Cavalli, cammelli e uomini

Qualche tempo fa una notizia ha occupato gran parte di un telegiornale delle 20: alcuni cavalli
stavano morendo di fame perché il loro padrone era sull’orlo del fallimento e non ce
la faceva più a nutrirli. Il lungo servizio informava sulla salute dei cavalli, la mobilitazione
delle istituzioni, le proteste degli animalisti e la gara di generosità dei volontari per salvare
i nobili quadrupedi. Mi aspettavo due parole sulla condizione del povero contadino indebitato
e disperato… niente. Che forse valga meno dei suoi cavalli?
Come figlio di contadini e missionario tra i pastori nomadi, so bene che normalmente un pastore
(ricordate il «buon pastore» del Vangelo?) fa di tutto per evitare che le sue bestie soffrano. Piuttosto
patisce la fame lui, ma le bestie no. Ho davanti agli occhi le immagini di cammelli scheletriti
e cani pelle e ossa nelle zone aride del nord del Kenya. Quando si incontrano animali in quello
stato, bisogna aspettarsi i loro padroni in condizioni ancora peggiori!
Il primo maggio mi è arrivata dal Kenya una documentazione drammatica su Camp Garba. Ricordate
che sul numero di marzo scorso avevo scritto di quella missione e concluso che «questo
2012 sarà un anno difficilissimo con un crescendo di violenza» (MC 3/2012, p. 13)? Purtroppo ci
ho azzeccato! Agli inizi di maggio – mentre scrivo – ci sono oltre 3.000 persone rese «profughe a
casa loro» e accampate nella missione, vicino a scuole-cappelle o fuggite nella foresta. Il tutto
perché i «soliti» pastori sono arrivati con migliaia di cammelli che affamati, hanno esercitato il
loro diritto costituzionale a sfamarsi pascolando nei campicelli piantati da chi viveva sul posto
mentre i loro padroni hanno devastato scuole, vandalizzato chiesette, bruciato case, ammazzato
persone che aveano il torto di occupare quelli che sono i «pascoli ancestrali»… il tutto nell’indifferenza
delle autorità. D’altra parte – sostengono le autorità locali – la costituzione del paese garantisce
ad ogni cittadino libertà di movimento in tutta la nazione. Che la stessa costituzione garantisca
anche il diritto di residenza e proprietà a chi già vive e coltiva in un certo luogo, è un corollario
secondario. Se poi si considera che a proposito di quelle aree si parla di petrolio e di
enormi investimenti turistici, si capisce facilmente perchè i poveracci non facciano notizia, anzi,
prima si tolgono dai piedi meglio è per tutti.
Scusate il tono un po’ sarcastico, ma cosa resta da fare ai missionari che in loco vedono il loro
«gregge» disperso, ucciso, affamato e spaventato? Sono talmente presi dal dramma, dal darsi
da fare per aiutare, curare, consolare, asciugare lacrime, seppellire i morti e nutrire i vivi da
non avere neanche il tempo e la voglia di gridare e denunciare. Purtroppo i nostri tempi di
pubblicazione non ci permettono una tempestività di informazione e denuncia, ma abbiamo
cercato di supplire attraverso altri media (vedi suwww.missioniconsolataonlus.it/mco/,
www.consolata.org e sul nostro sito). Ma queste cose non è che interessino più di tanto e poi,
con tutti i problemi che ci sono …

Cavalli, cammelli e uomini. Scusate, pur con tutto l’affetto per gli animali, noi tifiamo ancora
per gli uomini. È un fatto: dove gli uomini stanno bene (inteso come pace – dentro e attorno
-, cibo, lavoro, sicurezza…), anche gli animali stanno bene. In più, come missionari
(e della Consolata), abbiamo il vizio di fare il tifo per i più disgraziati del mondo: che siano
i rifugiati di Camp Garba, gli indios di Roraima, i pigmei del Congo RD, i bambini delle Ande ecuadoriane,
i malati di … Questo è il mese della nostra fondatrice, la Madonna Consolata e Consolatrice,
che certo sapeva quel che faceva quando ha forzato la mano ai superiori e ci ha mandato a
Camp Garba. «Dio non ha mani, ha solo le tue mani. Dio non ha piedi, ha solo i tuoi piedi», dice un
canto religioso scritto con parole ispirate da Raul Foullereau. La Madonna continua a consolare
attraverso i suoi missionari, i quali alimentano la loro carità con la solidariatà fattiva di tanti che
sono capaci di aver compassione pur vivendo – forse proprio perché si vivono – tempi difficili.

Gigi Anataloni

Gigi Anataloni