchia di San Giovanni Battista di Jaguararí, formata da 80 piccole comunità e, dal 1985, affidata ai missionari e missionarie della Consolata. In quella zona sono stati già perforati centinaia di pozzi artesiani e poste tubature per decine di chilometri. Oltre a questo, il Centro culturale della parrocchia ha già costruito più di 800 cistee per l’acqua potabile e per l’uso agricolo.
Il gruppo missionario è composto da tre padri e quattro suore. I progetti, iniziati dal padre Vidal, continuano con il sostegno del Centro culturale e del municipio e sono cornordinati da 45 associazioni locali, legate a una Associazione centrale con sede in Jacobina che assicura l’assistenza tecnica.
Un’altra zona in cui l’acqua è questione di vita o di morte è il territorio della parrocchia di Monte Santo con oltre 140 comunità, assistita dai missionari della Consolata dal 1987. Attualmente vi lavorano tre preti e un diacono. Uno di essi è padre Moratelli, specialista nella prospezione del sottosuolo (rabdomanzia), da tutti conosciuto come il «padre dell’acqua».
Egli spiega che la regione si trova in un sistema geologico semiarido causato dall’essere umano, che ha disboscato il suolo senza controllo. Il processo di desertificazione si trova in uno stadio tale che la natura non riesce a ricuperare da sola. Nonostante piova fino a 700 mm l’anno, il suolo non è in grado di trattenere l’acqua.
Secondo il parere del missionario è urgente «immagazzinare l’acqua nei periodi piovosi e costruire sbarramenti, una specie di piccole dighe per gli animali». Egli suggerisce ancora che in tutti i centri abitati «il governo investa in pozzi artesiani e trasformi l’acqua salata in acqua potabile, mediante strumenti desalinizzatori, con la partecipazione della comunità locale. Per tale collaborazione si potrebbe ricorrere a una tessera elettronica, con cui ognuno pagherebbe per la quantità di acqua processata». Inoltre, ogni fattoria dovrebbe avere il suo pozzo artesiano per il bestiame: «Tale investimento valorizzerebbe la proprietà e salverebbe il bestiame».
siccità è… potere
L’Aquifero Tucano, riserva d’acqua sotterranea, seconda per grandezza in tutto il Brasile, è a 100 km da Monte Santo. Le comunità chiedono al governo di fare investimenti in un progetto d’acqua potabile sicuro e permanente, con tubature che rifoiscano la città e i centri abitati. «Tale progetto eviterebbe che l’acqua, elemento vitale per l’essere umano e gli animali, diventi causa di malattie come sta capitando al momento. L’acqua che si utilizza attualmente non è adatta al consumo», ammonisce padre Vidal.
«La pubblicazione del numero dei municipi in stato di emergenza è stata accolta con esultanza, come un’occasione per ricevere molto denaro pubblico, invece di vederla come motivo di vergogna per il disinteresse e la mancanza di organizzazione nel superare tali situazioni critiche che si ripetono anno dopo anno. Mentre alcuni portano in processione immagini sacre sul santuario della Santa Croce, altare del sertão, altri, in città, rubano a piene mani» afferma indignato il missionario.
L’elettrificazione rurale è stata una grande impresa del governo. L’energia elettrica ha portato benefici alla campagna e aumentato il commercio. «Perché la questione dell’acqua non è trattata con altrettanto impegno e serietà?» domanda padre Moratelli; e commenta: «Il fatto è che la siccità continua a essere l’asse di briscola per la carriera dei politici che gestiscono autobotti in cambio di potere. L’intervento di un progetto governativo abolirebbe le autobotti, cosa che per i politici locali sarebbe un pessimo affare per tutto ciò che ruota attorno all’industria della siccità».
