Il paradiso degli orchi

Italiani e turismo sessuale

A Fortaleza e a Natal gli italiani sono disprezzati. E con ragione. I nostri connazionali hanno in mano il business sporco. Sono inoltre tra i turisti più assidui delle due città brasiliane. La stragrande maggioranza di loro non cerca però le spiagge, bensì la prostituzione, compresa  quella minorile. E, sull’aereo di ritorno a casa, se ne vanta. Senza neppure provare un minimo di vergogna…

Natal (Rio Grande do Norte). «Quella là non è il mio tipo: troppo bassa, troppo piatta». L’attenzione del gruppetto si concentra su una giovane brasiliana non molto alta e non troppo formosa.
L’autore dell’indagine anatomica è un italiano sulla sessantina, tracagnotto, dall’accento regionale marcato e dallo sguardo che saetta da una donna all’altra, tra le tante che affollano la sala d’attesa dell’aeroporto di Natal. Il resto dell’allegra brigata è formato da connazionali di varie età, tutti di ritorno da una «gita turistica» nel Nordest del Brasile.
Volano altri commenti e apprezzamenti per questa o quella, tra sgomitate e risate sguaiate.
Lo spettacolo è a tratti ridicolo, quando non del tutto indecente: il branco di italiani schiamazzanti e gesticolanti si racconta ad alta voce le prodezze sperimentate durante il viaggio alla scoperta delle bellezze locali, possibilmente giovanissime e a volte (o spesso?) minorenni, incuranti del fatto che qualcuno – italiano o brasiliano che sia – possa capire e scandalizzarsi. O, semplicemente, vergognarsi di loro e di condividere la stessa patria.
Ad un tratto, tra le sedie della sala d’aspetto, passa una bella ragazza dai capelli lunghi, in pantaloncini corti e maglietta aderente, e qualcuno della compagnia fa il gesto di tirare una manata sul sedere, ma è trattenuto dal vicino. «Ehi, vuoi che ti mettano dentro?», gli chiede ridacchiando il compagno.
Già, in Brasile la fama dei cacciatori di sesso facile italiani s’è ormai diffusa, e le misure contenitive e punitive si sono fatte sempre più severe, nel corso degli anni. Prostituzione, e droga, speculazione edilizia e altro ancora, in vaste aree del Nordest sono in mano ai nostri connazionali, che hanno pienamente contribuito a renderci odiosi alla popolazione locale. In certe città, dove essi si sono distinti per corruzione e sfruttamento, o utilizzo, della prostituzione, in particolare minorile, e spaccio di stupefacenti, il solo parlare in italiano può essere pericoloso, o, comunque, fortemente sconsigliato.
Il razzismo nei nostri confronti è, infatti, fortissimo, e motivato dalla diffusione delle attività sopracitate, in cui diversi nostri compatrioti si sono distinti particolarmente.

