La religione delle montagne
Religioni in Cina: il Taoismo
Filosofia e religione ad un tempo, il taoismo è parte della vita del popolo cinese. Ci sono templi (1.800), monaci (20 mila) e fedeli (10 milioni), ma non c’è un leader spirituale di riferimento. Il precetto fondamentale del taoismo dice di «coltivare il proprio sé». Raggiunto questo obiettivo, sarà facile trovare un accordo con il mondo e con l’Universo.
Pechino. Baiyun guan, il tempio (guan) della Nuvola Bianca, è il principale tempio di Pechino della corrente taoista quanzhen. A mezzogiorno, il tempio è assolato. I monaci, dalle tuniche blu e dai capelli raccolti con un fermaglio sulla testa, si aggirano tra i padiglioni. I fedeli, accendono gli incensi, entrano nelle varie sale e si inchinano, tre volte, davanti alle numerose divinità taoiste.
LA GIORNATA DI UN MONACO TAOISTA
Liu Zongmin è a Baiyun guan da cinque anni: «Non chiedere a un monaco per quale ragione ha fatto questa scelta, spesso e volentieri è un percorso difficile, non è, come la gente crede, un passaggio comodo e tranquillo. In principio è molto duro». Oggi, il monaco Liu vive in una stanza singola di dieci metri quadrati, tra i suoi libri e un paravento di legno intarsiato. Dipinge calligrafie cinesi e alleva cinque tartarughe. «Simbolizzano la longevità», suggerisce.
Il tempio dove vive ha visto nascere conglomerati religiosi taoisti fin dalla dinastia Tang (618-907 dopo Cristo), ma fu l’imperatore Chinggis qan (Genghis Khan), della dinastia mongola degli Yuan che nel 1224 fece ricostruire il tempio da Qiu Changchun, importante monaco e patriarca del taoismo quanzhen.
Durante la dinastia dei Ming (1368-1644 dopo Cristo) prese, poi, il nome di tempio della Nuvola Bianca e, da quel momento è sempre stato un punto di riferimento per i monaci e i fedeli. Nel folle periodo della Rivoluzione culturale (1966-1976) è stato uno dei pochi luoghi di culto a non aver subito danni e scempi eccessivi ed oggi è divenuto la sede dell’Associazione taoista cinese.
Tra il 18 e il 22 settembre del 1978 venne istituita a Pechino la terza sessione dell’undicesimo congresso del Comitato centrale del Partito comunista cinese. Deng Xiaoping denunciò gli errori della Rivoluzione culturale. Da quel momento in poi cominciò l’era delle riforme: venne coinvolto l’aspetto economico della Cina e, in silenzio, anche la religione.
«Durante le feste, alle quattro del mattino, siamo già in piedi, per offrire i servizi religiosi ai fedeli, altrimenti la sveglia è alle sette, la colazione è alle sette e mezza… Durante la giornata ci sono due letture fisse, quelle del mattino e della sera, per i vivi e per le persone morte e le letture per lo studio, che cantano le gesta dei grandi maestri e dei patriarchi. Ad esempio, c’è una frase che dice, l’uomo potrà essere in pace e con lui l’intero Universo. Il concetto fondamentale del taoismo è coltivare il proprio sé; quando l’animo sarà sereno tutto avverrà in maniera autentica e naturale», continua il monaco Liu.
Il taoismo ha sempre coinvolto diversi piani culturali e religiosi, per cui, spesso e volentieri in Occidente si sono cercate formalizzazioni che incanalassero l’indagine della conoscenza in compartimenti più agibili, e si è confusa la parte con il tutto, definendo una determinata corrente taoista di una particolare epoca come il taoismo intero.
UNA REALTÀ COMPOSITA E VARIEGATA
Era comune la differenziazione tra il taoismo religioso e quello filosofico. Oggi, negli studi contemporanei, si va oltre questa visione, provando ad analizzare il taoismo da più punti di vista: c’è la metafisica e la cosmologia; ci sono i numerosi testi e i commentari ai testi che spesso condividono parte del lessico con il buddismo e il confucianesimo. C’è poi anche un piano sociale, istituzionale e liturgico, sia a livello locale che centrale, il quale si è dipanato nel lungo corso del tempo e in tutta la Cina e che ora sta finalmente emergendo.
