Il folle dell’Africa centrale

Sulle tracce di Joseph Kony

C’è qualcuno che neppure i satelliti della Cia riescono a scovare. È ricercato dalla Cpi. Ma riesce sempre a farla franca.
Si nasconde in Uganda, Sudan, Congo, Centrafrica. Joseph Kony pare inarrestabile. Da oltre vent’anni imperversa col suo folle esercito nel cuore dell’Africa, senza che nessuno riesca a fermarlo. A dispetto dei video propagandistici di sedicenti Ong Usa.

Lo ricordate? Il «pazzo visionario» fondatore del Lord’s Resistence Army, l’Esercito di Resistenza del Signore (Lra), che nei territori acholi del Nord dell’Uganda per vent’anni ha seminato il panico, soprattutto a causa dei rapimenti di bambini che venivano forzati ad arruolarsi e trasformati in belve sanguinarie. E delle bambine usate come schiave, anche sessuali.
Il proposito iniziale era quello di trasformare l’Uganda in una teocrazia basata sui dieci comandamenti, con uno strano mix di fondamentalismo cristiano vetero-testamentarista, nazionalismo acholi e misticismo tradizionale: da sempre, Kony dice di essere in contatto diretto con Dio, di parlare con gli spiriti, di ricevere istruzioni direttamente dallo Spirito Santo, di aver il dono delle lingue, della telepatia e di chissà quanto altro. Attoo a sé ha creato un’aura di paura e venerazione e ai suoi seguaci / soldati impartisce strette regole rituali, come quella di farsi il segno della croce prima di combattere, per evitare di essere uccisi, o di disegnare una croce sul petto e sul fucile con olio benedetto, segno della potenza dello Spirito Santo.
Per giustificare la follia omicida e la crudeltà delle azioni imposte ai suoi, asseriva che il popolo acholi andava purificato e continuava a fare un distorto riferimento alle Scritture. Di fatto, Joseph Kony è accusato di aver rapito tra i 60 e i 100 mila bambini e di aver causato due milioni di sfollati interni dal 1986.

Gli anni più recenti
Dopo una prima fase in cui le sue azioni erano state sostenute dal Sudan in funzione anti-Museveni (il presidente ugandese era infatti accusato di appoggiare i ribelli sud sudanesi), nel 2002 l’Lra è stato cacciato dalle forze ugandesi e si è spostato oltre confine, prima in Sud Sudan, poi in Repubblica Democratica del Congo, continuando le sue scorribande. Per tutto questo, il 6 ottobre 2005 la Corte Penale Internazionale dell’Aja (Cpi) ha spiccato un mandato di cattura per crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi in Uganda tra il 2002 e il 2004 nei confronti suoi e di altri quattro leader del movimento: il suo vice Vincent Otti e i comandanti Dominic Ongwen e Okot Odhiambo, oltre a Raska Lukwiya (ucciso dall’esercito ugandese il 12 agosto 2006).
Nel 2008, erano state avviate delle trattative per giungere a un accordo di pace con il governo ugandese, ma all’ultimo momento Kony si è tirato indietro, dopo aver posto come condizione (ovviamente irricevibile) il ritiro di tutte le accuse a suo carico presso la Corte Penale Internazionale. Era stato proprio all’inizio delle trattative che per la prima volta dopo tempo immemorabile Kony aveva rotto il silenzio e rilasciato un’intervista in video, dal suo nascondiglio nelle foreste del Congo nordoccidentale. Circondato da alcuni dei suoi uomini pesantemente armati, aveva ripetuto di non essere il mostro che tutti pensavano: «Mi lasci dire chiaramente cosa accadeva in Uganda – dichiarò nell’intervista –. Museveni andava nei villaggi e tagliava le orecchie alla gente, dicendo loro che era opera dell’Lra. Io non posso tagliare le orecchie di mio fratello, io non posso strappare l’occhio di mio fratello». È stato durante le trattative che è morto Vincent Otti, braccio destro di Kony, che sembrava voler portare a termine il processo di pace: secondo molti, fu ucciso proprio per questo, su ordine di Kony.
Dopo la fine delle trattative, l’Lra ha portato a termine una delle ultime «azioni» su larga scala, il massacro del giorno di Natale del 2008. In quel giorno e nelle tre settimane seguenti, Kony e i suoi hanno colpito a morte oltre 800 persone e rapite altre centinaia nel Congo nordorientale e in Sud Sudan.