PARADISO PER CHI?
Fortaleza (Cearà), marzo 2012. Entriamo in un internet-caffè in una via a ridosso del lungomare, e ci sediamo nel dehors all’aperto. Ordiniamo dell’acqua di cocco e approfittiamo per chiedere, in portoghese, al proprietario come mai tutti i clienti, seduti a fumare e a bere caffè, parlino in italiano. Ci risponde che sono nostri connazionali – lui compreso – che lavorano in Brasile o che trascorrono qui le vacanze. «Questo Paese è il paradiso per noi – dice convinto -. Non toerei più in Italia, per nessuna ragione. Qui ho trovato la mia fonte di guadagno e di vita».
Ci guardiamo intorno: il locale è sgarrupato, fatiscente, con sedie e tavoli di plastica, sporchi, quattro o cinque computer vecchio modello, un bancone sovraffollato di cianfrusaglie e un cesso degno di questo nome… Possibile, ci chiediamo, che abbia trovato «l’America», con questo postaccio e vendendo connessioni internet lente, caffè, sigarette e acqua di cocco?
Mentre ci frullano in testa diverse domande che non osiamo rivolgergli, lui ci risponde da solo: intermedia l’affitto (a prezzi stratosferici, scopriremo dopo) di appartamenti per le vacanze – vacanze di tutti i tipi – per italiani che approdano in queste zone del Brasile, depresse, sporche ma dalle bellissime spiagge e con giovani donne povere e travestiti che si vendono in mezzo alla strada.
Da lì a poco, a foirci ulteriori risposte, arriva un gruppetto di nostri compatrioti accompagnato da un paio di rumorose ragazze locali, che salutano affabilmente il nostro ristoratore.
Non ci vuole molto a capire come Piero (nome di fantasia) abbia trovato il paradiso in Brasile. E come non sia il solo italiano ad essersi sistemato economicamente in questo modo, lo scopriremo nei giorni successivi, entrando in altri bar, ristoranti e internet-caffè, e osservando il traffico umano che vi si articola di giorno e di sera tardi davanti e all’interno.
Visitando altre zone della capitale dello Stato del Cearà, con minore presenza di italiani, e parlando con la gente, ci rendiamo conto di quanto siano disprezzati, se non addirittura odiati, i nostri connazionali che hanno fatto delle vacanze a scopo sessuale, o dello  sfruttamento stesso della prostituzione, il leit motif della loro vita. Ne arrivano a frotte, ancora adesso, nonostante i provvedimenti punitivi anche esemplari (nei casi di sfruttamento di minorenni), introdotti dalle autorità brasiliane. Semplicemente, si sono fatti più furbi… e spesso mascherano le loro avventure con lo sport – il surf va per la maggiore in spiagge da sogno o in altri paradisi naturali, così come il nuoto o le escursioni -, il business, i «fidanzamenti via internet».

ITALIANI, BRUTTA GENTE
Il quartiere degli italiani a Fortaleza si chiama Praia de Iracema: è un borgo degradato che l’amministrazione municipale sta ristrutturando, cercando di mandare via i nostri connazionali.
Gli italiani residenti nella città sono circa 20mila, ma altrettanti vivono in clandestinità.
La maggioranza è arrivata lì alla ricerca di sesso a buon mercato. Altri sono coinvolti nel giro della prostituzione, dello spaccio e degli affari loschi.
La nostra padrona di casa ci spiega che «forse tra gli italiani ci saranno anche persone oneste, ma non è questa l’esperienza che ci siamo fatti qua, con loro. Abbiamo incontrato solo gente terribile. Possiamo pensare, certo, che costoro appartengano alla fascia sociale più degradata del vostro Paese, ma qui essi rappresentano tutti voi, e lo fanno nel peggiore dei modi. Noi li evitiamo in tutte le maniere non vogliamo avere nulla a che fare con loro e con i loro traffici».
In un bar italiano sulla spiaggia e meta di nostri connazionali, apprendiamo che i proprietari e gli avventori residenti in città da tempo si ingegnano, con molta fantasia e astuzia, a frodare i nuovi arrivati in cerca di sistemazione abitativa, lavoro o, molto spesso, di sesso a pagamento. Questi confidano sul fatto che il locale è gestito e frequentato da italiani, che certamente offriranno aiuto e appoggio. Invece si ritrovano ingannati: vengono proposti loro appartamenti a costi altissimi, rispetto al mercato locale, e si ritrovano presto in giri illegali e di prostitute che cercano di spillare loro quanti più soldi possono.
Un italiano proprietario di una clinica e in Brasile da dieci anni ci spiega che, per non essere visto, tutte le mattine entra dalla porta di servizio, perché i pazienti – tutti della media borghesia brasiliana – non devono sapere di avere a che fare con uno che arriva dall’Italia. Smetterebbero, infatti, di fidarsi e sceglierebbero un altro centro medico.
Un altro nostro compatriota, con un’agenzia immobiliare, ci racconta che alcuni italiani andavano lì, compravano dei terreni, e facevano un progetto per la costruzione di un palazzo o di un grattacielo: i brasiliani, com’è consuetudine, acquistavano gli appartamenti sulla carta, dando una caparra e pagando delle rate fino alla fine della costruzione, ma si ritrovavano senza niente, imbrogliati e defraudati dei loro soldi. I costruttori, infatti, una volta vendute tutte le abitazioni, scappavano con il capitale raccolto facendo perdere le loro tracce.
Casi come questi – insieme a prostituzione, spaccio e altre illegalità – hanno contribuito a rendere il nostro popolo, la nostra lingua e cultura, oggetto di ostilità e razzismo.