Wang Ka, membro dell’Accademia delle Scienze sociali di Pechino presso il Dipartimento di Studi religiosi, afferma che «il taoismo è sempre stato tra la gente, nella società. È sbagliato pensare ad esso come qualcosa di esterno. È una religione viva: ci sono i monaci, i templi e i fedeli, il taoismo è parte della vita del popolo cinese. Fino al 1949, per ogni lutto che avveniva nelle famiglie era invitato un monaco taoista a leggere i testi, oggi nelle campagne avviene ancora ma in città molto meno».
La differenziazione tra le campagne e le città si ripercuote sensibilmente anche sulla religione: ci sono templi ufficiali nelle città, come ad esempio il Baiyun guan, che possono essere considerati come una vetrina della rinascita del taoismo, e numerosi templi dislocati nelle aree non cittadine, i quali assurgono ad una funzione di collante sociale e religioso per le comunità.
Tracciare una linea chiara e dai contorni tersi sul taoismo, sia a livello storico che religioso, è un’impresa difficile e non renderebbe neanche giustizia ad una realtà composita e variegata.
Quello che è certo è che il taoismo risulta esente da un unico credo e da un unico leader spirituale. I testi, criptici e sintetici, derivano da un panorama culturale localizzato, dove il culto si è sempre differenziato a seconda del contesto economico e sociale e dal luogo di residenza di chi lo praticava.
Vincent Goossaert, direttore per la Ricerca per gli affari religiosi a Parigi, sottolinea: «A livello teologico, cosmologico (e quindi anche per la coltivazione del sé) e liturgico, gli elementi chiave del taoismo sono rimasti stabili. I rituali taoisti compiuti tra la gente, piuttosto che nei templi ufficiali, sono praticamente gli stessi del passato, sia per la loro funzione sociale che a livello di contenuto. Alcuni elementi istituzionali rilevanti sono venuti meno durante il ventesimo secolo, e hanno reso il taoismo ancora più decentralizzato».
Il taoismo, così come altri culti locali cinesi, durante il ventesimo secolo ha avuto un forte ripiegamento su se stesso: l’influenza occidentale e il valore dato alla scienza e alla tecnica hanno visto la distruzione di numerosi luoghi di culto durante la rivoluzione del 1911-1912, e ancora nel 1926 e nel 1928, con la guerra civile cinese, durante la quale si sono voluti sradicare le strutture sociali che avevano caratterizzavano la Cina fino a quel momento.
Con la fondazione della Repubblica popolare cinese, nel 1949, a Pechino, vennero distrutti la maggior parte di templi taoisti e buddisti. La Rivoluzione culturale, infine, ha ulteriormente sfregiato quello che già era stato parzialmente annientato.
Per il professor Wang Ka, però, il termine annientare non è adatto e si infervora nello spiegare che «nell’arco degli ultimi trent’anni, dal periodo delle Riforme in poi, in Cina ci sono ufficialmente più di mille e ottocento templi taoisti, molti nelle zone rurali. Una statistica ha annunciato che i credenti taoisti sono più di dieci milioni, anche se registrare i credenti in Cina non è impresa facile, mentre i monaci arrivano a essere ventimila».
MONACI E LAICI
A Baiyun guan, i monaci si differenziano a seconda delle loro funzioni.
«L’abate del tempio è colui il quale ha la responsabilità delle relazioni con l’esterno, mentre il supervisore è incaricato dell’andamento di tutto ciò che avviene all’interno tempio, c’è poi chi si occupa delle scritture e chi è assegnato all’accoglienza dei fedeli, in totale oggi siamo cinquantanove monaci», racconta sempre il monaco Liu, mentre continua a versare il tè nelle piccole tazzine sul tavolo della sua camera.
Le funzioni religiose vengono spesso espletate grazie all’aiuto degli huoju daoshi, termine generico che indica i laici avviati allo studio e alla pratica del taoismo.
«Quanti siano i huoju daoshi è difficile da determinare, non c’è stata una ricerca generale, ma nei grandi templi, per valutare quanti siano, si procede con l’individuare le famiglie di volontari che sono coinvolti nei riti, da qui si ha un’idea generale», continua il professor Wang.
A livello storico, sono sempre state figure al margine, in quanto lo Stato, anche nel passato, non ha mai voluto conferire la possibilità ai taoisti di celebrare i riti al di fuori di un luogo ufficiale, come vuole essere il tempio.
Per lungo tempo gli è stato impedito di espletare le funzioni religiose, mentre dagli anni Novanta si sta cercando un modo per regolamentare la questione, con l’attivazione di precetti e linee guida che il taoista laico dovrebbe rispettare. Nonostante le proibizioni e i precetti scritti di recente, queste figure hanno accompagnato il taoismo nelle sue funzioni sociali e liturgiche.