Tale tesi è convalidata dagli abitanti di Monte Santo. Una fonte, che preferisce non essere identificata, afferma che la regione è un’arena elettorale del deputato dello stato di Bahia; ogni potere è in mano sua. «Mentre era solo segretario del sindaco, questo deputato ha speso 5 milioni di reali per la campagna elettorale e dopo la sua elezione ha continuato ad arricchirsi: in 64 anni di vita, è stato il primo impiegato statale che ho visto diventare milionario» afferma e accusa: «La siccità è la situazione che permette maggiori guadagni. Le autobotti valgono voti; c’è un controllo integrato di tutti i poteri. Le denunce non vanno avanti e chi denuncia è intimidito. L’amministrazione è una fonte d’impieghi; chi non vi lavora, ha qualche parente impiegato e non vuole che perda il posto, per cui tace».
mistica dell’acqua
Un altro personaggio che si distingue nella lotta per l’acqua è il padre Nelson Nicolau, originario di Chapecó (Stato di Santa Caterina), che da 20 anni lavora nel municipio di Cansanção, 35 km da Monte Santo. «È necessario sviluppare e preservare la mistica dell’acqua – afferma -. Quando la vita è minacciata dalla siccità, la Chiesa deve agire per difenderla. Per questo i cristiani devono coinvolgersi nella lotta per l’acqua».
Grazie alla sua opera di coscientizzazione nelle comunità, negli anni ‘90 fu creata l’Arpa, (Associazione regionale pro-acqua), che riunisce quattro parrocchie (Queimadas, Cansanção, Nordestina e Monte Santo) e cornordina iniziative e progetti a tutto campo. Con l’aiuto della Caritas sono stati comprati i macchinari per la perforazione dei pozzi; per mezzo delle autorità regionali l’Arpa ha ricevuto una retro-scavatrice e un camion con cassone ribaltabile per la pulizia e costruzione di piccole dighe. Al tempo stesso si è riusciti a costruire una rete di tubi per portare l’acqua in città e a piccole comunità rurali.
acqua per tutti
La professoressa Maria da Gloria Cardoso, cornordinatrice della pastorale dell’infanzia e membro dell’Arpa, dice che «la questione dell’acqua è trattata con molta approssimazione: i politici non la prendono mai sul serio. Tutto diventa manipolazione politica. C’erano progetti per la costruzione di cistee e per macchine perforatrici, ma sono fermi. Il suolo ha una crosta dura e occorrono strumenti adeguati per perforarla. Venti anni fa con l’aiuto della Banca mondiale furono costruite molte cistee, ma fu un lavoro malfatto e la maggior parte è andata in rovina», ricorda.
A Monte Santo la Commissione dell’Arpa, che raggruppa rappresentanti della Chiesa, del Sindacato dei lavoratori rurali, dell’Asa (Organizzazione del semiarido) e dell’amministrazione pubblica, fa rilevamenti ed elabora progetti, ma il lavoro procede con lentezza. «Negli anni passati facemmo un progetto, chiedendo di destinare il 3% del bilancio municipale alle risorse idriche. Il progetto fu approvato nel consiglio comunale, ma al momento di elaborare il calcolo di bilancio, questa voce non comparve. La gente, poi, è anche molto passiva, aspetta sempre che Dio mandi la pioggia e la siccità continua ad apparire come un castigo meritato», lamenta Maria da Gloria.
Secondo Anna Maria Campos de Oliveira, assessore all’agricoltura di Monte Santo, municipio con 53 mila abitanti, la situazione si è aggravata negli ultimi sei mesi. La strategia del comune è pulire le fontane, perforare e ricuperare pozzi e distribuire «borse basiche» (alimenti di prima necessità) alle famiglie più bisognose. Per questo il sindaco ricevette l’aiuto del governo federale per il valore di 60 mila reali (25 mila euro).
