Cari missionari

Ai lettori

Specie in via di estinzione
[…] Non sono missionario e, men che meno, un praticante modello (frequento assiduamente solo nei miei soggiorni in terre di missione perché sento una partecipazione attiva pressoché dimenticata da noi). Lungi quindi da me voler sputare sentenze. Posso solo esprimere un pensiero basato su ciò che vedo quando mi capita di accompagnare missionari in determinate zone. La mia convinzione è che la figura del missionario sia un poco cambiata. Spesso, nelle priorità del missionario viene l’Uomo e le difficoltà che quest’Uomo si trova quotidianamente a fronteggiare nonostante siamo entrati nel terzo millennio e il consumismo abbia quasi ovunque raggiunto livelli assurdi. In molti dei soggiorni fatti ho tuttavia notato la presenza sempre più numerosa di laici (giovani e medici soprattutto) che sentono la necessità di dare un contributo costruttivo. Questa è già, a mio avviso, una risposta. Gente che sente il richiamo della missione ce n’è ancora tanta (anzi, forse in aumento), ma nella maggior parte è gente che preferisce dare un aiuto concreto senza essere legato a ordini religiosi, alle loro regole e gerarchie.
Ovvio che questi volontari siano ospitati in realtà create negli anni da missionari. Non si può disconoscere la grandezza di alcuni di loro (noti o totalmente sconosciuti) vista la straordinarietà delle loro opere, realizzate in condizioni incredibili. Persone umili ma grandi che hanno lasciato, e continuano a lasciare, eredità importanti convertendo più con l’esempio, che con le parole.
Le comunità che hanno seguito l’esempio di questi straordinari personaggi, non si disperderanno così facilmente, anche se mancherà un… direttore di colorito e lingua diversa. I protagonisti che per motivi anagrafici o di salute hanno dovuto forzatamente abbandonare, possono a mio avviso stare tranquilli. Ciò che hanno seminato continuerà a germogliare e, quasi sicuramente, a moltiplicarsi.
La mia conclusione è tuttavia un po’ provocatoria. In questo momento, alla luce di quanto sta succedendo in molti paesi, più che di conversione c’è bisogno di collaborazione. Più che di muro contro muro fra religioni diverse, c’è bisogno di un maggior spirito ecumenico. I giovani, questo, lo cominciano ad avvertire.
Cordiali saluti

Mario Beltrami
Via email, 30/03/2012

Grazie di averci scritto. Mi permetta solo pochi commenti. «Muro contro muro»: nel mondo missionario oggi si dice che il nuovo nome della missione è «dialogo» oltre che ecumenismo. L’ecumenismo è un «affare» interno tra cristiani (anche se divisi). Il dialogo avviene tra religioni diverse, meglio tra persone di religioni diverse. Le assicuro che oggi i missionari e la Chiesa tutta stanno investendo molto sul dialogo.
I laici: la missione non è un monopolio di preti e religiosi. Ogni cristiano, in quanto tale, è missionario. Ben vengano quindi i laici che, tra l’altro, possono essere testimoni del Vangelo in ambienti irraggiungibili dai preti. Ovviamente i laici non sono una alternativa ai missionari, e questo lo dice anche lei, perché i missionari hanno tre assi nella manica rispetto ai laici: la continuità, la Parola e l’Eucarestia. L’annuncio della Parola fa nascere la comunità cristiana, l’Eucarestia la nutre. La continuità – garantita non dal singolo missionario, ma dalla sua comunità, istituto o ordine – è essenziale per un’azione incisiva e profonda sia nell’annuncio che nel dialogo.
Grazie comunque dell’affetto che ha per i missionari. Continui ad essere missionario con noi, diventando magari un animatore di partecipazione e di vita cristiana più giorniosa anche a casa sua.

Dossier: l’Arca secondo Anna
In qualità di Sessantottina pentita, non condivido la risoluzione di Anna. Uscire dal Sessantotto per infilarsi da qualche altra parte potrebbe significare «cadere dalla padella alla brace». Del Sessantotto ci si libera facendo un lungo, lunghissimo cammino interiore, anche da soli, vivendo una vita normale, osservandone tutti i risvolti e comparandoli con le ideologie del Sessantotto. Sempre ovviamente con l’aiuto del «Dominus» che tutto sa e tutto conosce.
Quanto a Gandhi, ci sarebbe tanto da dire. L’India non mi pare cambiata di molto, la condizione delle bambine, delle vedove indiane e delle donne in particolare non mi sembra migliorata grazie all’opera di Gandhi, come neppure le enormi disparità fra cittadini. Gandhi ha solo cacciato gli inglesi, ma non ha fatto nulla per impedire che le vedove venissero bruciate sul rogo insieme alle salme dei mariti.
Io, su Missioni Consolata, vedrei bene anche un dossier su ciò che sta facendo in India la nostra Sonia Maino. Si è deitalianizzata e sta lasciando cadere l’acqua dove cade. Bel modo di «lavarsene le mani», non c’è che dire.
Giovanna Elies
Via email, 05/04/2012

Probabilmente nel dossier non emerge abbastanza, ma quello che ha fatto uscire Anna dal Sessantotto non è stato né Lanza del Vasto né Gandhi, ma l’incontro con Gesù Cristo favorito dalla semplicità, essenzialità e spirito ecumenico e dialogico della comunità dell’Arca. I limiti di Gandhi ci sono, ma neppure Gesù è riuscito a togliere certi mali tutto in un colpo. Pensi solo a quanti anni hanno impiegato i cristiani a capire che la schiavitù non è secondo la volontà di Dio… La saggezza di una persona si riconosce anche dalla sua capacità di prendere il bene là dove è, perché il bene è sempre opera di Dio. Da quello che ho capito io, Lanza del Vasto è uno che prima di tutto ha incontrato Gesù, e poi anche Gandhi da cui ha preso stimoli per una scelta di vita più sobria e nonviolenta. Quanto a Sonia, penso sia meglio lasciare ad altre riviste non missionarie il lavoro di dossieraggio. La situazione a cui indirettamente lei si riferisce è molto delicata e dolorosa per tutti, sia per i nostri connazionali che per le famiglie dei pescatori. Speriamo solo che prevalga la giustizia e non la strumentalizzazione politica sia in India che in Italia.

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