Premessa
«I pionieri di un mondo senza guerre sono i giovani che rifiutano il servizio militare». Chi è al corrente che una frase del genere è stata detta quasi 100 anni fa da un premio Nobel per la fisica? Stiamo parlando di Albert Einstein (1879-1955), che ai suoi celeberrimi studi ha affiancato, nel tempo, l’impegno per un pacifismo concreto, alternativo alle logiche del tempo. Come lui, altre migliaia di persone, nel mondo e anche in Italia, hanno fatto una precisa scelta di campo: quella dell’obiezione di coscienza (Odc), ovvero di voler difendere la propria Patria senza imbracciare un’arma.
In questo 2012 ricorrono 40 anni esatti dall’introduzione dell’obiezione nella legge italiana. Un anniversario da festeggiare, perché, dopo i primi pionieri che avevano dovuto pagare il proprio rifiuto con l’arresto e le vessazioni di chi li considerava nulla più che dei «senzapatria», l’Odc ha permesso a milioni di giovani di trovare la propria strada attraverso i significativi mesi (prima 20, poi 12, com’è ancora oggi) di Servizio civile presso enti di varia natura, dall’aiuto alle persone in difficoltà, alla salvaguardia del patrimonio ambientale e artistico, all’interposizione nonviolenta nei conflitti, in Italia come all’estero.
Nel 2001, altra pietra miliare nella storia della difesa alternativa della Patria: con la scomparsa della naia obbligatoria è nato – grazie all’impegno di molti, politici e non, nell’affrontare il lungo percorso istituzionale sfociato nella legge 64 – il Servizio civile nazionale volontario (Scn), aperto ai ragazzi e, per la prima volta, alle ragazze dai 18 ai 26 anni, poi innalzati a 28. È nato così un organo governativo apposito, per la prima volta indipendente dal ministero della Difesa, l’Ufficio nazionale servizio civile (Unsc), direttamente collegato alla Presidenza del Consiglio.
Da allora, 300 mila giovani sono partiti per l’anno di servizio, molti in Italia, ma qualche migliaio anche all’estero, attraverso uno dei progetti più virtuosi che il mondo invidia all’Italia: il corpo civile di pace dei Caschi bianchi, oggi diffuso in gran parte dei paesi in difficoltà a livello sociale, economico e di diritti umani e civili.
Una marea di persone ha fatto questa scelta di vita e di cittadinanza attiva. Per molte di esse non ha significato solo svolgere un anno di Scn, ma un impegno che è continuato, sotto varie forme (dal volontariato, alla ricerca di lavoro in ambiti affini, a varie altre strade), una volta ritornate alla propria vita pre-servizio, naturalmente cambiate da un’esperienza spesso coinvolgente a 360 gradi.
Dopo anni di crescita di domande e di posti a disposizione, dal 2008 la tendenza si è però rovesciata, non a causa del disinteresse dei giovani, bensì del taglio di fondi governativi. In questo 2012, addirittura, si è parlato per la prima volta di possibile interruzione del Servizio civile, finito sotto la scure dei tagli in nome della crisi. I volontari (chiamati così in modo un po’ inappropriato, perché la scelta è sì volontaria ma si viene rimborsati con un indennizzo mensile, lo stesso dato a chi presta il servizio militare) hanno iniziato a manifestare la propria preoccupazione, inviando anche lettere ai politici; gli enti che li fanno partire hanno aumentato la loro pressione sul governo Monti; giornali, donne e uomini di cultura, hanno lanciato l’idea di un Servizio civile universale, per tutti, seconde generazioni (figli di stranieri nati in Italia) comprese; politici di ogni schieramento che hanno a cuore il tema (pochi, purtroppo, anche se tra questi spicca il ministro per l’integrazione e la cooperazione Andrea Riccardi, fondatore della Comunità Sant’Egidio) fanno cartello chiedendo al Presidente del Consiglio di metterci una pezza. Vedremo: per ora si sa che nel 2013, chi partirà lo farà con i fondi residui dell’Unsc. È l’unica luce in fondo al tunnel, in attesa di nuove.
Nelle pagine seguenti viene illustrato, sotto ogni aspetto, il bene che l’Obiezione di coscienza prima, il servizio civile poi, ha fatto e sta facendo per il nostro paese. Il problema è che una parte dei cittadini di questo paese se ne rende conto, ma un’altra grossa fetta non ne ha capito la portata, nonostante sia palese, come rivelano le ultime ricerche sociali in merito, quanto sia virtuoso il «ritorno» verso la società civile dell’impegno dei ragazzi in Scn: ben quattro euro di capitale umano ogni euro investito dallo Stato per il loro servizio.
Alla luce dei numeri e dei fatti, il messaggio che viene diffuso è forte e chiaro, in primo luogo per la politica: è ora che tutti sappiano veramente cos’è il Servizio civile e cosa perderemmo se venisse sospeso. È ora di rilanciarlo, e per questo c’è bisogno dell’impegno di tutti noi.
Daniele Biella