D’altra parte ci sono molte critiche riguardanti le autocistee, che rappresentano la maggiore fonte di corruzione. Nel municipio ci sono 53 autobotti affittate e pagate dall’Esercito tramite il governo federale, al costo di 500 mila reali al mese (200 mila euro). Secondo alcune informazioni, ci sono camion che ricevono mensilmente da 12 a 17 mila reali (5-7 mila euro). La maggior parte è controllata dai consiglieri comunali. Oltre a ciò, l’acqua trasportata non è di buona qualità. La segretaria chiarisce che il prezzo mensile per camion varia da 3 a 10 mila reali (1.220-6.000 euro).
«Il prezzo è alto, ma il municipio non riceve alcun soldo; tutto è fatto attraverso l’Esercito», commenta Anna Campos e confessa, al tempo stesso, che è difficile controllare l’approvvigionamento. Essa stessa ha già sporto varie denunce. «Ma non posso portare le prove concrete, perché non ho informazioni esatte su queste autobotti».
Anna Campos osserva che nel municipio non c’è più posto da cui estrarre l’acqua potabile. Le autocistee dovrebbero trasportarla da Quinjigue, ma recentemente l’analisi di un campione ha rivelato che l’acqua portata a una comunità era inadatta al consumo umano. «Ho già ricevuto perfino minacce di morte per aver controllato l’acqua attinta a un deposito per il bestiame e distribuita per il consumo umano», rivela.
Evaristo Rodrigues de Lima, un rappresentante della Commissione dell’acqua, collabora con «Articolazione del semiarido-ASA», istituzione non governativa che lavora insieme alle diocesi e ad associazioni locali. Egli spiega che dal 2002 furono costruite nel municipio circa 3 mila cistee da 16 mila litri ciascuna. Si prevede che per il 2014 ne saranno costruite almeno altre 5 mila per portare a tutti l’acqua potabile. «Il lavoro è fatto in forma collettiva per non favorire nessuno. È una risorsa per tutti», sottolinea.
Inoltre, ci sono anche cistee riservate per gli allevamenti di bestiame e produzione di ortaggi. «Nel 2011 ne furono costruite 40, da 50 mila litri ciascuna. In questi progetti abbiamo coinvolto le famiglie. Ciò garantisce la produzione degli ortaggi. Li stanno ancora vendendo», commenta Evaristo con soddisfazione.
La signora Olivia Gonçalves de Carvalho della comunità «Fattoria vecchia» ha investito 7 mila reali (3 mila euro) in una cisterna per coltivazione, con recinto e aiuole per la produzione di ortaggi. «La cisterna è una terapia, perché per estrarre l’acqua devo azionare la pompa e col movimento fisico mi sento meglio; poi, con i miei ortaggi non mangio veleno. Gli animali non berranno più acqua sporca. È una benedizione! Magari ogni famiglia avesse una di queste cistee!» esclama.
La vita nel sertão gira attorno all’acqua, che normalmente è gestita dalla donna. Oggi la gente si rende conto che è importante avere una cisterna a portata di mano, per garantire la buona qualità dell’acqua e conseguentemente della vita. L’acqua accanto a casa risparmia lunghe camminate e allevia il lavoro della donna, che così può dedicarsi di più ai figli e alla propria casa.
I pozzi danno sicurezza alle famiglie nel lavoro dei campi e le cistee rendono possibile la coltivazione di piccoli orti familiari. Con tutto ciò si riscontra una diminuzione delle malattie nei bambini e anziani.
Jaime C. Patias
BOX
Dionisia: donna forte del sertão
Il giorno 8 marzo, Giornata internazionale della donna, gli abitanti di Barreira, Pedra Vermelha, villaggio della parrocchia di Monte Santo, si sono riuniti per celebrare i 112 anni della signora Dionisia, simbolo della resistenza del sertão. La nipote, Martinha das Neves Nascimento, racconta la storia della donna più vecchia della regione.
Dionisia Maria nacque nella fattoria Serra de Lopes, Monte Santo; fu registrata all’anagrafe l’8 marzo del 1900; si sposò con José das Neves dal quale ebbe 14 figli (due dei quali morti, una figlia in tenera età, un’altra da adulta).