L’Lra oggi
Oggi i ribelli continuano a imperversare nella zona al confine tra il Sud-Est della Repubblica Centrafricana (Rca) e il Nord-Est della Rd Congo, nel distretto dell’Haut-Uélé (provincia dell’Ituri), vivendo in luoghi semidisabitati da cui di volta in volta partono per assalire i villaggi, depredando, uccidendo e continuando a rapire civili. Negli ultimi rapporti dell’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, si parla di due morti e tredici rapiti in attacchi portati avanti tra il 6 e il 25 marzo scorsi nel territorio di Dungu (Rdc), altri a Bondo, alla frontiera con la Rca, nel cui territorio sono state uccise quattro persone e rapite altre 31, nel corso di otto attacchi alle città di Zemio e Mbocki. A Obo, da ottobre sono presenti truppe statunitensi a sostegno di quelle centrafricane e ugandesi.
Una delle ultime denunce viene da Human Rights Watch (Hrw): secondo l’Ong, il Lord’s Resistance Army dall’inizio del 2012 ha intensificato gli attacchi in Repubblica Centrafricana, mettendo in seria pericolo i civili delle aree colpite. Gli attacchi continuano anche nel Congo democratico. Hrw parla di oltre 400 mila sfollati, di cui almeno 2 mila solo in questo inizio del 2012, che vivono tutti nel terrore del prossimo attacco. Tra gennaio e marzo, l’Ong conta almeno 53 nuovi attacchi tra i due paesi, con il sequestro di 90 civili e l’uccisione di nove. Secondo la ricercatrice di Hrw Anneke Van Woudenberg, «l’aumento degli attacchi dell’Lra dimostra che il gruppo ribelle non è una forza esaurita e rimane una seria minaccia per i civili. L’Unione Africana, le Nazioni Unite e i governi della regione dovrebbero intraprendere passi urgenti per implementare le misure di protezione dei civili e metterci la reale volontà di renderle operative».

Voci dal terreno
Hrw ha compiuto una missione sul campo tra marzo e aprile 2012, intervistando 23 tra vittime e testimoni degli attacchi, oltre ai leader locali, alla società civile e ai rappresentanti delle autorità centrafricane. «Era il 27 febbraio – raccontano ad esempio due sorelle di 43 e 62 anni di Agoumar –, eravamo andate a pescare e tre miliziani ci hanno rapite. Ci hanno obbligate a trasportare miele, arachidi e pesanti sacchi di farina appena saccheggiati lì vicino. Abbiamo camminato tre giorni e tre notti senza fermarci. Ci hanno picchiate selvaggiamente e quando mia sorella si è seriamente ammalata, dopo la terza notte, hanno deciso di lasciarci andare. Ma i nostri fratelli e nipoti, rapiti lo stesso giorno, ancora mancano all’appello e temiamo possano esser stati uccisi».
Nell’area attorno a Ngouyo, villaggio a 30 km a sud di Djema, l’Lra ha portato 12 attacchi in due anni, tra cui due nel dicembre 2011 e tre nel marzo 2012. Ma a Ngouyo sono di stanza solo due soldati delle forze armate centrafricane, a cui, dopo gli attacchi di dicembre, l’esercito ugandese ha aggiungo altri suoi militari: gli abitanti temono però che se ne vadano presto, lasciandoli alla mercé di Kony.
«Per noi è molto difficile coltivare i campi e ora la gente soffre la fame – dice un leader locale -. Da quando sono iniziati gli attacchi, andiamo nei campi solo in gruppo e solo a quelli che si trovano a meno di 5 km dal villaggio. Ma dopo gli attacchi di marzo, nessuno si è più azzardato a lasciare il villaggio». A Ngouyo non c’è rete telefonica o comunicazione radio, così la gente non ha modo di avvertire degli attacchi. L’8 marzo, miliziani dell’Lra hanno attaccato un gruppo di sette persone che erano andate a pescare al fiume Ouara, a 15 km dal villaggio. «Hanno detto a mio figlio di 29 anni di sdraiarsi a terra – racconta un’anziana – e gli hanno legato le mani dietro la schiena. Hanno saccheggiato tutti i nostri averi e se ne sono andati portandolo con sé. Quando ho gridato per protestare, mi hanno ferita al braccio con una baionetta».
Un’altra testimonianza interessante e inquietante, raccolta da Irin News, viene invece da Limayi, Rdc: un uomo, rapito e poi rilasciato, ha raccontato che i miliziani di Kony avrebbero ora divise e fucili nuovi. E le divise sono quelle delle Fardc, le forze armate regolari congolesi.