Alcune ricerche dell’Associazione nazionale taoista hanno individuato, nel 2000, ventimila taoisti laici a livello locale, ma è senza dubbio difficile avere un dato preciso, seppure si suppone un forte aumento nell’ultimo decennio.
IL TAOISMO E LA PRESENZA GOVERNATIVA
L’Associazione taoista cinese, fondata nel 1957, ha avuto la funzione primaria nella restaurazione dei templi distrutti. All’inizio degli anni Ottanta si è proceduto con il recupero dei luoghi di culto nelle zone urbane per poi passare alle zone rurali negli anni Novanta.
Nella regione del Jiangsu, ad esempio, nel 1993 i templi taoisti erano solo cinque, ma nel 1999 erano già quarantadue.
L’Associazione, oltretutto, si occupa dell’educazione dei monaci e della regolamentazione del riconoscimento dei luoghi di culto a livello ufficiale.
Questo implica, senza dubbio, una presenza del governo all’interno dei luoghi di culto, che d’altronde stanno beneficiando dei finanziamenti statali e degli introiti dovuti al boom turistico.
La burocrazia a cui sono sottoposti i templi, segue una logica diversa da quella che era visibile nel passato, dove i templi minori, a livello locale, erano autonomi, seppur collegati in vari modi ai templi più importanti.
La funzione dei templi ufficiali, connessi con all’Associazione taoista cinese, pone in primo piano la diffusione della cultura taoista in senso lato. Il turismo, con la vendita dei souvenir religiosi (bracciali, oggetti di giada, statuette, ecc.), si associa ad una divulgazione di «precetti morali», che ben si confanno alla politica attuale della «società armoniosa». Spesso in questi templi, come a Baiyun guan, sono presenti dei veri e propri ambulatori dove si effettuano diagnosi e cure mediche, secondo i principi della medicina cinese.
«I fedeli, che vengono al tempio per bruciare gli incensi, hanno motivazioni diverse. C’è chi crede o chi viene per il giorno della nascita dei patriarchi1, c’è invece chi ha dei problemi in famiglia, chi cerca fortuna o un lavoro… abbiamo un rapporto stretto con i fedeli. Può accadere che qualcuno abbia dei dubbi nel corso della vita o si trovi in un momento di impasse, noi proviamo ad aiutarli», conferma il monaco Liu. I servizi che i monaci di oggi offrono ai fedeli, comunque, sono simili a quelli che offrivano nel passato: accompagnare nelle tappe fondamentali della vita, ossia nascita, matrimonio e morte.
«C’è sempre stato il fascino dell’eremita e di colui che si ritira dalla società. Ma per superare queste rappresentazioni e capire il ruolo del taoismo nella vita delle comunità locali di oggi, abbiamo bisogno di osservazioni sul campo e di dettagliate fonti storiche. Questo non è stato possibile fino a tempi relativamente recenti, ma adesso gli studi sul taoismo sono incentrati sull’importanza del taoismo a livello sociale», afferma il professor Goossaert, ricordandoci che la Cina è cambiata anche da questo punto di vista.
CITTÀ E CAMPAGNA, DIMENSIONI DIVERSE
Spesso e volentieri i rituali sono espletati solo in parte nei tempi urbani ufficiali, molti si celebrano in quelli delle piccole comunità. I fedeli vengono coinvolti in brevi sezioni che in altre circostanze, invece, possono durare giorni, come nel caso del funerale. Sebbene la liturgia sia molto simile, differente è il contesto e lo stile dei riti.
Negli abbienti templi urbani, ad esempio, si sfoggiano oamenti religiosi come vesti e strumenti musicali che invece scarseggiano nelle comunità rurali.
I principali templi urbani accolgono una tipologia di fedele. Data la funzione divulgatrice della cultura taoista e visto il costo relativamente alto dei biglietti di ingresso al tempio, il fedele taoista, spesso e volentieri si dirige in templi locali o di periferia.
Questi templi non sono, solitamente, collegati con l’Associazione taoista cinese, ma sono piuttosto gestiti da organizzazioni locali, le quali possono agire in autonomia, sebbene spesso le ristrutturazioni e il recupero dei luoghi fisici siano state finanziate anche da parte del governo, sovente come ampliamento dell’area urbana.
I templi delle piccole comunità locali, nella continua ricerca di una loro dimensione tra la cooperazione e l’autonomia, sono tuttora presenti sul territorio cinese. Così si intrecciano i diversi piani delle aree urbane e di quelle rurali. Le prime volte alla diffusione delle cultura taoista e le seconde, più integrate nella comunità locale, che celebrano i riti per i fedeli. Quello che emerge è comunque una dimensione del taoismo variegata e più immersa nella società di quanto siamo stati abituati a vedere o a leggere sui libri2.
