Integralismo all’africana

Premessa

Nell’ormai lontano 1998, il 7 agosto, le ambasciate Usa di Nairobi (Kenya) e Dar-es-Salaam (Tanzania) subiscono due attentati contemporanei. Muoiono 223 persone e 4.000 restano ferite. Sono i maggiori attacchi terroristici prima dell’11 settembre. Entrambi in suolo africano, sono rivendicati da Al Qaeda di Osama bin Laden.
2006: i miliziani islamici di Al Shabaab conquistano la Somalia centro orientale e impongono una lettura integralista della legge islamica.
Ad Abuja, il 26 agosto 2011 un’autobomba guidata da un kamikaze fa esplodere la sede Onu in Nigeria. Diciotto i morti e una decina i feriti. La setta islamica radicale Boko Haram rivendica l’attentato.

Nell’aprile di quest’anno il Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad dichiara l’indipendenza del Nord del Mali e la secessione da Bamako. Ben presto i gruppi islamisti di Aqmi (Al Qaeda nel Maghreb islamico), Mujao e Ansar Dine prendono il controllo dell’intero territorio e applicano la legge islamica.
Sono fatti, tasselli, nomi, sigle che raccontano come nell’Africa a Sud del Sahara gli «islamisti» stiano guadagnando progressivamente terreno. Spesso si tratta di movimenti con origine diversa (anche molto diversa) e che nel tempo si sono trasformati. Ma quali contatti hanno tra loro? A quali ideali si ispirano? Dove e come operano sul terreno? Chi li finanzia?
Nelle pagine seguenti abbiamo cercato di fornire alcuni elementi per meglio comprendere un fenomeno complesso e contraddittorio, quello dell’integralismo islamico in Africa sub sahariana, che mescola rivendicazioni a carattere nazionale con spinte inteazionaliste; che offre ordine e sicurezza ma anche una visione spietata e integralista dell’islam; che miscela guerra santa a traffici illeciti; che combatte l’Occidente, ma ha basi in Europa.

Enrico Casale e Marco Bello

Enrico Casale e Marco Bello

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