Ma Kony dov’è ?
L’esercito ugandese sospetta che Joseph Kony si nasconda nella regione sudanese del Darfur, con 100 – 150 tra combattenti, membri della famiglia e bimbi e adulti rapiti. Sempre secondo le autorità ugandesi, Dominic Ongwen e Okot Odhiambo si nasconderebbero nelle foreste inaccessibili attorno ai fiumi Vovodo e Chinko in Centrafrica, con un centinaio di ribelli divisi in piccoli gruppi ed un numero imprecisato di sequestrati. Il colonnello Binansio Okumu (noto come Binany) e un altro comandante dell’Lra conosciuto col nome di Obol si pensa possano nascondersi in Congo, nei pressi del Parco Nazionale di Garamba, dove prima era stanziato l’Lra. Questi comandanti sono i responsabili del massacro di Makombo del Natale 2009, che causò 345 civili uccisi e oltre 250 rapiti.
Tuttavia, secondo gli Stati Uniti, Kony si troverebbe in Centrafrica. Sta di fatto che negli ultimi mesi l’Lra ha operato soprattutto in piccoli gruppi. Chi riesce a scappare racconta che Kony e gli altri leader hanno probabilmente dato istruzioni ai ribelli di limitarsi a saccheggiare quando finiscono le provviste, ma di evitare massacri su larga scala per tenere la loro posizione nascosta alle forze armate che danno loro la caccia.
In questa regione del Centrafrica operano altri gruppi armati e banditi, che aumentano l’insicurezza e a volte rendono difficile per i locali identificare chi li sta attaccando. Ad esempio, dall’inizio del 2012, il Front Populaire Pour le Redressement, Fpr, un gruppo ribelle del Ciad guidato da Baba Laddé e precedentemente di stanza nel Nord della Rca, secondo le autorità locali si sarebbe spostato a Sud, verso le zone in cui si muove anche l’Lra.
Poche tuttavia le misure per proteggere i civili: solamente un centinaio di soldati centrafricani sono dispiegati nella vasta regione orientale, in molte città ci sono solo da due a cinque soldati mal equipaggiati e con scarsi mezzi di comunicazione e di trasporto, mentre altri villaggi e città non hanno affatto soldati.
A questi si aggiungono 600 – 800 unità dispiegate in Centrafrica dall’esercito ugandese, come parte delle operazioni congiunte contro l’Lra, ma poche si trovano nelle aree abitate per proteggere i civili e sono piuttosto concentrate sulla cattura dei capi del gruppo ribelle.

Il ruolo degli Usa
Dopo l’11 settembre, Washington ha incluso l’Lra tra le organizzazioni terroristiche straniere. Il 28 agosto 2008, Kony è stato incluso nella lista dei terroristi più pericolosi del mondo. Già George W. Bush, nel novembre 2008, aveva personalmente deciso il sostegno finanziario e logistico, con l’invio di diciassette analisti militari per sostenere l’esercito ugandese nella caccia al criminale.
Meno visibile e a ranghi ridotti, l’Lra non ha però smesso di essere pericoloso. E così, nell’ottobre 2011, Barack Obama ha aumentato a 100 le truppe inviate in supporto alle operazioni: stavolta si tratta di forze equipaggiate per combattere, anche se autorizzate a farlo «solo in caso di autodifesa». A ciò va aggiunto l’invio di un Us C-12, un aereo da ricognizione che aiuta nella raccolta dati e nelle operazioni di intelligence.
In Centrafrica, i consiglieri Usa sono di stanza a Djema e Obo: ciò ha aiutato a migliorare le relazioni tra civili e militari, il cornordinamento tra gli eserciti dei vari paesi e la condotta dei soldati ugandesi, che in precedenza erano stati accusati di ubriachezza molesta e di alcuni casi di violenza sessuale. Tuttavia, il Dipartimento di Stato americano ha negato l’autorizzazione ai suoi di muoversi fuori dalle città dove sono distaccati.
Le Nazioni Unite hanno una missione di peacebuilding in Centrafrica, chiamata Binuca, che a dicembre ha ricevuto mandato dal Consiglio di Sicurezza di far rapporto sugli attacchi dell’Lra e di supportare il disarmo dei combattenti. Ma da allora, ancora nessuno del personale della Binuca è stato stanziato nelle zone affette dall’Lra.
In marzo, l’Unione Africana ha annunciato una iniziativa di cooperazione regionale per implementare gli sforzi per combattere Kony, incluso il dispiegamento di 5 mila membri della task force regionale con soldati ugandesi, congolesi, centrafricani e sud sudanesi, la maggior parte dei quali sono già dispiegati nella regione. L’Unione Europea e altri finanziatori si sono detti disposti a sostenere l’iniziativa. Ma non è ancora chiaro se le forze militari che stanno conducendo ora le operazioni contro l’Lra passeranno il testimone a una nuova struttura di comando o se invece hanno la capacità di dispiegare le truppe necessarie per proteggere adeguatamente i civili.
Due operazioni militari – Iron Fist nel 2002 e Lightning Thunder nel 2008 – erano già state condotte congiuntamente tra Congo, Sudan e Uganda, ma senza esito alcuno. Tensioni tra gli eserciti congolese e ugandese avevano ostacolato le operazioni e, alla fine del 2011, prima delle elezioni congolesi, il governo della Rdc aveva ordinato ai soldati ugandesi di lasciare il Congo e non hanno ancora avuto il permesso di tornare.
Il 23 aprile scorso, forse anche sull’onda del grande e discusso successo del video «Kony 2012» che ha imperversato in rete, il presidente Usa Barack Obama ha annunciato che i consiglieri militari americani proseguiranno la loro missione in Africa centrale per aiutare nella caccia a Kony: «I nostri uomini continueranno gli sforzi per trascinare Kony davanti alla giustizia e salvare delle vite» ha dichiarato il presidente in un discorso tenuto al museo del memoriale dell’olocausto a Washington. «Ciò fa parte della nostra strategia regionale per mettere fine al flagello rappresentato dall’Lra e per aiutare a costruire un futuro nel quale nessun bambino africano sarà più sottratto alla sua famiglia, nessuna bambina violentata, nessun ragazzo trasformato in soldato».

Giusy Baioni


Giusy Baioni