Note
1 – Il taoismo, a differenza delle religioni abramitiche, non ha un unico padre fondatore. Il Pantheon taoista è sorprendentemente ampio, varia nel tempo e a seconda della corrente religiosa. Tra le varie divinità ci sono anche figure rappresentative o grandi maestri, definiti patriarchi, in quanto hanno avuto una funzione importante per la scuola di riferimento. Ad esempio il quinto patriarca della scuola Quanzhen è Wang Chongyang, personaggio storico vissuto nel dodicesimo secolo dopo Cristo. .
2 – Alcuni testi consigliati: Marcel Granet, Il pensiero cinese; Kristofer Schipper, Il corpo taoista; Fabrizio Pregadio, Awakening to the reality.
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Breve storia del taoismo
UNA PAROLA, MOLTI SIGNIFICATI
Il testo fondamentale, il Daodejing, risale al 300 avanti Cristo. Si distinguono due correnti principali: la corrente «zhengyi» e la corrente «quanzhen».
La parola taoismo deriva dal cinese tao, secondo il sistema Wade-Giles (utilizzato per la traslitterazione dei caratteri cinesi in alfabeto latino nel ventesimo secolo). Secondo il sistema Pinyin (traslitterazione usata dal 1958 ad oggi) deriva invece da dao. Molti testi utilizzano indifferentemente la parole taoismo (da tao) o daoismo (da dao). Il carattere cinese è, comunque, la raffigurazione di vari concetti: via, cammino, percorso, metodo, parola e dottrina. Nell’affrontare una lettura su cos’è il taoismo dovremmo abituarci ad una multi-semantica e renderci subito conto della «non linearità», caratteristica della lingua e della cultura cinese.
Fermandoci ad osservare la linea del tempo della storia taoista notiamo come abbia raggiunto lo status di religione ufficiale della Cina contemporanea, ma anche quante diverse correnti si sono evolute nel tempo.
Una semplice immagine concessaci dal sinologo ed esperto di taoismo Russell Kirkland, merita di essere riportata: «Non è un’unica tradizione che si evolve, ma piuttosto il risultato di vari concetti e insegnamenti che si dipanano nel tempo, ed eventualmente confluiscono insieme, come le correnti confluiscono in un fiume».
Il peo del corpo taoista si rifà alla lontana epoca della dinastia Zhou, ossia un periodo di tempo che corre dall’XI alla fine del III secolo avanti Cristo.
Nel 1993, a Guodian una città del centro sud della Cina, gli archeologi trovarono una copia del testo fondamentale del taoismo, il Daodejing, risalente a trecento anni prima di Cristo (leggere box successivo).
Il taoismo contemporaneo si muove tra gli inizi del XIX secolo e oggi, in tutto questo periodo ha subito depressioni e rinascite.
Le due più grandi correnti attive nella Cina contemporanea sono la corrente zhengyi e la corrente quanzhen. La prima si fa risalire al 142 d.C., quando Zhang Daoling fondò ufficialmente la Chiesa dei Maestri Celesti.
A quel tempo risale l’attuale visione di una teologia burocratica, in cui i monaci sono concepiti come dei funzionari dell’universo. In quel periodo vengono istituzionalizzati i centri di culto da parte del governo, e i templi taoisti vengono chiamati guan, nome ancora oggi utilizzato.
Il luogo centrale per le ordinazioni istituzionali dei monaci era il monte Longhu, nella provincia cinese del Jiangxi. La caratteristica principale della corrente zhenyi è il metodo di ordinazione dei monaci, che ha seguito, fino a tempi recenti, una affiliazione familiare, per cui esclusivamente alcune famiglie possedevano i requisiti per poter consacrare i novizi come monaci.
Da molti studi risulta che i monaci zhenyi sono stati e sono tutt’oggi esperti nei riti, piuttosto che nelle pratiche individuali di coltivazione spirituale. I templi zhenyi, oggi, sono localizzati al sud della Cina e a Taiwan, molti dei monaci sono sposati e vivono da laici, con figli e famiglia.
La corrente quanzhen, emerse verso il XII secolo dopo Cristo, con Wang Zhe, ma il suo effettivo sviluppo avvenne grazie al monaco e patriarca Qiu Changchun (1148-1227) che riorganizzò l’interno ordine.