Oggi Dionisia vive con una delle figlie: ha 102 nipoti vivi, circa 245 bisnipoti e 46 trisnipoti. Ebbe una vita molto difficile, arrivando fino a patire la fame con tutta la famiglia. Durante la grande siccità del 1932 aveva già tre figli ed era in attesa del quarto. Il marito andava a lavorare a giornata nei campi dei fazendeiros; con la paga giornaliera (2 reali, meno di un euro) poteva comprare due chili di farina.
Dionisia restava con i figli senza niente da mangiare. Allora prendeva i bambini, un machete, una zappa e andava nel campo; tagliava un licuri, palma tipica del sertão, ne estraeva il palmito (cuore di palma) e lo dava da mangiare ai bambini. Essi mangiavano il palmito, bevevano acqua e andavano a giocare, mentre essa puliva la piantagione della manioca. Alle 11 prendeva il machete, tagliava il tronco del licuri, lo portava su una lastra di pietra e lo batteva fino a ridurlo in polvere; poi tornava a casa, mescolava la farina in una padella e faceva una specie di focaccia. I bambini mangiavano fino a saziarsi e andavano a dormire tranquilli.
La sera, quando il marito tornava, le domandava:
– Dove sono i bambini? Sono già morti di fame?
– No, stanno già dormendo, rispondeva.
– Che cosa hanno mangiato?
– Palmito, focaccia di licuri e acqua: sono a pancia piena.
In quei tempi lunghi e difficili i fratelli di Dionisia se ne andarono in cerca di altre terre e di condizioni migliori, abbandonando i vecchi genitori; ma essa diceva fiduciosa: «Accada quello che deve accadere, io non abbandonerò mai i miei genitori». Li assistette fino alla fine. Dice che è viva perché non ha abbandonato i suoi genitori: i suoi fratelli sono già tutti morti; è rimasta solo lei per raccontae la storia.
Per la nipote Martinha, insegnante a Barreira, nonna Dionisia è una grande donna che si adattò a qualsiasi servizio per nutrire i suoi figli, fino a lavorare a giornata, ripulendo il terreno. «Con la sua forza d’animo, oggi, nonna Dionisa ci trasmette un’esperienza di vita, di amore e saggezza. Lo dico perché abbiamo imparato tanto dai suoi esempi; essa non ha mai frequentato la scuola, ma la scuola della vita gli ha insegnato molte attività. È stata una grande artigiana. Faceva reti di cotone: essa stessa filava gli spaghi e intrecciava le reti; era una delle sue specialità. Faceva oggetti di creta: pignatte, brocche, scodelle. Con le fibre della palma licuri confezionava stuoie, borsette, cappelli, cose che ancora oggi riesce a fare con maestria, magari solo per regalarle ad amici e parenti. Oltre a essere madre, nonna, bisnonna e trisavola, Dionisia è anche madre di tanti bambini che aiutò a entrare nella vita. Infatti, un’altra attività da lei svolta per molti anni fu quella di levatrice: migliaia di bambini sono nati con il suo aiuto; ci furono alcuni casi difficili, ma con l’aiuto di Dio, medicina naturale, orazioni e tanta fede nel Signore di Bonfim, nella Madonna Addolorata e nei santi protettori, le riuscirono tutti con successo. Fu anche un’eccellente santona: era ricercatissima per i casi di disgrazie e di malocchio».
Una volta, Dionisia con un bimbo in braccio andò a chiedere un po’ di latte a un vicinato; ma questi glielo rifiutò. Toata a casa, venne a sapere che la mucca gli aveva rovesciato il secchio con un calcio. Tale fatto segnò la sua vita e produsse in lei l’istinto della solidarietà. Contro una concezione banale del dono della vita, donna Dionisia è il simbolo della lotta per la sopravvivenza feconda di molte vite. Nel sertão, dove difficoltà e sofferenze sono maggiori, lei rappresenta la donna tenace, che non si arrende mai.
Jaime C. Patias