INTERNET: FIDANZAMENTI E  PROSTITUZIONE
Ci sono ragazze fidanzate a decine di italiani contemporaneamente, e tutto via Facebook, email, Skype. Ce ne sono tante che vivono così, accalappiando uomini di ogni età e ceto sociale – meglio se danarosi, però – con l’aiuto – il know-how – di chi vive, malavitosamente, in Brasile da anni.
La giovane adesca una preda su internet, cerca di avviare una relazione amicale o sentimentale virtuale: nel giro di qualche settimana, lei si trasforma nella «mia ragazza in Brasile». Lo scopo, ovviamente, è una trappola: attirare qui il malcapitato credulone o depravato e spennarlo per bene. Lei lo raggirerà dicendo di essere molto povera e di aver bisogno di soldi per la famiglia o per cure mediche per una zia inesistente.
Per scoprire questo traffico basta sedersi per qualche giorno in alcuni internet-point della città e, facendo finta di essere impegnati in conversazioni via Skype, o letture di quotidiani online, osservare ogni movimento e ascoltare le conversazioni di queste fanciulle: un mondo di oscuri traffici, di raggiri, imbrogli vi si dispiegherà tutt’intorno.
Dall’altra parte, a 10mila chilometri di distanza, ciascun fidanzato, collegato in chat su Messenger, Fb o Skype, è certo che la dolce ed esotica brasileira sia solo per «lui», non sapendo di far parte di un nutrito gruppo di aspiranti amanti e di essere cascato in una armadilha, una trappola ben programmata, con attori e comparse, e con collaboratori italiani che lucreranno sulle sue disavventure.
Gestendo bene i tui di viaggio in Brasile, ognuna di queste prostitute invita ciascun fidanzato a passare del tempo con lei. Dopo un paio di settimane a Fortaleza, essi ritornano in Italia con il portafoglio vuoto e, probabilmente, con la carta di credito azzerata dai debiti, ma racconteranno agli amici di avere una meravigliosa morosa innamorata e in attesa della prossima vacanza insieme.
Tali e altre pratiche criminali sono ben note alla polizia federale, che spesso esegue controlli e blitz per individuare gli italiani coinvolti in questi giri e senza permesso di soggiorno.

«PORTATORI DI CRIMINALITÀ»
Non sono pochi i fogli di via e i rimpatri forzati dati ai nostri connazionali colti in flagrante attività illecita e senza documenti.
Le nostre leggi sull’immigrazione e i nostri media ci hanno abituati a scene di espulsione coatta ai danni di disperati giunti nel nostro Paese a bordo di barconi scassati, che noi identifichiamo come «portatori di criminalità», facendo di tutta l’erba un fascio, e confondendo clandestini senza permesso di soggiorno e delinquenti.
Qui, sulle coste nordestine del Brasile siamo noi, spesso, i clandestini, gli spacciatori, gli sfruttatori della prostituzione, gli adescatori di altri italiani, gli imbroglioni. I disprezzati. Siamo noi ad apparire nella cronaca giudiziaria dei giornali o dei Tiggì, e motivo di vergogna per altri connazionali onesti.

Angela Lano e Feando Lattarulo

Angela Lano e Feando Lattarulo