Differenziandosi dalle istituzioni familiari della corrente zhenyi, la corrente quanzhen pone l’accento della sua pratica nella visione di una coltivazione personale e spirituale, comunemente definita come alchimia interiore. L’ordine ebbe uno sviluppo indipendente durante il corso della dinastia mongola degli Yuan, con la creazione di numerosi templi per l’ascesi individuale e le pratiche interiori.
Un aspetto fondamentale per l’ordinazione dei monaci era lo spostarsi e poi risiedere in templi diversi su tutto il territorio cinese per accumulare esperienza e pratica meditativa con diversi maestri.
Divinità, luoghi sacri e scritture
GUARDARE AGLI «IMMORTALI»
I monaci interpretano le scritture taoiste, che sono espressione diretta delle divinità. Queste sono il modello di riferimento per i fedeli.
Le divinità taoiste – dette anche «Immortali» – sono l’oggetto del culto taoista in quanto personificazione del dao. Sono l’essenza del Qi originario1, dal quale sono nati e al quale ritornano.
Sono modelli per le persone comuni, a cui tendere nella propria vita, sono comunque esseri straordinari, che la narrativa taoista vede volare nel cielo dotati di poteri straordinari. Il mondo in cui vivono è simile al mondo terreno in cui sussiste un ordine gerarchico e istituzionalizzato. Molte delle divinità risiedono anche sulla terra e i luoghi in cui dimorano sono sacri. L’altare delle divinità taoiste è occupato da tre immortali: i Tre Puri.
Le montagne, come luogo di residenza delle divinità taoiste, hanno una grande importanza nella religione, vengono considerate sacre e sono mete di pellegrinaggio. Durante la dinastia Han furono consacrate cinque montagne per proteggere i quattro punti cardinali ed il punto centrale e associate con il culto taoista. Così, il monte Heng nello Shanxi rappresenta la protezione per il Nord, al monte Heng (stesso nome, ma scrittura diversa) nella regione dello Hunan è affidato il Sud, mentre il monte Tai nello Shangdong protegge l’Est, infine l’Ovest è affidato al monte Hua. Nello Henan la montagna Song è il fulcro centrale di tutti i punti cardinali.
Le scritture hanno un ruolo fondamentale perché il testo scritto è espressione diretta della divinità, i monaci tramite la comprensione del testo comunicano con gli spiriti ed il testo in sé diventa un talismano.
Le scritture sacre Jing hanno un carattere salvifico in quanto sono un contratto con le divinità ma anche l’espressione di una conoscenza esoterica di una realtà sconosciuta. Gran parte della narrativa taoista oggi è scritta nel Daozang, il canone taoista, la cui ultima versione risale al 1444 dopo Cristo.
Ricordiamo allora i testi principali del taoismo.
Daodejing o classico della via e della virtù: viene attribuito allo stesso Laozi, ma gli studiosi hanno più volte dibattuto sulla sua effettiva pateità. La versione più antica risale al III sec. a.C.. È un testo breve ed enigmatico di circa cinquemila caratteri cinesi, nel quale vi sono istruzioni e regole per la crescita personale ma anche per la vita in un contesto socio-politico. Viene analizzato il concetto di Dao e di Virtù (De). Al testo sono stati accorpati diversi commentari i quali esplorano diversi significati in base alle scuole e le correnti di riferimento.
Zhuang zi: questo testo viene associato ad un personaggio che visse nel IV sec. a.C., il maestro Zhuang e che probabilmente ne scrisse sette capitoli. Sono presenti aneddoti e storie le quali illustrano la realtà universale e l’impossibilità della sua conoscenza attraverso la parzialità dell’esperienza umana.
Huainan zi: venne compilato nel 139 a.C. da Liu An, nipote del fondatore della dinastia Han, abile prosatore che divenne in seguito re di Huainan. Il testo è una collezione di ventuno brani nei quali Liu An esplora vari elementi dello scibile umano: filosofia, scienza, politica, astronomia.
Baopu zi: la parte intea del testo, venne scritto da Ge Hong nel 320 avanti Cristo, ed esplora i significati dell’alchimia interiore e la meditazione come mezzo per arrivare alla trascendenza.
Note
1 – Il Qi originario è a livello cosmologico e ontologico il pneuma (respiro o soffio) dell’antecedente al cielo, (termine importante per la cosmologia cinese, lo stato in cui Yin e Yang non si sono ancora uniti). Il Qi originario emerge dal Dao, è immateriale e rifugio dell’essenza, ossia rifugio del seme per la nascita del cosmo intero..
Désirée Marianini